– di Manuela Poidomani
e Giacomo Daneluzzo –
Luca Jaconobi nasce a Bologna nel 1995, e solo nel 2017 diventa Fosco17. Da allora, un Ep, un disco d’esordio e la partecipazione a Sanremo Giovani nel 2018. “Le mie canzoni amare” è il suo nuovo singolo, uscito nel dicembre 2020, che allarga l’orizzonte narrativo e sonoro di Fosco17, a un anno di distanza dall’esordio di Dodici mesi, suo primo album. Lo abbiamo raggiunto per parlare della sua nuova musica, di come si suona in Italia e di chi vince Sanremo.
Giacomo | Per quanto riguarda la tua partecipazione a Sanremo Giovani, nel 2018, che è stata un po’ la tua vetrina, ci racconti com’è stato e come hai deciso di farlo?
Sanremo Giovani è stato una vetrina un po’ difettosa, perché in realtà quell’anno Sanremo è stato diverso, nel senso che i concorrenti di Sanremo Giovani non andavano insieme ai Big, quindi nessuno di loro è andato all’Ariston. È stata un’edizione un po’ “mal cagata”. È vero anche che è uscito Mahmood dalla mia edizione; chi vinceva a Sanremo Giovani quell’anno andava a Sanremo Big. Non so se dicesse sul serio o tanto per dire, ma le sere che passavamo insieme mi diceva: “No, ma non vincerò mai, il pezzo è difficile…” Magari faceva il modesto, però insomma, poi alla fine ha vinto tutt’e due. [ride, ndr] Con mio pronostico! Dissi che avrebbe vinto Sanremo Giovani ben prima di arrivare lì. È stata un’esperienza. Lo volevo fare perché lo dicevo da quando ero piccolo, lo volevo fortemente. Magari un giorno lo rifacciamo. Non ho molta voglia di rifarlo, attualmente, ma mi piacerebbe affrontarlo con un’ottica un po’ diversa. In due anni sono cambiate un po’ di cose, un po’ di prospettive sulla musica e personali.
Giacomo | Quali sono le principali differenze rispetto al Fosco17 di due anni fa?
Intanto non mi piace più il nome. Se avete suggerimenti sono ben accetti. L’avevo scelto perché era il nome di mio cugino, mi sembrava divertente. A parte questo non saprei dirti esattamente, è una questione un po’ di approccio, di attitudine. È sempre difficile, quando fai musica, secondo me, mantenere un equilibrio fra te e gli impulsi che ricevi. Non so come spiegare, di fatto sono ad un livello (ma un po’ tutti lo sono) in cui per una certa parte di persone tu non stai facendo niente, cioè, la musica è vista come un hobby – e per carità, dev’essere anche un hobby; per un’altra parte sei qualcuno che starnazza e basta in un laghetto piccolo per farsi notare; un’altra ancora (e grazie a Dio esiste) ti ascolta volentieri e magari ti stima anche, se sei fortunato. Secondo me è un equilibrio delicato, è difficile stare in equilibrio tra queste cose, anche rivedere le proprie aspettative, le motivazioni per cui fai le cose. Non è sempre scontato. Molto spesso uno si prefigge degli obiettivi che non esistono o fa le cose per motivi futili.
C’è un po’ quest’idea che sia più facile mettersi in mostra con la musica, è un pensiero di molti: “Voglio ‘diecikappare’ su Instagram, quindi faccio uscire dei pezzi”; a questo punto fatti vedere nudo, mi sembra un metodo più efficace. È strano che venga vista come una cosa facile. Spesso dico, scherzando (ma neanche tanto), che servirebbe una sorta di “esame d’ammissione”, per pubblicare i pezzi – che io probabilmente non passerei, tra l’altro. Sto studiando per cercare di passare quest’ipotetico esame d’ammissione. È bellissimo che sia tutto così democratico ed è bella la democraticizzazione della musica e che ad ora chiunque, anche con pochissime possibilità economiche, possa farlo. Però c’è il rovescio della medaglia, per cui in questo periodo soffro molto, ossia che chiunque effettivamente lo sta facendo. Poi non voglio parlare di chi ha o non ha qualcosa da dire perché non sono sicuro di avercelo io qualcosa da dire.
Giacomo | Questo discorso mi fa venire in mente la canzone di Angela da Mondello…
Secondo me però ci sta che la faccia. Angela da Mondello lo fa per un motivo ben preciso, ovvero cavalcare la sua gag. Il vero male, per me, è chi lo fa – chissà perché ho una penna in mano… va be’ (appoggia la penna, ndr) – vendendomela anche come se avesse una profondità e delle velleità artistiche. Io sono fan della Lamborghini, perché secondo me lo fa in maniera assolutamente diretta. L’importante è dire la verità; e non sto dicendo che nei tuoi testi devi raccontare la tua giornata (se no gli influencer sarebbero bravissimi, tra l’altro), ma devi essere il più possibile vero in quello che fai. Rovazzi fa le sue gag che spaccano, tra l’altro con dei video della Madonna; Lucio Corsi fa un’altra roba e la fa da Dio. Ed è giusto che faccia quella roba lì. Se io facessi la roba di Rovazzi o la roba di Lucio Corsi non sarebbe credibile. Quindi va bene la Lamborghini.
Manuela | E su Sanremo Giovani di quest’anno? C’è qualche progetto interessante secondo te?
Io tifavo per il mio compagno di casacca che alla fine non è entrato, Nostromo, bravissimo, mio grande amico, aveva una bellissima canzone ma insomma, sarà l’anno prossimo o direttamente a Sanremo Big. Speriamoci. Ho conosciuto l’anno scorso Wrongonyou, con cui volevamo fare una roba per il suo concerto a Bologna, che poi alla fine è stato annullato perché fece l’apertura di Mika; doveva essere rischedulato ma c’è stato il COVID. Magari un giorno lo faremo. Lezioni di volo, il pezzo con cui è passato, penso che sia uno dei suoi pezzi più riusciti, è riuscito a tornare a livelli molto alti. I suoi primi singoli in italiano erano ancora dei tentativi, forse, ma adesso ha proprio trovato la giusta dimensione. I pezzi in inglese rimangono paurosi, incredibili. Si tratta di un artista tecnicamente e artisticamente bravo bravo, c’è tanta ciccia. Sa suonare, sa scrivere, bravo.
Manuela | Infatti si prospetta un Sanremo interessante, anche per i Big. Io tifo Fulminacci, tu?
Anch’io!
Manuela | Siamo d’accordo su una cosa!
Adesso che me l’hai detto smetto (ride, ndr). In realtà io sono molto in hype per la coppia Michielin/Fedez, ho tanta fiducia nella loro canzone.
Manuela | Secondo me vincono loro. Vorrei vincessero i Coma_Cose o Fulminacci
Una volta ho aperto il concerto dei Coma_Cose al Covo, a Bologna, nel 2017, credo. Sono da tifare anche loro.
Giacomo | Che cosa rappresenta dicembre come periodo dell’anno?
È molto più terra-terra di così. Faceva rima. (ride, ndr)
Giacomo (ride, ndr) | Ma non è neanche vero che nella canzone fa rima!
Faccio pure cagare a scrivere le rime! (ride, ndr)
Manuela | Ne le mie canzoni amare te la prendi con le cene di Natale. Sei il Grinch e odi il Natale!
Non ho questa grande passione per il Natale. Potrei chiamarmi Grinch17! Mi piaceva molto… Sai cosa non mi piace del Natale? Il fatto che non riesca più a sentirlo più come una volta e questo mi dà molto fastidio.
Manuela | Dev’essere stato da quando ti hanno detto che Babbo Natale non esiste, no?
Ma sai che mia madre in realtà non mi ha mai detto in vita sua davanti a me che Babbo Natale non esiste? Tutt’ora si rifiuta di dirmi che non esiste.
Giacomo | Ma secondo me è perché esiste.
Ma infatti! La frustrazione viene dal fatto che so che esiste ma non mi porta più i regali. Non so, una chitarrina, qualcosa…
Manuela | Ma quindi che cosa significa Dicembre?
Non mi piace la retromania, ma Dicembre è l’inizio di tutto; l’ho scritta a novembre, anzi, forse era ancora ottobre, del 2017, ed è stata la prima canzone che mi ha fatto “accendere la lampadina”. Da piccolo suonavo in una band, si chiamava Le ceneri e i Monomi – fummo la prima uscita discografica di Maciste Dischi tra l’altro (un caro saluto a Gno) – poi smisi di suonare, continuai soltanto con amici, con i Baseball Gregg, un progetto fighissimo che non so se conoscete ma ve lo consiglio caldamente, è una roba in inglese, un progetto italo-americano pazzesco, smisi, ricominciai a scrivere senza aver ancora capito bene dove volessi andare… Ascoltavo molto rap in quel periodo, tra l’altro, quindi avevo anche voglia di rappare, anche se non sono capace. E nacque Dicembre (che non è rappata, infatti non n’ero capace) e capii un po’ di cose, che poi sono state confutate ma le basi di tutto il disco e di tutto il progetto poggiano su Dicembre. Poi è anche romantico se ci pensate che il pezzo che è scritto per la ragazza con cui tutt’ora sto ma la cosa che è divertente è che fu il primo pezzo scritto e il primo pezzo che uscii, il pezzo con cui andai a Sanremo… Era tutto collegato, un percorso molto chiaro. Questa fu una delle cose che riguardando indietro mi hanno fatto vedere le cose in maniera sbagliata.
Manuela | Ci artisti a cui ti ispiri o che ascolti particolarmente?
Per il nuovo disco ho delle referenze molto ben precise. Nel senso che alcuni l’hanno definita un’espropriazione culturale dal mondo della bossa nova. In realtà già il pezzo nuovo, le mie canzoni amare, aveva già dei passaggi che lasciavano intendere questa cosa, come la chitarrina, un retrogusto, minuzie. Nei prossimi pezzi non immaginarti il disco di Ornella Vanoni, Vinícius de Moraes e Toquinho (La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria, 1976, Vanilla, ndr) – magari! È la referenza principale per questo lavoro. Ma sicuramente questo è l’unico pezzo deliberatamente happy, deliberatamente up, uptempo, ritmico. Tutti gli altri sono brani con la settimana maggiore, quindi sì, felici, ma non capisci se siano malinconici, tristi o felici… Insomma, brani con la saudade in mezzo.
Giacomo | Quindi il nuovo Fosco 17 giocherà più sull’ambiguità tra questi impulsi emotivi che coesistono, giusto?
Non c’è bisogno di andare in Sudamerica perché questo avvenga. I Coldplay sono forse i più grandi, in questo momento, ad avere questo tipo di retrogusto, nei loro primi brani c’era sempre quel retrogusto melanconico. In Italia Ornella Vanoni e la musica della fine degli anni ’70 prendevano molto spunto dalla musica sudamericana e dalla bossa nova. Basta pensare ad Acqua di marzo di Mina (cover di Aguas de março di Antonio Carlos Jobim): nell’originale tratta dell’arrivo dell’inverno, essendo il Brasile nell’altro emisfero, con le stagioni invertite. Quando viene tradotta in italiano, a noi arriva il messaggio opposto: con l’acqua di marzo, arriva la speranza della fine dell’inverno. C’è un’estetica italiana, basta pensare al cinema, dove si può mettere accanto Fellini, Villaggio e i cinepanettoni e ognuno di questi rientra in una precisa estetica italiana. E questa estetica è sempre a metà tra una grande eleganza e una terribile tragicomicità, una terribile trashata. E il bello è che alla fine ridi con i cinepanettoni, te ne vergogni ma ridi.