– di Benedetta Minoliti
foto di copertina di Laura Villa Baroncelli –
Si dice che niente duri per sempre. Nonostante questo, “forever” è una parola che viene usata spessissimo quando si parla di relazioni, di qualunque tipo.
“Lasciamoci dietro tutta questa merda e poi scriviamolo su un muro che staremo sempre insieme”. Canta così Francesco Bianconi ne “Il bene”, traccia che apre il suo album di debutto da solista, uscito lo scorso 16 ottobre per Ala Bianca Group e BMG Italy, che ha proprio come titolo Forever.
Il primo disco del leader dei Baustelle, prodotto da Amedeo Pace, contiene dieci brani inediti a cui hanno dato il loro supporto diversi artisti internazionali, come un quartetto d’archi, il Quartetto Balanescu Ensemble, e i due pianisti Michele Fedrigotti e Thomas Barlett. Ma non solo: infatti, è presente anche Enrico Gabrielli, polistrumentista con cui Bianconi aveva già collaborato per il sesto album della sua band, Fantasma.
Forever è anche arricchito da diversi duetti, come quelli con il cantautore Rufus Wainwright, la cantante dei Blonde Redhead, il musicista giapponese Kazu Makino ed Eleanor Friedberger della band indie rock canadese Fiery Furnaces.
Bianconi con Forever realizza un disco in cui la vera e grande protagonista è la sua voce. Il cantante propone dieci tracce che raccontano tante storie e tematiche diverse. Tutte, nessuna esclusa, sono segnate da una delicatezza da sempre cara a Francesco Bianconi.
Dotato di una penna incredibilmente variegata, che attinge da diversi mondi, come quello del cinema, dell’arte e della musica stessa, Bianconi fa così convivere nei dieci brani di Forever riferimenti che potremmo definire caleidoscopici. Sì passa dai Pixies a Babadook, da Schopenhauer a Giovanna D’Arco, per citare alcuni esempi. Ma si parla anche di droghe, psicofarmaci, sangue e organi genitali. Anche per quanto riguarda il linguaggio, Bianconi, complici anche le collaborazioni, mischia italiano, inglese e arabo.
Va subito detta una cosa: Bianconi non è per tutti e, probabilmente, non vuole esserlo. Forever non è un disco da ascoltare in metro o nei momenti di frenesia. È un disco che necessita un “periodo di digestione”, che potrebbe essere lungo. Ogni canzone va presa e smontata varie volte per apprezzarla fino in fondo. Concentrandosi, come spesso ci si dimentica di fare, sulle parole e sui mille significati che esse potrebbero avere.
Entrando nel merito dei brani, “Il bene”, che come detto apre l’album, parla di fede e voglia di cambiamenti. È stato anche il primo singolo pubblicato dall’artista in previsione dell’uscita del disco ed è stato proprio il cantante, tramite un post sui suoi social, a raccontare il suo nuovo progetto e la canzone: “Come le altre canzoni del disco, questa è nata da lunghi pomeriggi di improvvisazione voce e pianoforte. Partendo da spartiti di musica classica e deragliando suonando, andando fuori rotta, scrivendo melodia che erano state innescate da qualcosa di dato ma che pian piano diventano un meraviglioso mistero altro”.
A seguire “L’abisso”, secondo singolo estratto da Forever, nonché seconda traccia dell’album. Qui si entra a contatto con un brano che parla di noi e della vita, spesso insidiosa, con cui dobbiamo fare costantemente i conti.
“Facevo tempo fa un sogno in cui uscivo la sera per andare con gli amici a cena o a bere e mi rendevo conto di essere nudo. Completamente nudo”, ha scritto Bianconi su Instagram. “Nel sogno all’inizio ero a mio agio, così a mio agio che nessuno sembrava far caso al mio outfit adamitico. Poi, pian piano, cominciavo a sentir crescere l’imbarazzo, sempre di più, fino al momento in cui arrivava, inevitabile, ahimè, un senso di tremenda vergogna; e allora mi svegliavo. Credo che L’abisso sia la canzone scritta dal me della prima parte del sogno. A risentirla mi sembra la voce di uno senza vestiti, o meglio di uno che aveva molta voglia di toglierseli. Senza troppi esibizionismi e invasamenti. Una confessione assai privata, in schumanniano andazzo”.
Le tracce successive, “Andante”, “Go!”, “Fàika Llìl Wnhàr” e “The Strenght”, sono i quattro brani collaborativi del disco. Nel primo troviamo Rufus Wainwright che si cimenta con l’italiano, mentre nella seconda e nella terza traccia citate Bianconi intreccia la sua voce con quella di due artiste donne, Kazu Makino e Eleanor Friedberger. Infine, per Faika Llil Wnhar, con Hindi Zahra, cantante marocchina naturalizzata francese, il frontman dei Baustelle si spinge a duettare in arabo.
Si prosegue poi con “Certi uomini”, ottava traccia del disco, che è un’invettiva contro i “cantanti che ucciderebbero per apparire in un programma televisivo”. Il brano è stato l’ultimo singolo pubblicato per anticipare l’uscita del disco. Bianconi ha raccontato, in merito a questo brano: “Certi uomini è una canzone scritta di getto, dopo una cena in cui qualcuno dei partecipanti si chiedeva quale fosse il motore del mondo e che cosa spingesse gli esseri umani a compiere determinate azioni. È una canzone di vita, di febbricitante desiderio di vita, direi. E forse anche di ricerca di qualcosa di meno transitorio, di un’origine, di un assoluto”.
A chiudere il disco troviamo “L’assassinio dilettante”, che racconta, con vari riferimenti a storia e religione, la storia di un assassinio, e la title track “Forever”, un brano strumentale delicato e introspettivo che chiude il disco in maniera perfetta.
Un debutto solido e riconoscibile. Un album che va ascoltato più volte per essere apprezzato a pieno. E quel “forever” che aleggia nella mente di chi l’ascolta per tutti e quarantuno i minuti di durata del disco.