– di Riccardo De Stefano –
Mentre il Festival di Sanremo si avvicina alla sua naturale conclusione, che vedrà verosimilmente un vincitore tra Giorgia, Simone Cristicchi e Achille Lauro, il Teatro Ariston ha visto svolgersi, diciamo, l’altro Festival, quello che lo ha anticipato e accompagnato e che sfumerà a breve nel vago ricordo di articoli e chiacchiere da bar.
Parlo ovviamente del contro-festival dei gossip, delle storie personali fuori dai palchi e delle polemiche che ruotano intorno i divisivi protagonisti di questa edizione 2025.
SANREMO AL TEMPO DEL GOSSIP
Se di Tony Effe, prima osteggiato per la sua cancellazione al Capodanno romano 2024, poi protagonista di polemichette sull’indossare collane (dio ce ne scampi e liberi), non ricorderemo nulla di tutto ciò, per Fedez, beh, per Fedez è diverso.
Fedez. Fedez e Chiara Ferragni. Fedez, Chiara Ferragni e Fabrizio Corona. Fedez Chiara Ferragni Fabrizio Corona e Angelica Montini (chiunque sia). Poi aggiungeteci il già citato Tony Effe, Achille Lauro e tutti gli altri secondary characters, la vicenda scivola nel gossip, trasformando tutto per l’ennesima volta in una storia di milionari che fanno cose con altri milionari contro altri milionari, e tutti a parlarne in questa soap opera continua che è decisamente più grande dell’Arte proposta.
Tranne per Fedez.
In un decisamente grottesco, ma a tratti affascinante rimestare nel proprio privato – per quanto ne sappiamo – Fedez compie quella che è forse l’unica, vera – e più grande – operazione artistica della propria vita. Salire su un palco e annullare la distanza tra chi c’è sopra e chi c’è sotto. Usare un mezzo artistico per dire qualcosa che non sia solo l’ennesimo messaggio preconfezionato (riscatto-sesso-soldi del rap o amore sdolcinato-luoghi comuni del pop).
QUEL CHE MANCA AL POP: ESSERE SINCERO
Che cosa fa, o dovrebbe fare, un artista? Dovrebbe usare la sua forma d’arte per essere prima di tutto sincero. Sincero.
In questa brodaglia indistinguibile di pop odierno, dove, dopo l’illusione dell’indie, tutto è tornato masticato dalla comunicazione di massa e dai soldi delle multinazionali, nessuno si ricorda né è minimamente interessato all’artista, ma solo al prodotto.
Essere una popstar è difficile, ma affascinante: sei contemporaneamente una persona, ma anche qualcosa di più. Sei un modello di riferimento, grazie ai tuoi look e alle tue uscite pubbliche, e la tua musica dovrebbe riflettere questo. Solo che sempre di più, perlomeno in Italia, il tutto scivola nell’inferno dei 10 autori per canzone, nelle major che piazzano producer su producer, topliner, lyricist che prendono e sminuzzano la canzone a una sorta di Lego, decidendo arbitrariamente quando una canzone “funziona di più” o di meno. La Musica che funziona. Come fosse una lavastoviglie o un frigorifero.
Ma la Musica non ha bisogno di funzionare, la Musica ha bisogno di esprimere qualcosa, e l’artista deve catalizzare questo sentimento in Arte. Ecco che cos’è la sincerità.
FEDEZ METTE L’ARTE AL POSTO DELLA VITA
Ed è per questo motivo che di Tony Effe non ci cale mica, perché il suo cosplay di Califano non racconta nulla di reale, è posticcio come il pop odierno e non ha un futuro perché non ha un passato.
Fedez invece sale sul palco sapendo che tuti noi sappiamo già tutto di lui, dei suoi amori, dei suoi errori, di tutti quei fantasmi. E utilizza Sanremo come piattaforma per veicolare un messaggio, che è contemporaneamente per qualcuno di preciso, ma anche per noi tutti.
Quella di Fedez è una grande operazione artistica – forse la più grande che Sanremo ha visto negli ultimi anni, se non lustri, se non decenni – perché utilizza il contesto (l’evento televisivo dell’anno) per spingere il messaggio (dire a una persona quello che prova e raccontare il suo vissuto personale) utilizzando come cassa di risonanza il pubblico nazional-popolare italiano, che diventa testimone di questo divorzio umano.
Se solo una di queste cose venisse meno, il tutto si ridurrebbe al mero gossip, a mera industria. Se Fedez non avesse portato sul palco “Bella stronza” in combo con Marco Masini sarebbe stato soltanto un titolo su qualche magazine o giornale online, un sensazionalismo che avremmo dimenticato domani. Se Fedez avesse cantato qualsiasi altra cover, pavidamente, o non avesse portato quel brano, “Battito”, in gara, sarebbe stato solo un altro artista interessato molto più a sbijettare in vista del prossimo tour – necessario anche per compensare le perdite economiche.
AD ESSERE SINCERI
Ma per quanto si possa considerare Fedez autentico, gli va dato merito di averci ricordato di quanto sia importante quella sincerità di cui sopra, che rende un banale o innocuo pezzo pop, Vita raccontata davvero. Senza retorica spicciola, senza scadere nei cliché, in frasi generaliste che parlando a tutti non parlano davvero a nessuno (oh, non sto minimamente parlando di Simone Cristicchi e del suo brano, eh, tranquilli).
Abbiamo giustamente celebrato Lucio Corsi e Brunori Sas perché hanno portato la loro arte sul palco, da outsider. Ma loro quella sincerità e quell’onestà l’hanno sempre avuta, anche prima di arrivare a Sanremo, motivo per cui chi già sapeva si riconosce nel loro percorso e chi non sapeva si stupisce. Ma la loro cifra è stata la coerenza e la costanza, cosa che Fedez invece non ha avuto pressoché mai.
Ecco alla fine perché Fedez ha regalato a sorpresa il suo momento più artistico: con questo colpo di coda in cui ci mostra la fatica, il dolore e le lacrime della sua esperienza personale, concedendosi poco al resto, Fedez per una volta mette prima l’oggetto artistico (la canzone) davanti al suo personaggio, amplificando il messaggio e lasciando che l’industria arrivi dopo, non relegando la musica a orpello ma rendendola di nuovo (o forse nel suo caso per la prima volta) megafono della sua persona artistica.
Non so cosa ricorderemo nei prossimi anni di questo Sanremo, ma sicuramente Fedez ci ha ricordato che, ad essere sinceri, non si sbaglia mai. Chissà che la lezione non possa essere seguita anche dagli altri.