– di Bomma –
Disco dell’anno? Probabilmente sì.
Il perché lo dico subito: la verità. Un’essenza che traspare attraverso le corde di una chitarra acustica, di qualche campione, di un basso pulsante. Questo è un album in cui la musica è un veicolo per incarnare un nuovo verbo. Perché sotto questo punto di vista il primo lavoro di Federico Da Verona è come “Flores” di Marco Iacampo: la ricerca di un modo diverso per raccontare se stesso, la propria anima.
E Federico ne ha da raccontare, soprattutto sui suoi ultimi 5 anni. Un periodo passato a Covilhà, località sperduta tra Lisbona e Porto, lontana da tutto, persino dall’oceano. Lontana anche da Alpo, paesino del veronese in cui è cresciuto ed è stato per tanto, (forse troppo?) tempo. Ma vicina al cuore, vicina alla necessità di ripensarsi, di viversi in altro modo. Attraverso la meditazione, sviluppata assieme ad una comunità di monaci tibetani, con i quali ha lavorato la terra.
Ha trovato anche l’amore, Federico. La ragazza di “Grazie per tutti i tuoi sorrisi” forse ora è distante, tanto quanto la “Verona fascista” di cui parla con l’amico Frank, che ritorna spesso nel pezzo in questione. Sicuramente sono più vicine le due strumentali, una eterea e l’altra, “Ale dei Safe, le api ed il fuoco”, caratterizzata da arpeggi insistenti. Passa sempre l’aspetto lo-fi, ma vero, non ricercato a tutti i costi. Na-tu-ra-le.
Ma i momenti più belli di “A volte il primo è migliore del secondo”, a mio avviso, sono altri. Innanzitutto la conclusiva “Non sarà mai più come prima”, con un suono di elettrica clean che conquista, una chitarra acquosa ed una vocalità evocativa. Ed è questa la differenza sostanziale: la voce. Viva, profonda, usata con libertà eppur così splendidamente vicina al Morrissey d’annata in alcuni frangenti.
Bella anche la reggata “Da qualche parte”, dedicata ad un amico che con lui ha condiviso tanta storia, compresa quella dei Carnera Fm, band in cui Federico ha militato pubblicando l’album “Avrò fin troppo tempo per rimanere distante da te quando saremo morti”. La profondità c’è già dall’opener “Con la ruggine nei tuoi verbi” ma si palesa definitivamente nel mantra – molto ascoltato su Spotify – “Wahe Guru Wahe Jio”.
Se volete cambiare prospettiva ed ascoltare qualcosa che esuli da “quello che bisogna ascoltare” questa è una perla imperdibile. Cui faranno seguito altre…