– di Giacomo Daneluzzo –
Mi ricordo dell’anno scolastico 2015-2016, ero alle superiori. I Pinguini Tattici Nucleari non erano assolutamente famosi, ma qualcuno del mio gruppo di amici comunisti del collettivo li aveva scoperti e mi ricordo benissimo quando sentii per la prima volta una loro canzone, appena uscita, “Me Want Marò Back” – una canzone reggae in finto patois giamaicano che sostanzialmente scherniva la posizione di chi voleva il rilascio dei due marò del caso dell’Enrica Lexie (un tema di cui in quel periodo si parlava abbastanza), che in India avevano assassinato due pescatori innocenti perché convinti che fossero pirati, per poi essere trattenuti per anni. Al di là dei contenuti, che condividevo, la canzone non mi piacque per niente: mi sembrava un’ironia facile su una base reggae senza niente di interessante. Nei mesi successivi nel mio giro di amici alcune canzoni diventarono molto note, le ascoltavamo parecchio; tra queste “Jack il melo drammatico”, “Ilaria”, “Sudowoodo”. Non voglio fare il talent scout della situazione, perché ripeto: a me non piacevano, non capivo perché tutti improvvisamente amassero questo gruppo. All’epoca conducevo un programma sulla radio della scuola: si chiamava Zeta Reticoli (come la canzone dei Meganoidi) e parlava di musica indipendente; quindi, nonostante non apprezzassi molto le canzoni dei Pinguini Tattici, da grande sostenitore della musica “autentica” del mondo indipendente mi faceva molta simpatia il fatto che questa band non si appoggiasse a nessuna etichetta e che i loro lavori fossero completamente autoprodotti. Mi ricordo che quell’anno furono invitati all’occupazione della nostra scuola e vennero a tenere un collettivo in cui parlavano di musica; all’inizio avevo pensato di andarci, ma poi evidentemente devo aver avuto di meglio da fare.
Sei anni (e qualche mese) dopo siamo qui, all’uscita di “Fake News”. In questi anni ho cambiato idea su tante cose e la purezza del me sedicenne, che pensava che l’unica musica che valesse la pena di ascoltare fosse quella che non ascolta nessuno e che qualunque cosa prodotta in major fosse il male, è stata corrotta dal tempo e dalla mia esperienza nel mondo della musica – ma anche dal fatto che l’indie è stato una rivoluzione mancata, come qualcuno di intelligente ha fatto notare al momento giusto. Qualcuno direbbe che ho allargato i miei orizzonti, il me sedicenne che ho tradito la causa, ma questo è un altro discorso. In sostanza, adesso seguo con un certo interesse quello che fanno i Pinguini Tattici Nucleari, che nel frattempo sono diventati esattamente il contrario di una band indipendente: due album e un EP pubblicati da Sony, un libro del frontman Riccardo Zanotti uscito per Mondadori, una partecipazione al Festival di Sanremo e un tour negli stadi in arrivo. Negli STADI! Se nel 2016 qualcuno ci avesse detto che i Pinguini Tattici Nucleari avrebbero fatto un tour negli stadi avremmo sicuramente pensato che fosse una notizia falsa. L’avremmo pensato sia perché “Mainstream” di Calcutta era uscito da poco e a nessuno fregava granché del sedicente indie, sia perché i Pinguini sembravano proprio il tipo di gruppo che non avrebbe mai “sfondato”, che al limite avrebbe continuato ad avere la propria nicchia di ascoltatori tra i centri sociali lombardi e i piccoli locali mezzi vuoti dell’hinterland milanese.
E su questo nuovo disco, “Fake News”, ci sono un po’ di cose che si possono dire. È stato un disco abbastanza atteso, anche perché da un po’ di tempo a questa parte i Pinguini hanno preso una direzione artistica piuttosto diversa da quelle precedenti. Di sicuro l’hype era molto maggiore rispetto a “Fuori dall’Hype” (chiedo scusa, non potevo perdere l’occasione di dirlo): il loro primo disco in major aveva cambiato un po’ le carte in tavola, ma era solo il passaggio intermedio tra i “vecchi Pinguini” e una nuova versione, che, con la parentesi sanremese a rinforzare, ha trasformato i nostri in un gruppo smaccatamente pop, processo completato con “Ahia!”. Cosa che è stata sorprendente, ma tutt’altro che negativa, anche perché, a differenza di quello che pensavo a sedici anni, “pop” non vuol dire “di scarsa qualità”. Anzi, “Fake News” è, per certi versi, il lavoro migliore dei Pinguini Tattici Nucleari, a cui, dopo sei anni in cui bene o male mi hanno accompagnato, seppur con sentimenti oscillanti nei loro confronti, sono ormai affezionato. Sì, ma allo stesso tempo è anche di gran lunga il loro lavoro più pop e più commerciale (nonostante ci siano un paio di canzoni “non così pop” come “Fede” e “Non Sono Cool”), motivo per cui senza dubbio i fan di vecchia data probabilmente preferiranno il sapore autentico dei dischi precedenti, diciamo fino a “Fuori dall’Hype”. Personalmente, non essendo stato un fan nella “vecchia data”, forse apprezzo di più i Pinguini nella veste del gruppo pop multiplatino, con superproduzioni dietro; ma, come vedremo dopo, ricoprire questo ruolo facilmente comporta dei compromessi, in vari sensi: in termini di scelta di direzione artistica e marketing, sicuramente, ma anche, talvolta, di sincerità, con se stessi prima che con gli altri, nel raccontare – e raccontarsi – certe presunte verità su di sé e sul mondo intorno.
Dal punto di vista dei testi l’impressione che si ha è che Riccardo Zanotti abbia trovato una chiave espressiva che funziona e che, quindi, non ha bisogno di mettere in discussione: la scrittura di “Fake News” è molto più sicura rispetto a quella degli album precedenti, ma anche molto più omogenea a livello stilistico. Parliamoci chiaro: i Pinguini Tattici Nucleari non hanno mai avuto dei grandi testi (e quest’album non fa eccezione), quanto piuttosto dei testi che funzionano. Insomma, una scrittura più comunicativa che letteraria. E i testi di “Fake News” funzionano meglio del solito; sembrano essere più pensati che in passato, a partire dal fatto che siano eterogenei per quanto riguarda gli argomenti trattati ed evitino di fossilizzarsi troppo su qualcosa. Confesso che dopo l’ultimo periodo temevo che avrebbero fatto un disco di canzoni d’amore, più che altro; invece abbiamo “Fede”, “Dentista Croazia” e “Non sono Cool”, per citarne qualcuna, che parlano proprio di altro. Il testo di “Dentista Croazia” è piuttosto interessante, perché è un ottimo spunto per parlare di un argomento più ampio. Mi spiego: parla del furgone che i Pinguini hanno usato per un po’ di anni, con su scritto proprio “Dentista Croazia”; è una storia vera e documentata, ma oggi i Pinguini ci raccontano, in questa canzone, di come quel furgone fosse qualcosa di cui vergognarsi, «una figuraccia» («ma costava poco»); però io mi ricordo benissimo che il loro Dentista Croazia era tutt’altro che un’onta o qualcosa da tenere nascosto, anzi, era un emblema, un simbolo, mostrato fieramente (per esempio nei loro post di Facebook), del loro essere “sfigati”, in un’epoca in cui il cosiddetto “disagismo” cominciava a essere imperante (a Milano ne abbiamo avuto l’apoteosi, direi, con il successo de L’Officina della Camomilla). La retorica del disagismo non è morta, ma oggi è affiancata dalla retorica della rivalsa, mutuata dal mondo rap/trap/hip hop, che invece permea la narrazione portata avanti dal testo di “Dentista Croazia” in un modo a mio parere anche abbastanza fastidioso, con frasi come: «Ci ridevano dietro le spalle ed è così che sono diventate larghe» – no, non è vero, nessuno vi rideva dietro le spalle e anzi, il vostro furgone con l’improbabile scritta “Dentista Croazia” era una bandiera, sfoggiata con fierezza, del vostro essere “indie” – e: «Non so a che stadio siamo dell’evoluzione, però forse in questa frase trovo la risposta»; ovviamente la “risposta” è “stadio”, discorso che tradisce una visione del lavoro dell’artista tale per cui suonare in uno stadio è un livello superiore rispetto a suonare, che ne so, in un locale piccolo; il successo e i “numeri” diventano qui il parametro principe per valutare la carriera di un artista. Una retorica evidentemente ripresa dagli odiati trapper, a cui viene lanciata una frecciatina (anzi, altro che frecciatina, un grosso dardo avvelenato) proprio nel brano mezzo-rappato “Non Sono Cool”: «Vorrei tornare indietro e cantare i pezzi dei Prozac+ o che la trap evolva e diventi meno noiosa», prendendosi anche la licenza poetica di dire “vorrei che […] la trap diventi meno noiosa” (dovrebbe essere “vorrei che diventasse“, in italiano).
La parte musicale è probabilmente più interessante di quella testuale, soprattutto perché le basi pop di “Fake News” sono di ottima fattura: Riccardo Zanotti (che è ormai indiscutibilmente la colonna portante di tutto il progetto Pinguini Tattici Nucleari) ed Enrico Brun hanno prodotto tutte le tracce, affiancati in alternanza da Marco Paganelli (batterista dei rovere) e okgiorgio (percussionista-produttore degli ISIDE), facendo un lavoro di fino con sonorità molto curate (ottimo anche il lavoro di mix e master). Penso che uno dei maggiori punti di forza di “Fake News” (ma anche del lavoro dei Pinguini Tattici Nucleari in generali) siano le melodie pop, che sono straordinariamente orecchiabili e anche parecchio riconoscibili; non è un caso che siano tra gli ospiti dell’album “c@ra++ere s?ec!@le” (nella traccia “r!va”) di thasup, altro artista molto forte per quanto riguarda l’approccio alle melodie. Da un punto di vista prettamente musicale, di composizione, arrangiamento e produzione, “Fake News” è probabilmente il lavoro meglio riuscito dei Pinguini. I brani scelti come singoli di lancio sono delle piccole perle, sotto questo aspetto: “Giovani Wannabe” è forse la traccia che funziona meglio del disco, una vera hit, “Dentista Croazia” è un bel brano, con dei bei suoni, e “Ricordi” è un singolo di lancio molto efficace, con un ritornello in falsetto piuttosto interessante per la scelta di metrica e melodia.
Di sicuro questo è il momento d’oro dei Pinguini Tattici Nucleari: questo disco andrà molto bene a livello commerciale, non c’è dubbio (intelligente a livello di marketing la trovata di inserire “Forse” solo nelle copie fisiche del disco, per ora), e probabilmente il tour andrà ancora meglio, considerando anche che si tratta di una band di buon livello tecnico che fa dei live molto belli. Zanotti è un autore affermato (non solo per i Pinguini), sta riscuotendo sempre più successo e sembra star vivendo gli anni migliori della sua vita, cosa di cui sono felice. La questione è questa: tra qualche anno questa luce di cui stanno beneficiando ci sarà ancora o arriverà il declino? Dipenderà da molte cose, ma per adesso possono sicuramente godersi quello che facilmente è il momento di maggior successo della loro carriera.