– di Martina Zaralli –
È uscito venerdì 7 maggio Evoluzione, il primo EP di inediti di The Andre per Freak & Chic. Anticipato da “Captatio benevolentiae”, il lavoro ci introduce nel nuovo mondo del cantautore: quattro tracce che disegnano con sarcasmo pungente e giochi di parole il senso dell’evoluzione.
Dopo il debutto discografico Themagogia – Tradurre, tradire, trappare, l’artista si rimette in discussione ed è pronto a mostrarci la persona dietro la voce, a svelarci un luogo dove la scrittura si fa intima, trasportandoci sotto il cappuccio di un ragazzo che scrivere canzoni. Lo abbiamo raggiunto al telefono, ecco cosa ci ha raccontato sull’EP.
Evoluzione: qual è la storia dell’EP?
Evoluzione è un tema triplice. È la mia evoluzione artistica, da imitatore a traduttore a (finalmente) autore e cantautore, è l’evoluzione musicale perché i pezzi dell’EP hanno un arrangiamento molto complesso, sono delle produzioni elaborate, diverse dal mio passato con la sola chitarra. E poi c’è l’evoluzione tematica, rappresentata dai singoli brani che portano ognuno il nome di una tappa evolutiva.
“Captatio benevolentiae” ha anticipato questo nuovo percorso. Un titolo che fa riflettere sui rapporti nei rapporti tra i diverti attori dell’industria discografica. Qual è la difficoltà più grande per “accattivarsi la simpatia del pubblico”?
Credo che “accattivarsi la simpatia del pubblico” non debba essere l’obiettivo principale, almeno direttamente. Se si cerca il favore del pubblico si rimane confinati nella dinamica: “vedo cosa piace e poi lo faccio” e quindi non viene meno l’opportunità di crescita, di crearsi un’identità artistica. Secondo me, è necessario prima maturare come persone e come artista e poi sperare di trovare un riscontro nel pubblico. Se si segue un’idea che piace al pubblico, ma non è la propria naturale, si rischia di finire ingabbiati.
In “Scimmie” sembrerebbe che l’evoluzione della nostra generazione ci stia portando verso l’estinzione…
È una provocazione. Ho voluto raccontare la mia generazione cresciuta con la promessa del lavoro grazie a un pezzo di carta, ma poi si è trovata a fare i conti con una realtà totalmente diversa. E invece di cercare di creare – come avevano fatto altre generazioni – un mondo diverso, si è adagiata nel sistema senza cambiarlo ma adattandosi ad esso.
Per quanto riguarda l’evoluzione della musica, invece, che futuro immagini?
Penso che prima poi si dovrà fare i conti con un sistema musicale che non è più fondato sui vecchi meccanismi: dischi, vendite del fisico, oppure di contro con uno streaming che non garantisce introiti. Dal punto di vista artistico, invece, spero che continuerà a evolvere (autocitazione).
In “Boccaccio”, c’è una fotografia dell’ultimo anno. Dal punto di vista creativo come hai affrontato la pandemia?
All’inizio è stata una botta. Era difficilissimo scrivere qualcosa: tutto sembrava perdere significato davanti a quello che stava succedendo. Poi, invece, si è trasformato nella possibilità di limare, rivedere, gli arrangiamenti dei brani.
“Dostoevskij” chiude l’EP parlando d’amore. Possiamo salvarci con l’amore da una tragica evoluzione?
In realtà, con quel brano ho voluto mettere in luce due concetti. Il primo è che il destino, in alcuni casi, va un po’ forzato per riuscire ad arrivare dove si vuole. E poi, che partendo da aspettative molto basse, tutto quello che si ottiene è un regalo, e non serve farsi promesse di felicità. È importante godersi il momento.
Hai in programma un tour per presentare dal vivo l’EP?
Ho in programma una serie di date che potrebbero concretizzarsi, ma ancora nulla di certo. Se la situazione continuerà ad evolversi in maniera positiva, ci saranno comunque occasioni.