– di Martina Rossato –
Eva Pevarello ha partecipato alla decima edizione di X Factor e a Sanremo Giovani nel 2018. Cantautrice versatile e intensa, la sua vera forza sta nelle sue origini gitane. Eva ha infatti passato i suoi primi sei anni vivendo da nomade insieme alla famiglia, che le ha trasmesso la passione per la musica fin da piccolissima.
Venerdì 13 ottobre è uscito “Questa Pelle”, disco che rappresenta per lei un nuovo inizio. Negli ultimi quattro anni si è trasferita a Roma per registrarlo; sono stati anni complessi, con il lockdown e la chiusura di tutto. Questo album, al quale ha lavorato in qualità non solo di autrice e cantautrice ma anche di co-producer insieme a Simone De Filippis, è fortemente legato alla ricerca della sua identità e alla riscoperta delle sue origini gitane.
Questo album è un po’ la raccolta di ciò su cui hai lavorato negli ultimi anni. In “Questa Pelle” canti «Vado un po’ a momenti, parlo un po’ con me, con i sentimenti, lo sai com’è». Ora in che momento sei? Che rapporto hai con te stessa e la tua musica?
Devo dire che è un bel periodo, molto figo, anche perché finalmente è uscito il disco. Ci lavoro da quattro anni, mi sono trasferita a Roma per registrarlo e non mi sembra ancora vero che sia uscito. Sono super euforica e un po’ spaventata, sto provando tante emozioni contrastanti insieme.
Non vedevo l’ora, è stata tosta e ho sacrificato tanto per fare questo disco “da sola”, ma la soddisfazione è enorme: mi ero posta un obiettivo e l’ho portato a termine. Sono felicissima di condividerlo!
Per la prima volta sei stata co produttrice, è un lavoro che senza dubbio permette di avere un rapporto ancora più intimo con il risultato finale.
Ho preso la scelta di co-produrre proprio per essere sincera al 100% e liberarmi da tutte le etichette che mi hanno messo addosso. Esco da un talent, sono figlia di X Factor: quella cosa, per quanto bellissima, ti resta incollata per anni.
Inizialmente ho partecipato come interprete, poi ho capito che volevo fare musica nella maniera più sincera, più mia possibile. Mi sono liberata dal contratto con la major e ho scelto di auto produrmi e ripartire da zero. Senza una major alle spalle la strada è molto più faticosa, ma quello che ti costruisci quando sei sincero, ogni piccolo mattoncino, non te lo leva più nessuno perché te lo sei guadagnato e sudato.
A proposito di questi mattoncini, vorrei ripercorrere un attimo la tua carriera. Hai partecipato a X Factor e a Sanremo Giovani, cosa ti resta di queste esperienze? Ci sono dei momenti a cui sei particolarmente legata?
Un po’ tutti, in realtà: tutte le cose che mi sono capitate fino ad adesso mi hanno portata a questo momento.
Sicuramente X Factor è stata un’esperienza bellissima ed è ciò mi ha lanciata e fatta conoscere al grande pubblico. Ovvio che poi c’è l’altro lato della medaglia: è tutto bello, tutto bellissimo, ma quando finisce il talent passi da più mille a meno un milione, emotivamente non è facile da gestire. Nel mio disco parlo anche di queste cose, il tema principale è proprio la separazione. Ci sono state molte chiusure negli ultimi anni della mia vita, sia a livello di lavoro che personale, tra amori e amicizie.
“Questa Pelle” è un po’ la mia rinascita, di vita e come artista.
L’aspetto più interessante del disco sono però le esperienze che derivano dalle tue radici. Hai avuto, soprattutto da bimba, una vita molto particolare. È nata in quel contesto la tua passione per la musica?
Sì, è nata lì. Io ho vissuto nomade, girando con i miei per i primi sei anni della mia vita.
La passione per la musica me l’ha trasmessa mio papà, ma in generale vengo da una famiglia di musicisti e artisti, quindi la musica è sempre stata importante. Facevamo un sacco di feste, cantavamo e suonavamo, pensa che la prima volta che mi hanno buttata su un palco avevo tre anni, mio papà suonava e io cantavo.
Quella è una parte importante della mia vita, ho sempre cantato, suonato e avuto questa passione grande, anche se non ho mai pensato che sarebbe diventato il mio lavoro. Ci credevo poco e credevo poco in me stessa, X Factor è un’esperienza che mi è servita tantissimo a capire che ce la potevo fare.
Tra l’altro “TINE MAL” è un brano scritto da tuo padre, che è una cosa che ha un fortissimo valore artistico e simbolico. Cosa vuol dire per te parlare delle tue radici?
Quella canzone è l’unica tutta in lingua sinti, il fatto che l’abbia scritta mio papà è stupendo. Per me cantare una cosa scritta da mio padre è il massimo, anche perché abbiamo un rapporto bellissimo da sempre. Lui mi ha trasmesso questa passione per la musica e quando canto quella canzone lì esce una parte molto viscerale, mi riporta inevitabilmente alle mie radici, alla mia vita. Ci tengo tantissimo a quel brano.
Prima parlavi di chiusure, anche in amicizia. Quel brano parla di amicizia.
Sì, esatto. Parla di amicizia ed è un’esortazione a dare peso ai valori importanti, come quello dell’amicizia, che in questi anni è un po’ andato perso. Forse prima, quando si era più poveri, si apprezzavano di più le piccole cose. Adesso siamo tanto distratti e questo va a discapito anche dei rapporti personali. È un inno a pensare a come eravamo una volta.
Bellissimo il senso di questa cosa e bellissimo che sia nella tua lingua. Io mi immagino tuo padre che suona e tu che canti un brano scritto da lui. Mi chiedevo se ci fosse un aneddoto, qualcosa di particolare, che leghi a quel momento?
Ho registrato “TINE MAL” (parlo della registrazione acustica chitarra e voce che è uscita sui miei canali social) in piena pandemia ed era un bel po’ che non cantavo e non registravo. Per questo motivo ero un po’ bloccata, poi vivevo a Roma da poco e c’era la pandemia. Quello del Covid è stato un momento super strano, durante il quale riuscivo ogni tanto a tornare in Veneto per stare con la mia famiglia.
Avevo fatto un servizio fotografico incentrato sulle mie origini per una rivista. Quando mi hanno chiesto di creare una canzone da mettere sotto al video del backstage mi è venuto in mente questo brano che mio papà ha scritto anni fa e non avevo mai cantato prima di allora. Sono salita in Veneto e ho proposto questa cosa a mio padre, abbiamo registrato la prima versione in cameretta mia con un microfonino e appena abbiamo finito di cantare io sono scoppiata in una valle di lacrime.
Quel momento mi ha sbloccata, ho di nuovo sentito la passione, l’amore. Il fatto di cantare con mio papà, con cui ho un legame fortissimo, ha cambiato qualcosa.
La tua identità culturale è molto forte e molto interessante. Hai definito questo album come un nuovo inizio, perché ripartire da lì proprio adesso?
Non so dirti bene perché, è venuto molto spontaneo. Il Covid mi ha aiutata a guardarmi dentro più di quanto facessi prima: abbiamo passato due anni di chiusura, in cui non ho suonato ed ero completamente ferma in una città nuova, dove non conoscevo nessuno. Ho avuto tanto tempo per stare da sola con me e mi sono fatta tante domande, soprattutto riguardo alla musica, a cosa volevo fare e come volevo farlo. Lì ho capito che per distinguermi dagli altri dovevo essere me stessa al 100% e quindi portare le mie origini gitane nella mia musica, che è anche la cosa che mi differenzia, il mio particolare.
Di sinti che cantano in lingua ce ne sono veramente pochissimi, è un mondo sconosciuto che ha sempre voluto restare sconosciuto per cultura. Quindi ho deciso di portare questa cosa nella mia musica: mi rappresenta, è la verità ed è qualcosa che mi distingue dagli altri.
Tornerei un attimo sul disco. Ho letto che sei molto legata alle persone con cui hai collaborato, come le hai conosciute?
La persona più importante musicalmente è Simone De Filippis, il mio producer, con cui ho fatto tutte le mie produzioni e le strumentali del disco. Senza di lui questo disco sarebbe diverso. Ci ha messo tanto di suo, abbiamo lavorato a quattro mani e lui è stato super paziente. Ha capito cosa volevo, abbiamo fatto tanta ricerca insieme e cambiato tante cose che non andavano. Lui mi ha dato una grandissima mano.
La perla del disco per me è il pezzo con DANNO perché è un sogno che si realizza. Non pensavo avrebbe mai accettato di fare una canzone con me, anche perché arriviamo da due mondi molto diversi, invece la canzone gli è piaciuta un sacco. Dopo che gli ho mandato il pezzo ci siamo conosciuti e ha voluto sentire tutto il disco. Si è super fomentato per tutto il progetto e per me è stata una soddisfazione gigante: quando uno dei tuoi idoli si complimenta fa specie e dà tanta soddisfazione.
Poi ho collaborato su un paio di pezzi con un’autrice e cantautrice, che è Viviana Strambelli. Anche lei mi ha dato una grande mano dal punto di vista della scrittura. Abbiamo fatto delle sedute assieme dove mi ha dato degli input fondamentali.
Prima parlavi di unire mondi diversi. È bello unire mondi diversi e penso che il tuo progetto ci riesca molto bene.
Sì, infatti le collaborazioni sono super belle quando riesci a unire più mondi.
Questo disco è un po’ nomade come sono io, nel senso che ci sono tantissime influenze dentro. Quando mi chiedono che genere è non so rispondere, perché ha un sacco di influenze. Sicuramente rientra nel pop perché è sempre formato canzone, però c’è l’elettronica, la black music, la psichedelia, l’hip hop; è molto zingaro questo disco [ride, nda].