di Edoardo Biocco.
Tutti attraversiamo quella fase nella vita in cui cerchiamo un’identità, quella fase incerta fatta di dicotomie e false certezze ma soprattutto di tanta alternanza fra modi di essere e stati d’animo. Se quello di definirsi è un processo davvero lungo e spesso doloroso per un individuo, può risultare senz’altro interessante se si parla della nascita di una personalità musicale come quella degli Enjoy The Void: gruppo di Sapri alla sua prima apparizione discografica (che però ha richiesto circa tre anni e mezzo di gestazione) con l’omonimo album in uscita nel 2018. Il disco in sé è godibile ma forse soffre un po’ troppo il lungo lavoro che ne ha logorato l’unità complessiva, quasi come se le idee progettuali invece di evolversi armonicamente, siano state messe una accanto all’altra in una sorta di collage di buoni spunti, sembrerebbe che il gruppo non abbia saputo bene come gestire un’idra dalle troppe teste, di cui ognuna appare come il percorso valido da imboccare ma non abbastanza da essere sviluppato del tutto. Assistiamo alle accelerazioni improvvise tipiche di un rock duro seppure con punte a volte ingenue o acerbe, affiancate da momenti soft e intimi, molto ben eseguiti ed ispirati utili a inframezzare e variare l’ascolto anziché effettivamente aggiungere un tassello ai brani dell’album, e senza posa la presenza in qualche modo inaspettata di tracce funky sparpagliate qua e là. Forse uno degli elementi che mancano a questo lavoro è proprio una sorta di ordine, una forza in grado di tenere unite le redini dei tanti generi che si aggiungono uno all’altro rischiando di spaesare l’ascoltatore.
D’altra parte un passo fondamentale nella scoperta della propria identità è quello di essere in grado di compiere delle scelte che rappresentino al meglio ciò che si vuole esprimere, probabilmente gli Enjoy The Void dovranno iniziare a fare altrettanto se vogliono trovare loro stessi e darsi un ruolo nel rutilante mondo della musica.