– di Martina Rossato –
Esce oggi per Aloha Dischi “Salva”, il nuovo album del cantautore romano Emilio Stella. Nel disco (che era stato anticipato dall’omonimo singolo) si uniscono varie sonorità, dal folk al reggae, dal rock al rap. In un’epoca come quella attuale, in cui tutto viaggia e scompare alla velocità della luce, queste undici tracce fanno da monito per ricordarci di salvare le piccole cose che contano. Un disco profondo, in cui le forze della natura sono protagoniste, e reso ancora più interessante dalle collaborazioni con Simone Cristicchi, le Bestierare e Frances Alina.
“Salva” è molto diverso dai precedenti lavori di Emilio Stella, che ho avuto il piacere di intervistare.
La prima traccia del disco è “Salva”. Può essere considerata riassuntiva dell’intero lavoro?
Sicuramente sì. La considero il portale di accesso all’album sia dal punto di vista tematico perché mette al centro l’importanza di salvare, preservare le cose a cui teniamo di più, sia dal punto di vista musicale dato che tengo molto alla collaborazione con Simone Cristicchi, che partecipa al brano, come a tutte le altre che ci sono nel disco.
Nell’album ho trovato molti riferimenti ad elementi naturali, ad esempio un brano è dedicato al mare. Si può dire che quando hai scritto le canzoni sentivi molto presenti le forze della natura?
Esattamente. Da circa tre anni mi sono trasferito a vivere al mare. Ce l’ho davanti agli occhi ogni giorno e questo moto perpetuo è un po’ come me. A volte calmo, a volte agitato. Si muove di continuo anche quando sembra fermo. In tutto l’album le forze della natura mi hanno ispirato. Ho cercato di rimettermi in contatto con ciò che siamo essenzialmente. Anche l’essere umano è una forza della natura, anche se spesso ce lo dimentichiamo e assomigliamo più a delle macchine che a delle anime.
Nel disco si alternano mood e sound diversi, ma nel complesso mi sembra piuttosto estivo. Qual era la tua idea? Che sensazione volevi trasmettere?
I mood e i sounds diversi vanno di pari passo con il mio umore e con quello che cerco di trasmettere nelle canzoni. Non c’è tanto ragionamento nella fase creativa. I pezzi sono semplicemente il risultato di ciò che sono e sento in quel momento. Sicuramente di voluto c’è il fatto di evidenziare il bello, di esaltare il bene per poterlo salvare, come le piccole cose, che sono le più difficili da vedere ma le più importanti.
Una delle canzoni è dedicata a tua figlia: quanto del te “papà” c’è in queste canzoni?
La canzone per mia figlia è nata quando era ancora nella pancia. A dirla tutta mi sembra anche non corrispondente alla realtà dire che la canzone sia nata da me. Ho provato un’emozione strana, una sensazione come se la canzone fosse già nell’aria. L’ho dovuta solo cogliere e trascrivere. Nell’album il me papà è presente solo in “Una Stella Viola”. Le altre, a parte “Mare” le ho scritte tutte prima.
Quali nuove consapevolezze pensi di aver raggiunto ultimamente e come le hai volute raccontare nel disco?
La nuova consapevolezza che ho raggiunto è che da qualche tempo ho cambiato punto di vista nel modo di vedere la vita. Mi spiego meglio: se prima vedevo l’immondizia accanto a un fiorellino, guardavo l’immondizia e dimenticavo il bello. Oggi voglio raccontare quel fiorellino. Non a caso l’immagine di copertina dell’album è una piantina che germoglia nella sabbia, dove apparentemente non potrebbe sopravvivere e invece compie il miracolo.
Nell’album ci sono delle collaborazioni: quanto ha influito lavorare con altri artisti sulla riuscita complessiva di “Salva”?
Ha influito molto in maniera positiva. Nello specifico “Consumatore”, che era una canzone incompleta, chiedendo alle Bestierare di scriverci dei versi, ha assunto un’identità che non avrebbe mai avuto se l’avessi scritta da solo e probabilmente è stata salvata dal cassetto di casa. La musica è condivisione e da questa esperienza mi sono aperto moltissimo ad altre collaborazioni.
È un disco nato di getto come flusso di (in)coscienza o particolarmente meditato?
Prevalentemente di getto nella scrittura e un po’ più meditato nella musica.
In che modo pensi sia diverso dai tuoi lavori precedenti?
Non ci sono canzoni in dialetto. Non ci sono fisarmoniche e suoni troppo tradizionali. Direi che è più etnico, contaminato. È un mix di tutto ciò che mi piace musicalmente e che in passato non sono riuscito ad esprimere appieno.
Ti faccio un’ultima domanda: “Se l’amore è amore vorrà dire qualche cosa” mi ricorda un po’ Venditti. È un richiamo voluto?
Non ci avevo pensato! No, non c’è nessun richiamo voluto ma è interessante che tu ci abbia pensato, grazie mille!