Disco di nostalgia e di tramonti, disco di un folk italiano d’autore che al pop chiede sostegno, che alle routes americane chiede riparto (e non è un caso che il Boss viene coccolato sotto traccia)… è un disco che quando smette di cercare dinamiche radiofoniche sprigiona una potenza lirica ed estetica davvero interessanti. Edoardo Cerea torna in scena con un disco dal titolo “La lunga strada” (anche il titolo come la copertina non scherzano in quanto a visioni romantiche). Il cantautore piacentino certamente sa bene di stare fuori tempo massimo per un genere di musica che ormai non parla più la lingua della società. Eppure certi dischi non smettono di avere fascino anche perché si fa divieto quasi assoluto al suono di uscir fuori dai computer e quel che resta è il focolare intimo di un uomo che mette a nudo fragilità e illusioni, stupori e delusioni. E allora prima di tutto, se potete, ascoltate i due momenti topici del disco che per me sono “Tienimi un posto nei tuoi pensieri” e poi, quasi in chiusa, “Non credo che ti rivedrò”. Partite da qui per il primo ascolto di questo disco per capire quanto preziosa è la musica di un uomo quando si fa sincera e priva di truffe e inganni. Sono brani questi sporchi di tutto quel fango e sudore raccolto sulla lunga strada che, come title track del disco, convince ma non stupisce devo dire. In generale il disco un poco si perde quando cerca il rock, forse proprio per una voce che nella timbrica riconduce più un accoglienza intima che una rabbia energica di intenti. E con la mente rivado indietro a quei “Ragazzi del 2020”, che non a caso ha celebrato, per me, il momento di voce e di espressione più alto per il cantautore piacentino.
Anche sui video spendo due parole velate di grigiore: perché anche su questo lato il progetto sembra carente avendo restituito alla rete soltanto cose “antiche”, come accadeva un tempo. E allora, se proprio vogliamo mettere in scena una band che suona, magari lungo un tratturo di campagna o dentro una parete di qualcosa che somiglia ad uno studio, almeno svecchiamo il tutto cercando soluzioni meno amatoriali… e ci vuol poco secondo me. Ma archiviato questo direi che tra tutti, “Incallito Sognatore” è il migliore dei momenti rock del disco anche perché pettina tematiche a me care ogni giorno. Siamo tutti sognatori incalliti, abituati a tutti, a pettinarci scuse per cadere in piedi in questa ordinaria abitudine (anch’essa) a dover sopravvivere, anzi a vincere, quanto meno nelle illusioni.
Edoardo Cerea e questo disco “La lunga strada” merita numerosi ascolti anche perché alle liriche restituisce il compito di non essere scontate ma neanche distanti anni luce dal linguaggio quotidiano… bella la figura di un ragazzo con il mondo a portata di mouse… e ora che l’estate arriva direi che metter su questo disco per pettinare i tramonti di un qualche viaggio in macchina penso sia il giusto corredo al tempo che stiamo vivendo.