Due Minuti d’Odio è un nome abbastanza lungo e curioso. Certo è che nella scena italiana ultimamente di band curiose ne sono apparse tante, e non sarà certo la band di Napoli in questione ad avere il titolo di più eccentrica. Il nome della band in questione non è una pratica consigliata per sfogare lo stress giornaliero, bensì un riferimento colto all’opera 1984 di George Orwell, dove appunto, vi erano due minuti d’odio obbligatori. A dire il vero della pellicola di Micheal Redford, o dell’opera di Orwell, all’interno di Rovinati sembra esserci un po’ poco. Cristiano, voce e autore della band, scrive con coscienza del nostro secolo e della realtà. Non solo. Nei testi dei Due Minuti d’Odio oltre l’impegno politico, c’è anche una vena esistenziale che vuole rappresentare e dar voce alla disillusione e all’oppressione psicologica che vive l’individuo nella nostra società; una società che chiaramente risente di ipocrisie, modelli confezionati e ingiustizie. Purtroppo però questa è l’intenzione, ma è nei fatti che la band sembra perdersi un po’. Ascoltando i primi brani infatti, non percepiamo immediatamente gli intenti politicizzati, e non per colpa della musica, che tutto sommato nei riff si mantiene melodica come il canto, quanto proprio per il modo di esprimersi. I messaggi dei Due Minuti d’Odio sono troppo vaghi e si perdono in loro stessi e nei loro concetti troppo generici. Non riescono quindi a coinvolgere. Non è banalità, ma piuttosto mancare il punto, a volte anche troppo. Ed è questo che rende Rovinati un album poco incisivo, le cui canzoni ci scivolano addosso troppo facilmente. Riesce comunque a regalare qualche sorpresa: Rovinati e Già il Tempo ad esempio, che sono nell’album i brani più lenti e passionali, riescono a combinare musica e testi con risultati piacevoli. Canzoni invece come Veleno e A Picco Sotto i Piedi riescono ad esprimere in maniera più chiara e diretta il proprio contenuto politico. Non si può scindere il discorso che riguarda la musica con quello dei testi. Sono infatti collegati nella maniera in cui il canto melodico faccia a pugni per trovare posto nel pop rock dei Due Minuti d’Odio. Non troppo grave, non è una cosa del tutto nuova, ma ogni tanto sembra che le due cose non trovino il rispettivo equilibrio. Ciò che invece musicalmente è veramente sacrificabile. sono gli effetti elettronici all’inizio dei brani o nei ritornelli, che spesso hanno un suono ricollegabile alle suonerie dei cellulari e di per se non aggiungono nulla. È evidente che come album di esordio sia stata una prova leggermente opaca, ma che ha comunque tirato fuori un metallo grezzo. Sta quindi ai Due Minuti d’Odio riuscire a servire un piatto più saporito e succoso sulla scena musicale, senza perdere l’impegno politico, ma anzi, riuscendo a mandare messaggi diretti ed efficaci. Come dicevano gli AC/DC “It’s a long way to the top”.
Davide Cuccurugnani