I Disturbo della Quiete Pubblica sono stati l’ultima buona sorpresa lasciata dal 2016, dopo essersi portato a presso volti leggendari del mondo musicale. Ci bastano pochi secondi per capire subito che la band ha idee molto chiare e influenze ancor più evidenti: a sorreggerli una solida base di punk tradizionale adeguatamente svecchiato con diverse influenze e suoni che delineano uno stile molto personale.
Chiamo la Polizia è l’album d’esordio della band, che offre una scaletta di dodici brani che devono molto ad una registrazione in studio incredibile, capace di gestire perfettamente un suono volutamente sporco senza che si trasformi in rumore incomprensibile; potremmo quindi dire che sporco sì, ma fatto come si deve! Sebbene ogni canzone abbia una struttura musicale propria, il sound complessivo ricorda a tratti Ramones, Devo o perfino i Television. Queste influenze però formano solo lo scheletro dell’intero album, dato che per ogni brano i Disturbo della Quiete Pubblica rimescolano le carte in tavola ed offrono sempre qualcosa di nuovo per l’ascoltatore. Diverse incursioni di strumenti diversi, quali mandolino, organo o kazoo e sopratutto un outro inaspettato che chiude più che dignitosamente il lavoro. Capaci quindi di una maturità musicale non certo virtuosistica ma indubbiamente interessante, aprendo con un valido esordio che saprà accontentare una larga parte di pubblico anche di esigenze diverse.
La nota dolente viene per quanto riguarda i contenuti. Chiamo la Polizia si tiene esclusivamente su una linea comica, nonsense e delirante che nel complesso risulta abbastanza deludente, non in sé per sé, ma in quanto poco interessante e alla lunga anche abbastanza scontata. Siccome brani come Ftia e Caro Vicino dimostrano una capacità di scrittura più complessa di quella dimostrata lungo tutto l’album, lascia un po’ di amarezza sentire la solita comicità nonsense tutta estetica e priva dello spessore che meriterebbe o, per meglio dire, del senso che in realtà dovrebbe nascondere e portare con sé. Per questo brani come La Lontra e Brutte Cose risultano piuttosto fuoriposto e abbastanza dimenticabili, per quanto tecnicamente deliziose.
Appurato quindi che sia un ottimo esordio per una band così giovane come i Disturbo della Quiete Pubblica, non resta che augurarsi un ulteriore crescita, mantendosi però su questi binari stilistici che finalmente riportino in voga vecchi sound immortali!
Davide Cuccurugnani