– di Angelo Andrea Vegliante –
Forte della sua partecipazione a Sanremo Giovani 2018, venerdì 24 maggio Diego Conti è tornato in radio e nei digital store con il singolo “Supersonica”, prodotto da Mark Twayne (su etichetta Rusty Records/Richveel – edizioni musicali Rusty Records/Thaurus Publishing/Promopressagency), che anticipa il disco d’esordio di prossima uscita.
L’artista frusinate, dopo il suo primo EP “Evoluzione” e il recente brano “Per l’ultima volta”, pubblica una canzone che, attraverso la metafora del volo, racconta le traiettorie, i prospetti e le prospettive dei nostri giorni e di quel “momento irripetibile, oltre il pericolo della realtà, dove le persone più responsabili non si spingono mai”.
È uscito il tuo nuovo singolo, Supersonica. Cos’hai racchiuso all’interno del pezzo?
“Supersonica” è una canzone per gente che sogna. Ognuno di noi deve avere il coraggio di rendere il proprio futuro unico e irripetibile, superando il pericolo della realtà, quella che viviamo tutti i santi giorni e che è spesso difficile, omologata e pessimista. È una visione adrenalinica, magica e sfrontata di chi non si accontenta della normalità. Tutti dovrebbero scegliere di sognare la propria vita Supersonica.
C’è un tratto distintivo del pezzo che mi piacerebbe sviluppare: mi sembra che, tramite questo brano, tu voglia arrivare all’istante all’ascoltatore, correggimi se sbaglio. Nel caso in cui fosse così, quali sono le caratteristiche (almeno le tue) che permettono a un artista di coinvolgere pienamente il pubblico?
Nei testi, ma anche nelle melodie, sono sempre molto diretto, non uso tanti giri di parole o metafore auliche, cerco di mettere in ogni verso un’immagine chiara e terrena di quello che voglio esprimere. È così che mi piace comunicare. Se ho una cosa da dire, la dico senza nessun filtro come è stato in “3 Gradi” e negli altri pezzi del mio Ep “Evoluzione”. Credo che il mio approccio rock derivi dal carattere che mi ritrovo: tormentato e impaziente.
Hai davanti a te una bilancia: in un estremo c’è “volare”, nell’altro “tieni i piedi per terra”. Cosa scegli di caricare di peso?
Scelgo “volare”. È una sfida vincere la forza di gravità e staccare la propria anima da questo nostro involucro, fatto di ossa e vestiti. Tutto questo accade ogni volta che scrivo, ogni volta che canto su un palco, ogni volta che mi innamoro di qualcuno o di qualcosa. È come una droga che fa bene, sogno l’overdose.
Dall’EP Evoluzione ad oggi: com’è evoluto artisticamente Diego Conti?
Con l’Ep “Evoluzione” è nato il mio genere musicale, frutto di mesi di lavoro in studio con il producer Mark Twayne; io e lui abbiamo deciso di chiamare il nostro stile “cross pop”: con cross ci riferiamo a un incontro tra suoni diversi, dati dalle chitarre elettriche molto rock, basi e ritmiche trap, melodie pop. Nell’evoluzione che mi sta portando alla realizzazione del mio primo disco voglio continuare a contaminare. Il “cross pop” è una visione di vita di chi crede in un futuro meticcio. Già in passato l’incontro tra popoli di culture differenti è sempre stato un momento di grande condivisione e di bellezza. Siamo l’unione di tante cose.
Sei reduce da due esperienze musicali molto importanti, tra Sanremo Giovani e X-Factor. Tuttavia, capita sovente che le persone associno il nome di un cantante al programma televisivo per il resto della vita. Perciò, senti una sorta di etichetta che appesantisce il tuo percorso artistico?
Non sento nessun peso e nessuna etichetta, tantomeno rinnego le cose che ho fatto negli ultimi anni che ho sempre svolto con estrema verità. Un approccio sincero alla musica, in questo lavoro, fa la vera differenza. Il resto è frutto delle esposizioni mediatiche.
Tu fai parte dell’insieme della musica emergente. A tuo avviso, che stagione sta vivendo il vivaio musicale italiano?
Siamo nel Rinascimento. Negli ultimi anni stanno uscendo bei dischi e si stanno affermando tanti artisti e autori interessanti, sia dal mondo indie che del panorama hip pop. È bello percepire come la canzone stia avendo di nuovo una grande importanza.
Ultimamente, ho notato che il numero di artisti che si approccia alla musica è aumentato a dismisura. E’ un bene o un male?
Oggi canta anche chi non canta, chi fino al giorno prima faceva tutto un altro mestiere. Bene o male che sia, per fortuna ci sono la selezione naturale e il pubblico che decide.
C’è chi dice che “la musica di prima era meglio”, screditando quindi la musica attuale. Cosa ne pensi?
La musica di prima era bella, se penso a Led Zeppelin, Lucio Dalla, The Beatles, Bob Dylan, Battisti e tanti altri, e prima ancora Bach. È difficile affermare che non sia stata la musica più bella presente sul pianeta terra. Ma non per questo bisogna screditare quella contemporanea, che è diversa, è cambiata come è cambiata la società ma lo scopo è lo stesso, è in continua evoluzione e questa è una fortuna.
Possiamo già parlare di un tuo futuro album?
Prossimamente uscirà il mio primo disco prodotto da Mark Twayne sotto le etichette Rusty Records/Richveel ed edizioni Thaurus Publishing/Rusty Records. L’album conterrà i brani già presenti nell’Ep “Evoluzione” e altre canzoni inedite.
Ultima domanda, tornando un po’ al principio ‘supersonico’ del tuo pezzo: secondo te, oggi, la musica è così liquida da essere prodotto, prima che arte?
Il livello di fruibilità che la musica ha raggiunto tramite piattaforme come Spotify è un bene. Penso così agli aspetti positivi, come la facilità di ascoltarla ovunque e in qualsiasi momento. Che sia più o meno considerabile prodotto o arte, secondo me dipende esclusivamente dalla Musica stessa, quando è vera la riconosci subito, e viceversa.