Ritroviamo Giuseppe Vitale, lo ritroviamo dentro i consueti panni firmati da DEUT, figura che si conferma ancora in un equilibrio armonico e romantico tra quel pop di chiara facciata inglese, compatto, urbano quasi a sfoggiare un retrogusto new-wave… e il folk più delicato, acustico, di rimandi che somigliano a Damien Rice. L’incontro scontro tra queste due facciate è un nuovo disco dal titolo “From the other Hemisphere” che ci ricorda quanto sia importante accogliere tutto nel nostro punto di vista quotidiano. La musica italiana che sempre più cerca altro oltre i suoi confini…
È tempo nuovo per tanti… per Deut che tempo è? Te lo chiedo perché in questo bellissimo disco non capisco se trovi pace nel passato o nel futuro…
Direi che non c’è pace, non per pessimismo, più per onestà. Almeno in questo disco… per me è tempo di cambiamenti importanti a livello personale, mescolati ai cambiamenti sociali e culturali che tutti viviamo. Ma il cambiamento è vitale, smuove e, nel bene o nel male ci permette di sentire e di sentirci. Mi sto accorgendo che molte persone non cambiano spesso e soffrono, sedendosi sulle proprie realtà. Non lo dico per giudicare perché è capitato anche a me.
Moltissime scritture vivono di arrangiamenti intensi, di improvvisi cambi di rotta, di scenari… mi fa molto pensare a Daniel Blumberg…
Ammetto di non conoscere Daniel Blumberg e che lo sto ascoltando proprio ora mentre scrivo… che qualità! Mi ricorda la voce di Anthony La Marca, che adoro.
Ho masticato troppo progressive rock, perciò pur mantenendo una dichiarata vena pop cerco di sfogarmi negli arrangiamenti. Genericamente lascio entrare più generi possibili, almeno nelle mie orecchie.
Parlando di emisferi altri… il tuo altro emisfero qual è?
L’emisfero di cui parlo qui è quello che mi sono negato, che molti ci neghiamo. Viene dall’inconscio e ogni tanto lo si incontra nel sogno.
Per descriverlo uso una sorta di scrittura automatica che mi permette di non pensare a quello che dico, mi riesce con l’inglese. L’emisfero musicale italiano è razionale e pesante. In generale è con la musica che accedo a questo emisfero, è forse il suo potere. Non ne ho la pretesa, ma credo che se si arrivi al fondo di queste stanze si riesca a parlare di cose universali.
E questa vicinanza al pubblico che ci regali, poi perché la “rompi” con brani decisamente più figli del “rock”?
Ho sentito la necessità di spingere un po’ più in là il tiro che volevo dare ai suoni, perché anche nella prossimità si può essere duri. C’è dell’energia, per me ancora compressa, quasi punk… lo ammetto, perché so da dove viene. Il periodo di scrittura (e di vita) è stato carico di violenze e frustrazioni che da qualche parte dovevo mettere. L’ho rotta per contrasto, adoro gli opposti quando si incontrano.
E questo video ufficiale? Si gioca a “scacchi” con se stessi? Con l’altro emisfero di sé?
Proprio così. Ed il buono non è il buono, così come il cattivo non è il cattivo per davvero. Non si vince niente in guerra, soprattutto con se stessi.
Come dice Whitman, contengo moltitudini, che si scontrano e si contraddicono spesso, spesso portano a stalli alla messicana.
Chissà in quante parti sono divise le nostre “sfera”…