“Hotel Souvenir” è l’ennesima fatica di Dente, cantautore di Fidenza che con questo disco annuncia il ritorno nell’etere ma anche sui palchi, con un tour che lo vedrà protagonista in alcune fra le venue più importanti del nostro Paese.
– di Roberto Callipari –
È un album in cui c’è tanto, nei contenuti e nella musica, che cerca il proprio spazio in un cantautorato onesto e sincero ma che comunque vuole essere moderno e fresco.
Per la produzione, Dente si affida a Federico Nardelli, ormai grande certezza del pop italiano (ne sanno qualcosa Colapesce e Dimartino, che due volte su due a Sanremo l’hanno voluto come “accompagnatore”). Unite le sue produzioni al mondo immaginifico del cantautore di base a Milano, ne esce un prodotto che può essere definito versatile, trasversale, in grado di parlare a più generazioni di amanti della scena indie/itpop italiana senza mai risultare fuori contesto.
Ne è un chiaro esempio la lista di featuring che appaiono in questo lavoro: Selton (anche se ben nascosti in Allegria del tempo che passa), Giorgio Poi, Colapesce e Dimartino per gli aficionados di lunghissimo corso, ma anche VV, Ditonellapiaga, Fulminacci e i Post Nebbia, con quest’ultimi già presenti in uno dei singoli estratti, “La vita fino a qui”.
Un disco che parla a tutti, quindi, ma che parla soprattutto a e di Dente, che si prende sul serio quando non gioca (per dirla come la direbbe lui). Dente sa scavare nel suo passato per trovare una malinconia che è solo uno scherzo sfuggito di mano, un gioco bellissimo ora rotto che narra solo la storia delle risate che erano e che in quanto storia, ormai, non è più in grado di intaccare il nostro presente.
Ed è forse questo l’aspetto più interessante del lavoro di Dente: sa come scherzare con se stesso, sa che certe volte mostrare le proprie debolezze (quelle umane, quelle di tutti) è quanto di meglio per avvicinare a sé un ascoltatore che, di tanto in tanto, non ne può proprio più dei pontificatori e dei sermoni. Così Dente cambia spesso registro, fra il mesto e il malinconico, ma sempre e solo nei termini di una sensazione rappacificatrice con il proprio passato, senza, perciò, perdere mai di vista ciò che lo circonda con una risata che spazza via ogni ombra. Svicola allora da questo a quel luogo della propria mente, disegnando un tappeto ovviamente narrativo, ma anche sonoro, di volta in volta sempre diverso, a seconda di quale sia il mood del brano: chitarre sporche una volta, synth giocosi e spensierati un’altra, ma anche momenti di profonda dolcezza e introspezione con archi sapientemente arrangiati e suonati.
Un’opera che parla tanto al pubblico di Dente, che lo porta in dialogo con l’autore per quei posti della sua mente (tanto dell’ascoltatore quanto dell’autore) non sempre visibili o frequentati, anche magari strizzando l’occhio ogni tanto ai lavori precedenti, in una dimostrazione di un’identità forte, sempre uguale a se stessa, con tutti i pro (e qualche contro) dell’essere una delle penne più riconoscibili del panorama alternativo italiano.
Ecco forse perché l’ascolto non è sempre così semplice: forse proprio perché scendere così tanto nell’intimo di un personaggio non è così immediato (e probabilmente non deve nemmeno esserlo), cosa ancora più difficile se ci si avvia per vie ignote senza una guida o una direzione prestabilita. Va prestata allora la giusta attenzione all’ascolto di qualcosa di così pensato e suonato.
Perché Hotel Souvenir è anche e soprattutto un lavoro onesto, di richiamo alla normalità, alla possibilità del normale e di una vita normale, che troppo spesso sembra così noiosa e banale ai nostri occhi. Disillusione e ironia sono allora, forse, le parole chiave per arrivare e comprendere al meglio l’intento di un lavoro che non nasconde nulla, se non la voglia di essere suonato dal vivo.
Abbiamo modo di ascoltare un lavoro composito, strutturato e consapevole, come comunque ci saremmo aspettati da un autore con la sua esperienza.
Scrivere è un talento, ma anche una palestra che Dente frequenta abitualmente ormai da anni con dischi che sono diventati pezzi importanti (se non storici) di un genere.