– di Martina Rossato –
Emanuele Cogoni, in arte demoncandy, è un ragazzo di vent’anni dal look particolare e una grande voglia di fare della musica la sua vita. Il 27 agosto è uscito per Polydor/Universal Music “ANSIA SOCIALE”, il suo nuovo singolo. Il brano è uno sfogo personale nei confronti di tante delusioni amorose, ma soprattutto un invito a non condannarci per i nostri sbagli, perché fare degli errori è normale.
Abbiamo parlato con demoncandy del suo nuovo singolo e della sua esperienza con la musica.
Ciao Emanuele! Come stai?
Bene! Svegliarmi la mattina è sempre un po’ traumatico, ma sto bene!
Comincerei parlando di “ANSIA SOCIALE”. È il tuo nuovo singolo, ed è anche il primo che pubblichi per Polydor. Come ti senti a proposito?
Sincero, benissimo! A livello generale, per come abbiamo lavorato, per quello che abbiamo fatto. Ho sentito di essere stato davvero valorizzato e preso in considerazione. Prima d’ora non mi sentivo molto preso in considerazione, anche perché ho sempre lavorato da solo.
Di cosa parla “ANSIA SOCIALE”?
Diciamo che in “ANSIA SOCIALE” non intendo parlare proprio di ansia sociale in senso stretto. Nel pezzo parlo di altro, ad esempio dei comportamenti che tendono ad essere attuati da altre persone per colpa di quest’ansia sociale. Il titolo si riferisce a quello.
Quindi c’è una storia autobiografica dietro?
Sì, sicuramente. La storia che c’è dietro però non riguarda tanto l’ansia quanto piuttosto una delusione amorosa. È uno sfogo personale che potrei definire come rivincita nei confronti di esperienze non proprio bellissime che ho passato.
E l’ansia invece che ruolo ha nella tua vita musicale?
Io credo che la musica serva a combattere l’ansia. Se c’è una cosa che mi aiuta un sacco a non avere ansia è fare musica. In realtà, la musica mi aiuta davvero in tutto, soprattutto a tirarmi fuori. Io sono una persona molto chiusa e timida. Nel momento in cui salgo su un palco o scrivo – quando devo essere demoncandy insomma – è tutto un altro discorso. Emanuele soffre di ansia sociale, demoncandy no.
Da quanto tempo la musica fa parte della tua vita?
Canto dal 2016, quindi da quando avevo 16 anni. La musica mi ha sicuramente aiutato a migliorare aspetti della mia persona. Ho cominciato a cantare per far vedere che ce la posso fare, che non mi faccio abbattere facilmente. Penso che soprattutto all’inizio, facessi musica per i miei genitori, per i miei migliori amici. Non voglio che la mia musica sia un “flexing” verso il nemico, ma lo faccio per aiutare chi ho vicino.
Quali sono le situazioni in cui ti senti più a tuo agio nel mondo della musica?
Nei live. Ora è tanto che non suono, ma non mi è mai capitato che andasse male un live. Sopra un palco sono nel mio habitat naturale. Ho fatto un po’ di esperienze live anche prima del Covid perché sono andato ad ogni evento, organizzato da amici o non, a cui sono stato invitato. Posso dire di aver fatto tante piccole esperienze dai centri sociali ai localetti.
Di dove sei? Come si vive la musica nella tua città?
Sono di Cecina, in provincia di Livorno. Qui l’ambiente non è molto favorevole alla musica in realtà. Cioè, magari qualche artista c’è anche, ma a livello di studi, di impostazione mentale delle persone, nella mia zona zero. Secondo me nessuno è impostato nella giusta maniera: la musica rimane troppo un hobby, e va bene, ma qui funziona proprio che si va una volta al mese in studio, a fare una canzone a caso e la cosa finisce un po’ lì.
E per te la musica è solo un hobby?
Per me la musica è tutto. Mi sto dedicando praticamente solo a quella e in particolare al mio album. A livello generale, in quanto essere umano, vedo la musica come qualcosa di necessario per il mio sviluppo e la mia vita.
Quindi ti sei dovuto spostare da Cecina per inseguire il tuo sogno di fare musica?
Sì, è per questo che vado spesso a Roma. Quello che ho visto in città più grandi, come Roma e Milano, è che la gente crea connessioni. Ci si collega e ci si aiuta a vicenda. Questo non capita dove abito, qui le persone si tirano molto indietro. È molto più difficile trovare lo stesso genere di persone che si trovano in città. Infatti è dal 2018 che non ho mai smesso di spostarmi per fare musica. Sono andato a Roma, Torino, Milano. Di solito incontro gli artisti e produttori che conosco online.
Come hai conosciuto Matteo (Mr Monkey)?
Musicalmente lo conoscevo già prima, poi è venuto questo pensiero coi manager di DOOM. Siamo praticamente coetanei, quindi lavorare con lui è stato figo anche umanamente. Ci siamo molto sulla stessa wave e a livello mentale mi sento tanto vicino a Matteo. Non siamo ancora andati a cena insieme, ma è nata una bella amicizia [ride, ndr].
Ti vorrei fare una domanda sull’aspetto estetico: hai un tuo look molto particolare, è una scelta artistica o personale? Insomma: è il look di demoncandy, di Emanuele oppure di entrambi?
Ti direi di entrambi, nel senso che a Emanuele piace essere vestito così e ci ha messo anni per trovare il suo modo di vestire. Siamo sempre sul discorso dello sdoppiare personalità e persona artistica. demoncandy vuole essere vestito così, senza risultare cringe e anche ad Emanuele piace questa cosa.
Tornando a noi, mi dicevi che stai lavorando ad un album
Sì, ho un po’ di brani pronti, cioè… pronti pronti no. Ci sto lavorando, ho delle demo.
Cosa vorresti ricevere dal mondo della musica in futuro?
Connessioni, altre connessioni, tantissime connessioni. Mi piace conoscere gente ed essere conosciuto. Sarà un po’ scontato, ma mi piacerebbe trovare tante amicizie.
Invece non è scontato! Tantissimi si buttano nel mondo della musica pensando solo a se stessi.
Ma che penso a me stesso è ovvio, però nel mezzo non posso prescindere dai rapporti umani. Poi è normale che ci siano degli obiettivi preimpostati, tipo fai questo fai quello, ma penso che il mondo della musica possa darmi anche altre migliaia di cose belle. Poi certo che egoisticamente voglio 100mila persone sotto al palco che urlino i miei pezzi, ma c’è anche altro.
Ora voglio pensare al mio album e a fare live, non desidero altro – a parte trovarmi un lavoro [ride, ndr].