Antonio Michelangelo Del Gaudio, in arte Delga, bolognese che esordisce con un disco dal titolo esteticamente accattivante: “Super Fluo”. Un gioco di parole che pone le basi concettuali di tutta l’opera. Un indie pop, molto rock, molto “fluo”, molto glam… e la sua bandiera “politica” si ribella alla futilità di questi anni zero: “Questo disco è nato dalla necessità di ribellarsi al senso di futile liquidità che minaccia me e la mia generazione”. “Super Fluo” si gioca carte davvero molto interessanti nel dialogo di questo nuovo panorama indie-pop italiano. Sfoggia personalità rock dentro soluzioni assai classiche per non dire storiche in alcuni casi.
Glamrock, bit anni ’90, indie rock e anche qualche bella deriva progressiva, senza eccedere troppo in questi termini sia chiaro… che razza di disco è “Super Fluo”?
“Super Fluo” è un album interamente composto da potenziali singoli. Non ci sono filler o interludi, ogni traccia è concepita per essere indipendente dalle altre: ho voluto seguire quest’idea perché mi piacciono tantissime cose, e volevo dimostrare a me stesso di essere in grado di racchiuderle tutte in un progetto solido, senza fronzoli. Se “Super Fluo” fosse un cane sarebbe un bastardo di sicuro.
E per te il “fluo” cos’è in realtà?
Il Fluo è la consapevolezza della propria unicità. Tanti sono come noi, ma nessuno è te stesso. Questo pensiero mi ha salvato più volte.
E tanta anche la critica sociale. Bellissimi i momenti di stacco dentro cui ci dici “Non sei superfluo”… bella la chiusa robotica di una macchina che ci invita al controllo. Insomma la distopia Orwelliana impera sempre…
Purtroppo sì, ma non deve imperare. È proprio questo l’auspicio che viene offerto alla fine dell’album: ognuno di noi è il frutto di tutte le più insignificanti decisioni prese nel corso della nostra esistenza. Noi siamo Dio, e Dio è la nostra versione perfetta, senza margine di errore, come una macchina, appunto. Noi non saremo mai la nostra versione perfetta, ma per essere felici possiamo provare ad esservi sempre più vicino.
E tornando al Glam, perché una copertina così di “moda”?
Perché in fondo mi piace la velleità. Mi piace apparire desiderabile.
E perché questo rosa shocking…?
Parlando dell’artwork, l’idea nasce dall’idea del contrasto tra ciò che è grezzo e ciò che è morbido e curato. Il chiodo che indosso, il sudore, l’odore di muffa delle sale prove dove ho passato l’adolescenza sono elementi grezzi a cui sono molto legato. Per contro, il rosa in cui sono immerso, il palloncino che sto per mordere e il font del titolo sono elementi che preludono ad un contenuto non solo croccante fuori, ma anche morbido all’interno.
Cos’è davvero SuperFluo per te oggi?
Questo disco l’ho fatto solo per la promessa di suonare dal vivo, che è una delle cose che mi fanno stare meglio al mondo, e per cui sento di avere una naturale predisposizione. L’unico momento in cui mi sento davvero di essere nel posto giusto è quando sto facendo un concerto. Spero di riuscire a suonare il più possibile.