Ha usato il vecchio nome etrusco di Bologna per dare un titolo al suo disco. “Felsina” dunque è l’opera in piano solo del compositore americano – ormai di stanza nel capoluogo emiliano – David Salvage. Disco di ben 25 composizioni brevi che ci portano a spasso per la città e dentro le pieghe delle sue meraviglie non solo architettoniche ma anche spirituali, se ne respira l’aria che, visti i colori, sembrano ovviamente autunnali. I silenzi come le dinamiche più ostinate, dentro i vicoli antichi come lungo le arterie più conosciute. E tutto questo veicolato dal piano solo a cui dovremo concedere sicuramente un’attenzione diversa, dedicata. Voce anche a tanta altra musica che attinge da un registro colto… ecco la nuova musica classica.
Ci piace uscire dai soliti canoni. La musica passa anche e soprattutto da questo. Un piano solo può bastare secondo te per raccontare quel che avevi dentro?
Per questo progetto, sì: il pianoforte è stato sufficiente. Si tratta dell’incontro di un pianista con la sua nuova città. L’album è più risposta individuale che specchio preciso.
Hai mai pensato di “orchestrare” in altro modo queste partiture?
Sono contento che la musica ti ha suggerito questa possibilità perché il pianoforte, dopo l’organo, è lo strumento più in grado di assomigliare ad altri strumenti. È solo logico che un compositore usufruisce di questa capacità. L’idea di orchestrare qualche brano mi piace, soprattutto “Urna biconica”, che sarebbe adatto alla percussione (suonata piano), o “Canale inferno, che magari è la traccia più orchestrale.
E se ti chiedessi dell’elettronica? Elemento tanto in voga oggi… in qualche modo ha incontrato la tua musica negli anni? La incontrerà?
Da studente ho fatto vari tentativi di istruirmi nei mezzi elettronici. Ma alla fine non sono riuscito a imparare nulla. Da ascoltatore, non ne ho niente di contrario: spesso ammiro la produzione di una canzone pop, ma come musicista non ce la faccio. La mia musica deve essere realizzata da esseri umani. Altrimenti, farla non mi interessa. Per quanto riguarda l’ispirazione, però, la traccia “Portici” deve molto alla corrente “spectralista” che è molto legato all’elettronica. Ma comporre musica sul computer, mai.
David Savage, ormai bolognese… quanto hai rubato dalla tua terra d’origine per scrivere “Felsina”?
Jazz e minimalismo- – contributi statunitensi che hanno arricchito molto il mondo musicale. Penso a brani come “Dottore!” o “Linea meridiana” – magari anche il primo dei Quadri di Giorgio Morandi e “Aldrovandi Woodcut”, dove il debito a jazz in particolare dovrebbe essere chiaro.
E se volessi portare questo disco tra le vie della mia città? Pensi che sarebbe capace anche di raccontare la mia città o pensi che “Felsina” sia solo ed esclusivamente bolognese?
Sì! Magari non ce l’avete Dottor Balanzone nella vostra città, ma lì sono sicuro che si trovano persone pompose, come lui. Anche se lì non avete la sovrabbondanza di portici come a Bologna, magari avete qualche strada porticata ugualmente. Santo Stefano non si trova in nessun’altra città, ma i monaci che cantano nelle chiese antiche, sì. Insomma, finché l’ascoltatore possiede un minimo di fantasia, punti in comune con la sua vita li troverà dovunque nell’album.