(sottotitolo: Se non lo capite c’è qualcosa che non va in voi)
di Riccardo De Stefano
Che cosa rende un artista, un artista?
Per me, riuscire ad avere un ritorno economico dai propri sforzi creativi. E quando questo permette la sopravvivenza esclusivamente tramite la vendita della propria arte, l’artista diventa anche “professionista”.
Bene, ma cosa rende un artista un “grande” artista?
Il Grande Artista è quello che con la propria arte non solo descrive il Mondo e la Società, ma la cambia per sempre. Così, nel ‘900, abbiamo in letteratura James Joyce, nella pittura Picasso, nel cinema Kubrick e nella musica Bob Dylan.
Ecco, la musica.
Sappiamo bene la condizione della Musica attuale – o tempora o mores – e vivendo nel nostro Paese, più che Bello diciamo Passabile, sappiamo che di nuovi eroi è difficile averne, nonostante il disperato bisogno che abbiamo di loro.
Almeno fino a qualche tempo fa.
Perché se la vera rivoluzione c’è stata, ci è passata sotto gli occhi e noi non siamo stati in grado di coglierla. I nomi ci sono e sono quelli del titolo: Dark Polo Gang, Damiano David e Tommaso Paradiso. Non solo i volti nuovi di una scena, ma i migliori artisti che il Piacente Paese ha sfornato negli ultimi anni, lustri e forse decenni.
Cosa fa un Artista, ci si domandava.
Descrive il Mondo e la Società, e la cambia.
La nostra società ha superato perfino la definizione di Bauman, altro che liquida, è gassosa ormai. La memoria storica si salva in cloud, Instagram racconta il Mondo a colpi di storie che 24 ore dopo sono già cenere, la società cambia e muta sotto i colpi della tecnologia e le nuove generazioni hanno valori diversi dai miei .
Ecco, se non capite come Tony Effe, Tommy e Damiano siano i migliori artisti italiani, scommetto che avete più di 25 anni – al minimo – e ciò fa di voi dei vecchi.
Società dell’immagine gassosa: non importa cosa si fa, importa chi la fa, e come la comunica. Ecco allora che alla DPG basta rivolgere lo smartphone verso di sé, invece che all’esterno, per raccontare un mondo personale – non quello che c’è fuori, ma quello che abbiamo dentro – per far sentire i ragazzi appartenenti a qualche cosa. Ecco che Tommaso che decide di tagliarsi la barba diventa notizia da pubblicare sui magazine, musicali e no. Ed ecco, il nuovo sex symbol Damiano David conquistare solo con il proprio “carisma” i cuori e le pulsioni erotiche di un intera popolazione femminile.
Tutti loro sanno fare benissimo una cosa: gestire la propria immagine. Anzi, ESSERE la propria immagine. Se chiudete gli occhi e vi immaginate DarkSide, non lo potrete mai vedere mai in pigiama. Tommaso avrà qualche buffo e perfettamente adatto vestito anni ’80 – tranquilli la barba c’è – e Damiano avrà eyeliner, pochi vestiti indosso e faccia da schiaffi. Sono personaggi perfetti, sopra le righe, parodiabili quindi riconoscibili e vendibili.
Sì, ok, ma in cosa sono “grandi artisti”?
Sono grandi artisti perché sono più grandi della loro musica. Intendiamoci, chi può prendere la Dark Polo Gang seriamente, dal punto di vista musicale? E i Måneskin, appena adolescenti, con giusto un singolo? Possono essere i salvatori del rock nostrano? E Paradiso, che è autore anche raffinato quando vuole e se vuole? Non è forse più attento a piazzare il singolo di massa rispetto il capolavoro pop capace di marchiare a fuoco il suo nome nella roccia?
Tutti questi personaggi hanno fatto l’unica cosa possibile alla fine degli anni ’10 del nuovo millennio: spostare l’attenzione dalla “musica” al “musicista”. Chissenefrega di “Da sola/in the night” o della sequela infinita di “Follow me follow me now” di quel pezzo là.
Il loro lavoro non è fare musica, ma “essere musicisti”. Il loro lavoro è “essere musicisti di successo”.
Sì, esatto.
Pop star.
Oltre il prodotto musicale, ma ben calati nell’immaginario – paradossale, sopra le righe, larger than life – che la star di successo pretende e che in nessun altro campo (cinema? Letteratura? PITTURA?) sarebbe oggi possibile avere almeno qui da noi.
E non è cosa scontata, né banale. Prendete Tiziano Ferro o Cesare Cremonini: star del mainstream, ma per la loro musica. Non hanno lo stesso impatto sociale e culturale per quel che riguarda il loro immaginario. Non mettono in pericolo l’ordine precostituito del senso comune. Fanno canzoni, a volte belle a volte brutte, ma in maniera rassicurante, comoda. Fanno musica.
Prendete un Calcutta, un Gazzelle, o perfino una Elisa. Prendete la Michielin. Se sostituite a loro qualsiasi altra persona, a cantare le stesse cose nella stessa maniera – solo una faccia, un corpo e un look diverso – il risultato non cambia, perché loro fanno musica, non fanno di mestiere la pop star.
Pensate invece agli stessi Calcutta o Gazzelle a cantare “Tra la strada e le stelle”. Provate anche solo a immaginarvi Cremonini in tacchi a spillo a fare pole dance. E la credibilità di una Michielin a cantare sui coni gelato? Dove la mettete?
Ecco. Ci siete arrivati anche voi adesso.
Questo e solo questo salverà l’arte del nuovo millennio. Non fare arte, essere arte. L’ultima grande frontiera dell’espressione artistica: diventare espressione artistica. Life imitates art far more than art imitates Life.
Non importa se non vi piacciono.
Io personalmente detesto DPG e Måneskin. Ma io sono vecchio. E forse anche voi.
Loro però adesso sono l’esatta espressione dei tempi attuali. Devono scandalizzare. Devono fare terra bruciata. Guadagnare un sacco di soldi e avere un numero infinito di donne. Farvi imbestialire, urlare “perché loro”, farvi rimpiangere perfino Luca Carboni. Dovete dire “ai tempi miei”.
È arrivata l’ora di passare tutti dall’altra parte, chinare il capo con un cenno del cappello e capire che i tempi sono cambiati.
Ah, citare alla fine Dylan, che simpatica coincidenza. Proprio lui che quel mondo l’ha cambiato. Com’è che diceva quella canzone?
Come mothers and fathers
Throughout the land
And don’t criticize
What you can’t understand
Your sons and your daughters
Are beyond your command
Your old road is
Rapidly agin’.
Please get out of the new one
If you can’t lend your hand
For the times they are a-changin’.
O tempora o mores.