Ecco il nuovo disco di Dario Dee. Ci muoviamo come su un campo minato lungo tangenti del pop dove la contaminazione è sfacciata, dal trap al neosoul americano. A far seguito a quell’esordio che tanto bene è stato accolto dalla critica e dal pubblico, fresco di pubblicazione eccovi “Dario esce dalla stanza” che è confessione metropolitana tra quel sottile modo di stare al centro del pezzo, a cavallo di mode e clinici di allegorie e metafore. Il singolo di lancio è un tormentone che vive in un equilibrio precario in cui basterebbe poco per cadere in analisi sbagliate. Prende bene questo nuovo disco di Dario Dee… tra l’amore, l’attualità e la consapevolezza di se, scorre con fascino questa voce che non è facile da codificare in prima battuta. Ecco: un disco come questo non è un lavoro da ascolto veloce anche se, va detto, il fascino di soluzioni forti non manca affatto.
Dario Dee sforna un secondo disco in cui l’elettronica è portante. Che rapporto hai con questo tipo di suono?
Sono figlio dell’elettronica anni ’80 e della black music degli anni ’90. Trovo che l’elettronica riesca a creare spazi privi di una dimensione precisa e ambienti poetici… così com’è la musica che produco.
La produzione di questo nuovo disco: come nasce, come si sviluppa, da quale sacco arriva tutta la farina che ascoltiamo?
È come un sequel del mio primo EP che conteneva la favola musicale “Nella stanza di Dario” e che raccontava del bullismo subìto. In questo album racconto del coraggio riscoperto e della voglia di comunicare sé stessi in sincerità e non con i filtri di Instagram. Ho lavorato per circa un anno e mezzo nel mio studio, ho curato ogni aspetto dalla scrittura alla produzione, la scelta degli arrangiamenti, la grafica. Mi sono lasciato ispirare da Prince, Stevie Wonder, Pino Daniele, Lucio Dalla, Mia Martini senza dimenticare il mio passato classico: Bach e Chopin. Nel bene e nel male si potrà dire che è stata tutta colpa mia.
Interessante e assolutamente coerente e – non ultimo – bello quest’ultimo video di lancio. Ho come l’impressione che ci sia una forte polemica verso la società e la sua indifferenza…
Non amo affatto come si possa scivolare sulla vita come se non fosse la nostra. Si tende a non essere banali ma poi si danno per scontate troppe cose. Si è indifferenti e non si ascolta. Sentiamo parlare gli altri ma stiamo pensando a quali belle parole usare per rispondere. Le apparenze possono ingannare e nel video un elefante può diventare ballerina e un omone grosso e nero regala zucchero filato dolce come il suo cuore. E un bacio a prescindere resta un bacio.
E restando sul tema: quanta indifferenza c’è nella società di oggi? Che sia proprio grazie all’indifferenza che possono esistere certi bassifondi culturali?
C’è chi esce dalla stanza dopo che la vita lo ha costretto a rifugiarsi, chi invece decide di possedere in tasca una verità ma così non fa altro che ripararsi in una stanza pensando di conoscere il mondo. Trovo questo molto arrogante, non ci si mette in gioco e non ci si mette in crisi, eppure la crisi ha sempre prodotto cultura. Dovremmo metterci molto più spesso in crisi. A me piace il confronto e scoprire sempre che conoscevo solo una piccola faccia di una storia. Si, questa chiusura porta a toccare il fondo e voglio continuare a sperare che ne usciremo fuori.
C’è anche un tema importante e pesante come la guerra siriana in questo disco. Eppure la leggerezza estetica con cui lo tratti pare quasi non sottolinearlo come si deve. Pare… è di sicuro una scelta tua personale. Sbaglio?
Miriam è una bambina a cui sono stati strappati i sogni, nelle mente ha l’urlo delle bombe. Come lei molti altri bambini. Una generazione in Siria è stata quasi cancellata. Questi bambini hanno per fortuna una forza incredibile, riescono a sorridere ancora e quei sorrisi, come un’Aria sulla IV corda di Bach, ti riscaldano il cuore. La leggerezza della musica può nascondere messaggi profondi che altrimenti non riuscirebbero ad arrivare.
E in generale c’è tanta leggerezza nel tuo modo di fare canzoni. È un semplice modo di essere oppure una direzione artistica ben precisa?
Sono un giullare di corte che vorrebbe essere poeta. Non mi piace prendermi troppo sul serio. Mi piace invece nascondere tra le note leggere, messaggi che in altro modo risulterebbero noiosi. Ed è importante che alcuni messaggi arrivino; conserviamo il 10% di quello che ascoltiamo. Il sorriso affascina e disarma. Il fine giustifica i mezzi? E allora ho scelto di fare viaggiare le mie parole su “un treno che va a vapore, che attraversa il cielo avvolto tra stelle… passando per stazioni e illuminando le strade cosicché le TV si spengono”. Un modo di essere che è diventata la mia cifra artistica.