• Di Giacomo Daneluzzo
Combinazioni. Così Daria (all’anagrafe Daria Bicorgna), classe ‘88, chiama il suo album d’esordio, uscito lo scorso 18 gennaio. Si contraddistingue soprattutto per gli arrangiamenti raffinati, capaci di dar voce da una parte a chitarre distorte, sintetizzatori e un’anima rock, dall’altra a violini, pianoforti e strumenti più vicini all’immaginario della folk ballad tradizionale. Combinazioni infatti è un album che oscilla tra queste due forme musicali, unite dal fil rouge del mondo di una sognatrice che emerge dai testi, che sembrano rifarsi alla tradizione cantautoriale italiana e che parlano di viaggi, di nostalgici sguardi al passato, di certezze e di incertezze. Insomma, di Daria. Tutto questo scandito da una voce delicata che riesce a essere, a tratti, potente e “carica” (i miei genitori dicono che somiglia a quella di Fiorella Mannoia, che mi sembra un gran bel complimento).
La cantautrice ternana, che alle spalle ha un diploma al CET di Mogol e la vittoria nel 2012 del concorso nazionale Premio Secondo Cecilia di Rieti si presenta al pubblico con un album posato, molto curato nella musica e nei testi: i latini dicevano che in medio stat virtus, e un disco del genere, in un periodo come questo, in cui tutto sembra tendere all’eccesso, all’uscire per forza dalle righe, anche quando non ce n’è ragione, forse è ciò di cui il panorama italiano ha più bisogno.
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