– di Giacomo Daneluzzo –
Anche se è la prima volta che calca il palco dell’Ariston, Dargen D’Amico ha già partecipato al Festival di Sanremo l’anno scorso, come autore del testo di “Dieci” di Annalisa e di quello di “Chiamami per nome” di Fedez e Francesca Michielin; si tratta di soltanto due dei molti casi in cui Jacopo D’Amico (questo il suo vero nome), ha collaborato come paroliere con il producer di questi due brani, d.whale, con cui ha lavorato, oltre che per le canzoni di Annalisa, anche alla produzione di Cara, Fedez e altri. D’Amico, in tempi recenti, ha collaborato anche in almeno due o tre canzoni della Dark Polo Gang – “Mi piace”, “Marmellata” e “Monti”.
Insomma, un curriculum di tutto rispetto, che, unito alla considerazione di questo nome che hanno critica e pubblica, cioè quella che si ha per un poeta maledetto dei giorni nostri, un grande autore di testi rap e non, faceva ben sperare per la sua partecipazione al Festival dei Fiori con “Dove si balla”. Ma non abbiamo tenuto in considerazione un’altra caratteristica di Dargen D’Amico: il suo grande, anzi, immenso amore per il trash, come i veri fan sanno bene, dacché ha iniziato a collaborare con Fedez nell’ultra-becera “Bocciofili”, che ha avuto un certo successo, per poi continuare ad alternare un percorso artistico più o meno serio a uscite estremamente trash.
Non è una scusa, ok. Però potrebbe essere una spiegazione del perché Dargen D’Amico abbia portato a Sanremo una canzone assolutamente insulsa, una sorta di improbabile tormentone estivo fuori stagione che su questo palco risulta, più che altro, fuori luogo. È una canzone che appare scritta e composta in fretta e con pochissimo impegno, che incarna il lato più trash e meno interessante dell’artista, che è stato definito più volte (e anche da Amadeus, presentandolo) “cantautorap”; ma “Dove si balla” ha ben poco di cantautorale e ben poco anche di rap. È stata accostata fin da subito a “Una vita in vacanza” de Lo Stato Sociale, ma probabilmente non ha neanche il pregio di suonare “diversa” dalle altre canzoni in gara, come poteva sembrare il brano del gruppo bolognese a Sanremo 2018.
Stupisce anche la produzione scarsa di Edwyn Roberts, coautore della musica di “Fai rumore”, con cui Diodato si è aggiudicato il primo posto del Festival nel 2020. Ad ogni modo, da uno come Dargen D’Amico non si sa mai che cosa aspettarsi. In questo caso ha deciso di dar voce al lato trash, forse per acchiappare il più possibile il pubblico generalista sanremese; e forse ha funzionato, visto che alla fine della prima serata si è aggiudicato, misteriosamente, il quarto posto della classifica. Immeritatissimo, sia chiaro; vedremo come andranno le prossime serate.