Sempre un pregio lasciar girare dischi che sposano ogni direzione possibile. Il classico trova pace, l’avanguardia fa capolino, la ricerca la si vede scalciare dentro le forme che comunque vanno strette a tanti. La canzone si fa distopica a suo modo, sospesa come si dice sempre in questi casi. Eppure la voce di Daniela D’Angelo non è che porti con se una timbrica di chissà quale innovazione ma ha quella ratio per cui cade bene all’incastro con questi suoni, con questo modo di pensare alla forma. “Petricore” è il suo primo disco come cantautrice, dopo una lunga carriera di tante cose che molti di noi conoscono. “Petricore” non so bene come incasellarlo, che di sicuro al pop d’autore richiama ma da quel tipo di pop rifugge e non certo sono poche le trame internazionali a cui fa riferimento. Di sicuro è uno dei lavori meno scontati che abbia messo in circolo in questo ultimo periodo…
In questo disco respiro la forza di molte distanze. Non è così? Non lo so, è una mia personale evocazione… che ne pensi?
Penso che la tua personale evocazione ci abbia azzeccato in pieno! L’album è intriso di distanze, perché tratta di relazioni umane che iniziano e finiscono e di tutte le dinamiche contenute in esse: l’amore (per me anche un’amicizia lo è!), la rabbia, la paura, l’incomprensione, la malinconia del ricordo, ma anche la vitalità dell’eccitazione prima di saltare nell’ignoto. La fine di un rapporto (qualsiasi esso sia) porta alla naturale distanza fra le parti, ma anche l’inizio ha bisogno di distanza, soprattutto in principio, per accrescere il desiderio della relazione stessa.
Se poi consideriamo un altro tipo ancora di distanza, ovvero quella che c’è fra le stelle e l’essere umano, ‘Esercitazioni’ parla proprio di quello.
Sembra paradossale che un suono simile, una forma simile, nasca dalla sola idea di chitarra e voce. Come avete lavorato alla produzione?
La genesi dei brani, di cui scrivo testi e melodie, appartiene a una scrittura chitarra e voce, che sono i miei strumenti. Il sound del disco è passato attraverso varie fasi: la pre-produzione è stata fatta con un lavoro in sala prove – soprattutto per la sessione ritmica – insieme a Mamo (batteria) e Ivano Rossetti (basso), con la supervisione di Vito Gatto. Ne è uscito un arrangiamento molto scarno, ma incisivo, quasi una dimensione live, che è un po’ quella a cui eravamo più abituati e che poi abbiamo registrato in studio (in presa diretta) con Guido Andreani. In seguito, io e Vito abbiamo fatto un lavoro di riascolto dei brani, cercando dei suoni di elettronica, suggestioni e atmosfere che avremmo voluto far raggiungere ai brani. Così Vito, con sapienza, gusto e bravura, ha lavorato sugli arrangiamenti elettronici cambiando abito quasi interamente ai brani, dando loro un’impronta profonda, tanto che effettivamente la dimensione acustica rimane in sottofondo.
Siamo arrivati a un suono così distante da ‘chitarra e voce’, perché ci siamo concessi di lasciare decantare il disco e di rivederlo anche a distanza di mesi dallo step precedente (complice anche una pandemia in mezzo…), tanto che, in ultimissima battuta, anche Guido ha rivisto il mix che aveva già fatto, arricchendolo ulteriormente con la ricerca di un suono più tridimensionale.
Esistono momenti di grande respiro internazionale e altri di grande pop italiano. Come ti sei divisa tra questi due estremi?
Non lo so… ma mi piace molto quello che hai espresso tramite questa domanda! 🙂
In realtà il disco è venuto così com’è, non abbiamo cercato di seguire intenzionalmente un determinato tipo di sound, genere o atmosfera che ricordasse ‘qualcuno, qualcosa’.
Probabilmente hanno giocato gli ascolti e la formazione di tutti e ne è venuto fuori ciò che si sente in questo lavoro. Alla fine di tutto, dopo il mastering (che è stato fatto da Giovanni Versari), Guido ha detto: “questo disco non mi ricorda nessun altro disco”.
Secondo me questa frase (che mi ha fatto molto piacere sentire, devo ammettere…) è un po’ sintomatica del fatto che non abbiamo molto badato (razionalmente, naturalmente) a ispirarci a qualcun altro.
Il video ufficiale fresco di pubblicazione…
“Il modo giusto”, realizzato da Davide Turazza (videomaker milanese), con cui ci siamo “divertiti” a legare gli alberi del Parco Nord per realizzare parte della scenografia. Ho scritto la “storia” del video insieme a Davide e Piera (Tedde), che rappresentano un po’ la mia famiglia alternativa. Siccome non ci è bastata questa impresa, stiamo già pensando al video per un altro brano… da svelare prossimamente.
Dal vivo invece?
Suonerò il 24 Aprile in acustico all’opening party del WaveRec Studio (Vedano al Lambro, MB). Ci saranno un sacco di altri musicisti e musica dal pomeriggio fino a sera… un evento che fa emergere tutta la vitalità e l’entusiasmo dei ragazzi che gestiscono questo posto e della musica indipendente. C’è vita ed è bellissimo! Altri live prossimamante… ci stiamo lavorando, ma per chi vuole stare connesso, consiglio di dare un’occhiata ogni tanto su Instagram (@esseredangelo) o Facebook (facebook.com/esseredangelo), dove ci sono sempre i miei aggiornamenti.