La mia, stavolta, è una premessa e una promessa di astrazione dal contesto. Questa recensione, cioè, partirà da un’analisi strutturalista dell’ultimo album dei Danamaste, “Amore, tosse”, uscito lo scorso ottobre per l’etichetta I Make Records. Procediamo in modo analitico. Primo elemento: il titolo. Perfetto. Un accostamento stridente e per questo poetico. Due parole, insomma, che aprono una serie non determinata di suggestioni proprio perché rompono il normale flusso del pensiero ordinario, automatico. Chi accosterebbe mai l’amore con un’inezia fastidiosa, un tic virulento, come la tosse? Ovidio, a quanto pare. L’aforisma “Amore e tosse non si possono nascondere” è proprio il suo. Oltre alla sua abilità evocativa, il titolo ha anche un altro grande pregio che dovrebbe essere proprio di ogni titolo: è una porta d’ingresso coerente con l’abitazione-album. Non è come quei bed&breakfast prenotati via groupon che hanno una hall tipo Partenone e la carta igienica del discount. Insomma, il titolo promette ciò che l’album mantiene. Prima di tutto, il contrasto. Mi sembra, questo, un disco corporalmente etereo. I testi vanno verso una direzione terrena: “Stona tutto/ la terra, le mani, il viso tuo e il mio/ Terra bagnata, bruciata dal vomito/ macedonie e alito” del brano di apertura “Organetti”, passando per “Strappami la felicità dal petto” di “Halo”, fino alla chiosa in questo senso esemplare, intitolata “Testicoli”. La musica, invece, prende altre vie. Si tratta di prog-post-rock, voci lontane, echi, chitarre ripetute fino alla litania, batterie lamentose. E anche quando il ritmo si fa più tirato (“Cecina” o “Laszo Varga”), l’impressione è sempre quella di una potenza sedata, appannata, opaca. “Un concept album ispirato alla letteratura “non sense” degli anni 60”, così la band ha presentato il disco, e in effetti spesso le parole sembrano essere associate dal caso, come in un esperimento dadaista. In altri casi, invece, i toni sono più espressionistici (“Laszo Varga”), allucinatori e criptici. Merito o demerito? Chissà. Tuttavia trovo nei Danamaste una coerenza di stile abbastanza forte da caratterizzare il gruppo e farlo salire fin sopra lo scaffale dove riposano in pace i cd (esistono ancora?) di chi ha provato a mescolare suggestioni letterarie e visive per uscire dallo spazio, a volte limitato ma a volte no, della canzonetta.
Valentina Mariani