– di Martina Zaralli –
“Colla” sta per “collettivo”, “Zio” sta per “Milano”. Andrea Armo Arminio, Andrea Mala Malatesta, Francesco Lampo Lamperti, Tommaso Berna Bernasconi, Tommaso Petta Manzoni: cinque ragazzi, un collettivo, una situa, una cosa, una colla, appunto. I Colla Zio raccontano la Generazione Z nelle sue incertezze, nella sua freschezza e nelle sue contraddizioni. Parlano di amicizia, d’amore, dell’immaginario che accompagna la quotidianità di chi ha vent’anni oggi. La loro storia inizia qualche anno fa, quando un gruppo di amici si ritrova per strada e canta: che ci siano sbirri, zarri, tipe ad ascoltarli, cantano a squarciagola e quello che cantano piace. Nonostante prima della polifonia ci fossero solo i cori da stadio intonati tanto per far casino in metro. Decidono allora di scrivere la loro prima canzone, e poi le seconda, e poi molte altre ancora. Da un gioco, la musica diventa una professione e più suonano, più cantano, più convincono: il brano “Gremolada” segna così l’inizio del percorso discografico con Woodworm, a cui segue un secondo pezzo dal titolo “Sola la notte”.
La prima data per ascoltarli dal vivo sarà il 4 giugno al Mi Manchi, all’interno della rassegna Mi Ami al Circolo Magnolia di Milano.
Nel frattempo, abbiamo raggiunto al telefono Tommaso Berna Bernasconi e Andrea Mala Malatesta, per loro prima intervista ufficiale come Colla Zio, ecco cosa ci hanno raccontato sul progetto.
Come è nato il progetto artistico Colla Zio?
Il nostro progetto è nato per noi due dal freestyle, ci incontravamo fuori scuola per ascoltare musica insieme. Poi sono arrivati gli altri, ma è partito tutto dalla musica e dall’amicizia. Una cosa che abbiamo sempre fatto è cantare insieme tra amici. Cantavamo perché volevamo cantare, perché volevamo divertirci. Essendo in cinque ci siamo avvicinati alla musica ognuno coi propri tempi e in modi diversi. Poi tra il quarto e il quinto anno di liceo ci siamo uniti per fare qualcosa insieme, dal punto di vista artistico.
Quali sono i vostri riferimenti musicali?
Abbiamo riferimenti diversi, perché abbiamo tutti gusti diversi. Da quando ci siamo messi in gioco, sentiamo il bisogno di ascoltare tantissima musica, anche lontana da quella degli artisti con cui siamo cresciuti, così possiamo avere più idee e possiamo ampliare le nostre references. Avere gusti diversi è un punto di forza, perché poi ci confrontiamo e troviamo il nostro stile. Però non nego che può essere anche un problema, trovarci tutti d’accordo non è sempre facile, proprio perché veniamo da background diversi.
Con Woodworm avete pubblicato “Gremolada” e “Sola la notte”: che storie ci sono dietro queste canzoni?
Ci sono troppe storie dietro, troppi momenti e troppe emozioni. Spero che chi l’ascolta possa rivedersi in quello che cantiamo.
Arriverà anche un disco?
Arriverà un EP, una raccolta di cinque pezzi. Sono canzoni nate nella maggior parte prima della pandemia, e per fortuna. Perché per avere canzoni di qualità, devi fare esperienze di qualità, cose che il lockdown ha stoppato. La pandemia ha fermato tutto, soprattutto la creatività, ma fortuna stiamo ripartendo. Icinque pezzi saranno molto diversi nell’arrangiamento. Ci sarà molto cantato e abbracceremo molti stili diversi tra loro, ma tutti uniti dalla nostra colla. Ti possiamo anticipare una frase di una canzone: «Voglio solo aria», che racchiude il nostro bisogno di ripartire. Ci sarà una canzone d’amore, ma sarà fatta a modo nostro. Noi siamo i nuovi romantici.
Rappresentate la Generazione Z: cambiereste qualcosa della vostra generazione?
È una domanda difficile. Non vorremmo cambiare le persone singolarmente, perché altrimenti sarebbe troppo facile, se vogliamo. Diciamo che dovrebbe esserci un cambiamento sempre, nel senso che non dovremmo mai stare fermi.