– di Martina Antinoro –
“Volare” è l’ultimo album di Coez, uscito il 3 dicembre e pubblicato da Carosello Records. Le tredici nuove tracce che il cantautore ci propone nel suo sesto album mostrano una nuova faccia di Coez: l’amore perde quella connotazione dolce ed inizia ad essere raccontato come rapina, sesso e crack. Viene a mancare insomma l’elemento magico e la sua purezza: l’amore è messo ora in relazione ad un mondo oscuro e violento.
Coez ha lanciato il suo nuovo disco con due singoli “Wu-Tang” e “Come nelle canzoni”. Se dalla prima traccia ci si poteva aspettare che il cantautore stesse per mostrare al pubblico un nuovo sé, “Come nelle canzoni” è molto vicina a brani “vecchio stile” come “È sempre bello” o “La musica non c’è”, quelle canzoni da cantare tutti insieme abbracciati in una serata tra amici.
Eppure, la maggior parte delle tracce del disco ci mostrano quel suo nuovo lato, quello del cattivo ragazzo, il “bad boy” che oggi va tanto di moda. Ma la domanda è: ce n’era veramente bisogno?
Veniamo da due anni in cui le nostre libertà sono state limitate e, per mesi, è stato in vigore il coprifuoco alle 22: di tempo per sballarsi ce n’era poco e ancora meno erano le possibilità di ritrovarsi e fare serata. È per questo che Coez ha scritto un album fuori dal tempo, lontano dal contesto storico in cui stiamo vivendo. Forse questo è il motivo principale per cui credo che sia molto difficile ritrovarsi nelle sue tracce. Il suo potere comunicativo è sempre stato quello di far immedesimare gli ascoltatori nelle sue canzoni, ma con “Volare”, questo lavoro è diventato difficile, se non impossibile.
A peggiorare la situazione, il fatto che in questa nuova veste di bad boy Coez non risulta credibile, e ne è probabilmente consapevole. Non è un caso che in brani come “Sesso e droga” sono Gemitaiz e Guè Pequeno a dare quel tocco “aggressivo”. Gemitaiz e Guè sono due artisti che hanno costruito la loro intera carriera attorno all’idea del “cattivo ragazzo”. Lo stesso discorso si può fare con “Ol’ Dirty” che vede un featuring con Noyz Narcos, brano impregnato dalla retorica meritocratica con frasi tipo “ho imparato a volare da me”, oppure con brani come “Crack” in collaborazione con Massimo Pericolo e Salmo. In quest’ultima traccia l’amore viene paragonato al crack, Salmo dice “certe tipe sono in cerca di una spinta in più, te le spingi soprattutto se hai la spunta blu” affiancato da Massimo Pericolo che sostiene invece che “l’amore è un passatempo”: tutte posizioni credibili se sostenute da due artisti come loro, un po’ meno se sei Coez e l’amore l’hai sempre cantato come “Le luci della città”.
A spiegarci questo cambio di visione nei confronti dell’amore c’è “Faccia da rapina”, il brano che chiude l’album. Come è facilmente intuibile, in questo brano l’amore viene paragonato ad una rapina: un rapporto fatto di vestiti firmati e telefoni che non riescono a colmare le distanze, ma che lascia sicuramente una cicatrice al cantautore che spiega “Non riesco a scrivere d’amore come prima, come se m’avessi fatto una rapina”.
Il problema è che, se anche usassimo questa traccia per giustificare il suo nuovo volto nel panorama musicale, non riusciremmo poi a trovare una spiegazione per quelle tracce di “Volare” che invece sono belle, fatte bene, quelle che ti viene voglia di riascoltare e cantare. Mi riferisco a brani come “Cerchi come fumo” in collaborazione con Neffa, “Bomba a mano” in cui Coez ci racconta, per l’appunto, l’amore, quello travolgente come una bomba a mano, che ha una fine che non ti aspetti e ti devasta; oppure “Margherita”, brano leggero e molto romantico, anche se prima di apprezzarlo sarà necessaria una buona dose di pazienza per mettere da parte le innumerevoli (e forse un po’ banali) figure retoriche costruite con l’acqua.
Figure retoriche che non sono solo una pecca di “Margherita” in cui Coez canta “vuoto come il mare” o “un mare che non mi porta mai da te”, ma che possiamo trovare anche in “Fra le nuvole” con “mare sa un po’ meno di sale, dove l’acqua è un po’ blu, sapessi meno di sale anche tu”, oppure in tutti quei brani in cui le lacrime vengono citate (esplicitamente o implicitamente), ne è un esempio “Occhi rossi” con “io fumavo e gli occhi rossi li avevi te”. Sicuramente l’acqua dà la possibilità di evocare all’interno degli ascoltatori bei ricordi, legati magari al periodo estivo, ed è innegabile che questo sia un escamotage per tentare di ottenere maggiore immedesimazione e quindi più ascolti. Ma l’album è uscito il 3 dicembre, in un periodo in cui il mare non è all’ordine del giorno per la maggior parte degli italiani e soprattutto per gli studenti, sommersi da lezioni, appunti ed esami, controsenso, se pensiamo che il target cui punta Coez è proprio quello. La data di uscita si è dimostrata un altro elemento da aggiungere alla lista dei motivi per cui chiedersi se ci fosse bisogno di questo album o, se magari, non sarebbe stato il caso di non fare uscire qualcosa solo per il gusto di farlo. Vero che un artista può e deve far uscire i suoi pezzi quando crede sia opportuno in primis per se stesso, ma non sarebbe stato forse meglio aspettare il momento giusto anche per il pubblico?
Il fulcro di tutto forse è proprio questo: non c’è bisogno di far uscire album a tutti costi perché sì. Non c’è dubbio che artisti consolidati nel panorama odierno, come Coez, continueranno ad avere ascolti alti, ma a lungo termine è importante mantenere la propria identità. Se l’identità non resta la stessa, se si è disposti ad indossare una maschera che non appartiene al proprio io, si finisce per risultare poco credibili e un disco in più o uno in meno non cambieranno niente. Coez ci ha dimostrato cinque volte di poter far uscire album di qualità, ed anche “Volare” nel complesso è fatto bene, eppure è fuori dal tempo, fermo a febbraio 2020 o avanti in un futuro ipotetico in cui la pandemia sarà solo un brutto ricordo. Coez avrebbe potuto regalarci un album di comprensione, di riflessione, con la sua musica sarebbe potuto diventare un compagno di viaggio in queste settimane natalizie di quarantene e positivi, ma ha scelto di cantarci di sesso e droga, possibilmente al mare.
Se “Volare” fosse uscito a giugno probabilmente non sarebbe stato così male.