– di Matteo Giacchè –
Dopo cinque anni dal disco d’esordio, i C’mon Tigre escono, il 15 febbraio 2019, con un nuovo lavoro in studio, pubblicato dalla BDC/!K7: Racines.
Il titolo, parola francese che significa “radici”, è un vero e proprio manifesto. La musica del duo italiano, infatti, affonda le proprie radici nelle sonorità del Mediterraneo e da lì si evolve, in un continuo divenire, per poi percorrere tutto il globo senza mai perdere la propria identità. La matrice jazz, già palesata nel primo album, rimane una costante del loro sound e, a riprova di ciò, spiccano le numerose collaborazioni con musicisti del panorama italiano e internazionale, tra i quali Pasquale Mirra, Beppe Scardino, Mirko Cisilino e Marco Frattini, ma anche di Jessica Laurie, Amy Danio e tanti altri.
Come nel disco precedente, la chiave jazz fornisce una solida base di sperimentazione, che conferisce ai brani un forte sentore di improvvisazione. Eppure, nonostante la grande rilevanza riservata all’istinto e alla naturalezza d’esecuzione, il disco risulta estremamente organizzato e studiato nei minimi dettagli. I C’mon Tigre aggiungono al loro mix di jazz, blues e ambient, una vena elettronica, grazie ad un sapiente utilizzo dei sintetizzatori.
Il risultato è un disco vagabondo, che porta con sé un pezzettino di ogni cultura incontrata durante il suo pellegrinaggio. Un lavoro pensato e ordinato, intrigante e sensuale, carico di elementi di diversa matrice coerentemente intrecciati tra loro.
In questo senso, Racines, raccogliendo le diverse contaminazioni musicali e multiculturali, diventa la perfetta espressione dell’ignoto, una terra inesplorata, difficile da decifrare ad un primo ascolto. Ad un successivo tentativo, però, l’esotismo e la freschezza che lo caratterizzano rapiscono l’ascoltatore, facendo leva su quel desiderio di esplorazione insito in ognuno di noi. Già con l’opening track, Guide to Poison Tasting, ci troviamo di fronte a qualcosa di insolito, una “guida alla degustazione del veleno”: le sonorità sono pigre e cadenzate con l’incursione, sul finale, di una sorta di danza tribale, nella quale i suoni della tradizione afro si mescolano al synth.
Dall’Africa con i suoi tamburi, poi, Racines ci fa anche strada nei jazz bar di New York, dove sedersi a sorseggiare whisky, ci accompagna a ballare la disco e il funk anni ’70, a rilassarci sotto il sole delle spiagge polinesiane per poi, finalmente, fermarsi e meditare in Estremo Oriente.
I musicisti, infatti, terminano il loro viaggio nel paese del Sol Levante, affidandosi ad un concetto giapponese che esprime forte empatia verso le reazioni umane in relazione all’osservazione della bellezza della natura: il Mono no Aware 物の哀れ, che dà anche il titolo alla traccia. La nostalgia, parte integrante di questo elemento estetico, ma anche del disco, pervade quest’ultimo brano di oltre otto minuti, raccontandoci un viaggio solitario all’insegna della riflessione. I kanji utilizzati nel titolo non lasciano dubbi sull’ispirazione dietro questo piccolo capolavoro, e sul riferimento allo stupore che scaturisce dall’esplorazione di luoghi ignoti.
Le immagini evocate dai brani, inoltre, saranno rappresentate in un volume compreso nella versione in doppio vinile, che vanta collaborazioni illustri tra fotografi e artisti. Racines è, dunque, un lavoro validissimo, un viaggio sonoro e visivo intorno al mondo che, con le sue atmosfere accattivanti e sognatrici, si distingue per originalità e freschezza.
I C’mon Tigre saranno in concerto questo sabato, 9 marzo, al Monk di Roma (necessaria tessera Arci).
Nell’evento Facebook (clicca qui) e sul sito del Monk (clicca qui) tutte le informazioni utili e la prevendita.