– di Giacomo Daneluzzo –
Venerdì scorso è uscito per Columbia Records Italy / Sony Music Italy “nostalgia liquida”, il primo EP ufficiale del rapper e cantautore Cicco Sanchez, anticipato dai singoli “poster”, prodotto da Michelangelo, e “ora o mai più”, brano prodotto da JVLI (produttore dell’EP) in cui l’artista duetta con la giovane promessa del pop Casadilego.
L’ho incontrato a Milano in Sony appena prima dell’uscita di “nostalgia liquida” e gli ho fatto qualche domanda su di lui, sul suo progetto artistico e su “nostalgia liquida”, trovando un artista “sul pezzo”, competente e alla mano, oltre che un ragazzo sensibile ed emozionato all’idea di far uscire il suo primo progetto ufficiale dopo una lunga serie di singoli, pubblicati negli ultimi anni.
Ecco che cosa mi ha raccontato Cicco Sanchez!
Tra poco esce quest’EP, come va, come ti senti?
Bene, bene, sono molto contento di quest’uscita, molto soddisfatto a livello artistico. Però non ti nego l’ansia, un po’ d’ansietta c’è.
Anche perché è il primo EP ufficiale, no?
Sì, sì, infatti, è il mio primo progetto ufficiale dopo una lunga lista di singoli, quindi non vedevo l’ora di esprimermi con un progetto unitario.
Tra l’altro singoli in cui hai avuto un’evoluzione artistica notevole, in cui hai cambiato parecchio genere.
Ho iniziato ha scrivere canzoni da molto, molto giovane: avevo quattordici anni. In questi anni sono cambiato tanto io, quindi è cambiata la mia musica. Ho trovato finalmente la mia dimensione, come quando nella propria crescita personale uno cerca di capire chi è. Io ho cercato di fare questo, in questi anni, e ora ci sono riuscito, motivo per cui sono molto contento. In prima superiore mi mettevo su il cappuccio con le cuffie – cosa che dico – e intanto scrivevo e il professore diceva: «Va be’, sta scrivendo, starà prendendo appunti». Invece io ero dall’altra parte del mondo.
A proposito di questa dimensione che senti tua come la definiresti? Da cos’è caratterizzato, dal tuo punto di vista, il tuo progetto artistico?
Nel 2021 faccio molta fatica a descrivere il genere degli altri: figurati il mio! È impossibile, c’è una contaminazione continua, dalla trap, al pop-punk al lo-fi. Nell’EP c’è un po’ di tutto questo. Abbiamo mischiato queste tre cose e a livello di approccio anche se c’è molta melodia ci sono parti più rap, perché io vengo da quel tipo di percorso. Tengo molto alla lirica, ma ho scelto di non fermarmi al rap, cosa importante nel mio percorso.
Per concludere mi piace molto identificarmi, più che in un genere, in uno stato d’animo “happy-sad”, che è il mio mondo, il mio immaginario che ho creato e in cui si riuniscono le persone che mi ascoltano.
Le collaborazioni che hai scelto per questo EP, Casadilego e Axos, sono due mondi, due mood, molto distanti.
Certo, anche in questo c’è molto “happy-sad”. Casadilego è la parte più celestiale, con la sua voce angelica, incredibile, che ha dato a “ora o mai più” quella nota emotional e delicata, come se fosse un sottile foglio di vetro, mentre Axos è un masso gigantesco di dieci quintali che arriva sul pezzo e lo distrugge, perché secondo me in “pensieri brutti” Axos ha dato proprio quella nota di poesia di strada “urban” che mancava, molto più rappata, che secondo me serviva in un pezzo più cupo e arrabbiato come quello. Casadilego invece è stata proprio la ciliegina sulla torta, con la sua voce e le sue parole, perché ha scritto anche una strofa molto bella. Volevo fare un pezzo con Axos da una vita, recentemente l’ho conosciuto e ho colto la palla al balzo; siamo anche diventati super amici, perché lui è davvero un idolo, ci troviamo su un sacco di cose.
Mi è sembrata, questa dei feat, una scelta molto rappresentativa sia delle “due anime” del tuo progetto, sia di quelle del panorama musicale che c’è adesso in Italia, tra le nuove uscite: due poli che sembrano distanti ma che in realtà s’incontrano e convivono.
Sono d’accordo. Ci lavoro da più di un anno e mezzo e sono contento di essere riuscito a mettere tutto quello che mi ha influenzato e contaminato anche da ascoltatore, perché soprattutto a livello di sound sono molto influenzato da quello che ascolto, come nothing,nowhere., un artista che ho visto live a Milano tre anni fa, all’Oibò, un mostro in live, ma non è mainstream come invece Post Malone, che pure m’influenza moltissimo ed è un artista molto più pop, come anche The Weeknd; quando ho scoperto The Weeknd – grazie a Drake – una decina di anni fa. E poi naturalmente il cantautorato italiano, con cui sono cresciuto. Per esempio in “colpa di dio”, quando dico: «Non c’è un’anima viva ma è pieno di gente come fiori appassiti nei campi a settembre» io pensavo a Lucio Battisti, perché quel tipo di cantautorato mi ha influenzato tantissimo. Quando l’ho scritta avevo appena fatto un viaggio in cui avevo ascoltato solo Battisti con la mia ragazza e penso che mi abbia influenzato ulteriormente.
Mio papà quando avevo cinque anni mi ha messo davanti al karaoke e io cantavo Renato Zero, Lucio Dalla, Lucio Battisti guardando questo schermo, fingendo di leggere ma cantando, in realtà, a memoria. Mi sono allacciato subito a questa musica.
Fin da prima di Spotify io andavo a cercarmi la musica da ascoltare per approfondire tutti i miei ascolti: ora che abbiamo a portata di mano tutta questa musica attraverso lo streaming e i digital store ne approfitto tantissimo.
A tal proposito, secondo me è la cosa più positiva di questo stato di cose di questo periodo musicale.
Avere tutto a volte significa avere niente: se non hai la forza di volontà per approfondire ti limiti alla copertina, alla prima pagina, alla playlist preconfezionata di Spotify che ti accompagna. Se hai voglia puoi usare questo strumento per scoprire un sacco di roba, che sia d’oltreoceano o anche di dietro casa tua, altrimenti rischi di trovarti ad avere della musica che ti viene lanciata addosso. Ci sono pro e contro.
Però i pro sono incredibili: mi fa impressione pensare a quando da piccolo andavo in giro con i miei e dicevo: «Vi prego, prendetemi questo CD!» e loro mi dicevano: «No!» e anche giustamente, perché avrebbero dovuto spendere 35 000 lire per dodici canzoni di cui, a loro, non fregava niente. Ora invece, magari non proprio gratis, ma hai accesso a tutto – o quasi. A Spotify ho dato un sacco di soldi: mi sono iscritto fin da subito, appena è arrivato. Un po’ come con Netflix, che è la stessa roba: se vuoi scopri cose, se no lo vivi passivamente.
La copertina dell’EP raffigura te che piangi, mentre vengono raccolte le tue lacrime: ho pensato che potesse voler dire che anche qualcosa di triste val la pena di essere conservato. È giusta quest’interpretazione?
Bravissimo, il concetto è proprio questo. È come se avessi preso quello che mi ha fatto male, quindi il dolore, rappresentato dalle mie lacrime, e l’avessi usato come fertilizzante per far crescere qualcosa che mi facesse stare bene e mi rendesse soddisfatto, cioè le mie canzoni. Perché poi l’unico momento in cui sto bene davvero è quando scrivo quello che voglio scrivere e tiro fuori tutto.