– di Giuditta Granatelli –
I Cécile sono un duo proveniente dalla Toscana, formato da Tommaso Mori, classe 1997, e Stefano Sestani, classe 1998. Dopo una prima fase di sperimentazione sonora hanno portato a termine il loro esordio discografico, un gradevole EP intitolato “La Fine della Festa”, in cui si fondono le diverse influenze musicali di entrambi i membri, che vanno dal trip hop all’alternative rock, dalla new wave al synth pop – e che abbiamo recensito qui.
Li abbiamo sentiti per far loro qualche domanda a proposito del loro progetto artistico e di questo loro “biglietto da visita” con cui si presentano alla scena musicale. Ecco che cosa ci hanno raccontato.
Mi parlate un po’ del vostro percorso artistico e personale, che vi ha portato fino alla pubblicazione di questo EP?
Ci siamo conosciuti al liceo e lì abbiamo iniziato a suonare insieme, militando nelle classiche formazioni liceali improvvisate: batteristi che non sapevano stare a tempo, cantanti stonati, prove fatte all’ultimo eccetera. Puntualmente si scioglievano dopo brevi momenti di gloria alle feste d’istituto. Noi invece abbiamo deciso di continuare da soli, un po’ meno improvvisati (ma non troppo). Poi circa quattro anni di apprendistato, di sigarette e di monotona continuazione delle nostre biografie. Cercavamo disperatamente di far venire fuori qualcosa dalle nostre camerette. Piano piano qualcosa è venuto fuori: “La Fine della Festa”.
Com’è avvenuto il processo di scrittura, dall’idea o dall’ispirazione fino al testo finito?
L’insoddisfazione, forse, è la grande ispiratrice delle cose che scriviamo. L’insoddisfazione è quel sentimento che ti porta ad essere poco partecipe della realtà che ti circonda perché, appunto, non ti soddisfa. E allora tocca prestare attenzione a qualcos’altro; e questo qualcos’altro, di solito, è costituito da immagini mentali, piccole istantanee verbali, più o meno nitide o totalmente sbiadite.
Cosa pensate renda speciale il vostro duo, per quanto riguarda la collaborazione tra di voi?
Probabilmente più di ogni altra cosa il fatto che siamo amici e l’ascoltare entrambi buona musica.
Cosa pensate che possano dare le vostre canzoni al pubblico che vi ascolta?
Attraverso la nostra musica noi speriamo di attivare, in qualche maniera, la sensibilità di chi ci ascolta.
E invece che cosa pensate di poter dare a voi stessi?
Possibilmente un futuro; e se non quello, almeno una bella storia.
Che cosa, secondo voi, vi rende particolari come artisti? In cosa vi distinguete?
Il fatto che indossiamo le camicie scolorite dei nostri padri!
Quanto c’è di personale in questo EP? C’è un testo o un verso in particolare che ricollegate a voi stessi, per come siete interiormente?
Naturalmente tanto. C’è la nostra sensibilità, più che la nostra storia personale. E la sensibilità è «il nostro inizio, la nostra storia» se dobbiamo autocitarci.