Il 16 dicembre è uscito per The Orchard & Fenix Music “19 luglio 1944”, primo album di CASSIO, prodotto da Andrea Pachetti. Le nove tracce che lo compongono arrivano al cuore con una mira precisa, trasportando l’ascoltatore in un viaggio introspettivo condotto dall’artista. Il senso di colpa e di inadeguatezza si insinuano in ogni frase dell’album, il cui sottotesto implicito riporta anche alcuni momenti della sua tossicodipendenza.
Abbiamo fatto qualche domanda a Cassio e queste sono le sue risposte.
Ciao Simone, direi di iniziare dal titolo che credo sia molto rappresentativo dell’album; è l’indirizzo della casa dove sei cresciuto, quanto il tema della famiglia è centrare in questo progetto?
La famiglia è probabilmente l’unica cosa che abbia veramente importanza nella mia vita, così come nella musica. Questo disco è nato esattamente insieme al progetto Cassio, le prime 9 canzoni che ho scritto in italiano sono le 9 canzoni che popolano “19 luglio 1944”, una sorta di crash test. Ho pensato che il modo migliore per scrivere pezzi decenti fosse quello di parlare di cose che conosco bene, fin troppo bene… fortunatamente la mia famiglia incasinata e la mia storia di essere umano hanno fornito materiale su cui poter riflettere e argomentare.
Collegandomi alla domanda precedente, l’album è stato anticipato da alcuni singoli dove il tema familiare è molto presente, ci sono due pezzi dichiaratamente dedicati a tuo padre e tua nonna. In un certo senso scrivere questo disco ti è servito a fare pace con alcune cose?
Purtroppo direi di no. Bastasse una canzone del cazzo ad aggiustare una vita di problemi, scriverei un pezzo al giorno.
Leggiamo molto spesso di artisti che dichiarano che la musica “gli ha salvato la vita”, tu credi in questa parabola o pensi che la vita in fondo ce la si salva da soli?
È una bella domanda. La musica è sicuramente un modo di arrivare a domani, ed è senza dubbio un’ancora per non sprofondare, ma credo che se fosse vera questa teoria non esisterebbero i suicidi di così tanti musicisti e neanche tutte le morti per overdose. La musica mi aiuterà, se avrò voglia di farmi aiutare, ma non mi salverà certo la vita.
Passiamo ad un aspetto prettamente musicale, hai lavorato per questo progetto con Pachetti, ma sentiamo che ci sono delle sonorità che spaziano su più fronti, a volte rischiando anche di far apparire il sound indefinito, è una cosa voluta o semplicemente sei ancora in una fase di sperimentazione e definizione del sound?
Il sound del disco è esattamente come lo volevo. Ci abbiamo lavorato ogni notte per un sacco di notti. Gli abbiamo fatto le pulci, gli abbiamo fatto i boccoli. La sperimentazione del sound non è una fase ma è un’attitudine, cambierà di continuo, grazie al cielo.
Leggendo la tua bio, il tuo percorso musicale parte da molto lontano e le esperienze, c’è il punk c’è il gipsy-psichedelico, hai per molto tempo fatto parte di una band, quanto di questa gavetta e delle “vecchie influenze” hai riportato in questo progetto da solista?
Direi che mi posso collegare alla risposta precedente: con “La Maison” sperimentavamo il sound dei pezzi fino al vomito. Nessuno di noi ha mai studiato la musica, siamo degli ignoranti maledetti, e felici di esserlo. L’attitudine punk intesa come ribaltamento delle regole è parte integrante del mio modo di scrivere la musica, anche se a qualcuno non torna, anche se a qualcuno non piace. I ragazzi della mia precedente band suonano ancora con me dal vivo e sono parte integrante della costruzione di ogni canzone.
Ultima domanda, parlano tutti del 2022 come “l’anno della ripresa” del settore musicale, ma la percezione è che ci sia ancora meno spazio per i progetti emergenti rispetto a prima, e quello che c’è è dedicato principalmente a chi un minimo di storico e di pubblico lo ha già. Probabilmente questo è dovuto ad un esubero di uscite che rende difficile individuare i progetti valenti in questo mare magnum di pubblicazioni. A questo punto ti chiedo, essendo questo il tuo primo album da solista, che percezione hai rispetto a questa situazione e con che animo si lancia il proprio progetto sul mercato discografico oggi?
Immagino che l’animo giusto sia quello del pirata, dell’outsider. Io non cerco conferme, non cerco approvazione, non cerco una pacca sulla spalla. La cosa più onesta che posso fare è parlare di storie vere, nell’unico modo in cui sono capace. Se qualcuno apprezzerà, sarò molto felice, altrimenti pazienza.