caspio vive a Trieste, città di confine che si si sviluppa sul, intorno e grazie al mare. Suona da sempre, da subito. Batteria, basso, chitarra. Nel 2019 esce Giorni Vuoti, il primo album maturo, sfogo di anni di soffocamento, di inibizione. Rockit ha detto di caspio che “il suo stile e il suo pensiero rimangono impressi facendo riecheggiare la voce di un artista che ha davvero qualcosa da dire”. In “mai” caspio fa pace con se stesso, pur riprendendo alcune intenzioni chiave della sua scrittura: non racconta mai storie, ma esplora concetti che gli sono cari per trasmetterli a chi lo ascolta in modo più chiaro, più esplicito, meno criptico rispetto a una volta. caspio fa musica elettronica, con influenze anni ’90, in una veste completamente nuova, attuale. È un trentacinquenne che, finalmente, sa quello che fa.
Ecco cosa ci ha raccontato a proposito del suo nuovo singolo “bilico”.
Che cosa, secondo te, è intergenerazionale?
Intergenerazionale è la preoccupazione per il futuro. I giovanissimi percepiscono un senso di ansia perché non sanno ancora che strada prendere, i trentenni perché già sanno che le loro aspettative potranno essere disattese, perché hanno scelto un lavoro sbagliato, perché non riescono a immaginarsi una vecchiaia serena, i cinquantenni perché da lì in poi si esaurisce del tutto quel senso di immortalità che caratterizza la giovinezza, gli anziani perché sono consapevoli che il loro futuro non sarà ancora lunghissimo. Ecco perché uno dei temi che mi sta più a cuore è quello del tempo. Perché il tempo che passa, passa per tutti. Il tempo è intergenerazionale.
Quale consiglio daresti a chi non sa affrontare la solitudine?
Consiglierei di fare cose, di riempire il proprio tempo. Quando si riconosce a se stessi di saper fare una cosa, ci si fa compagnia da soli. Guarda la musica: ci si può sentire soli mentre si produce nuova musica? E, a volte, quella che sembra essere una scelta di solitudine, porta a conoscere così bene se stessi che poi viene più facile ributtarsi nella mischia.
Qual è la connessione tra “mai” e “bilico”? I due brani vedono gli stessi personaggi?
Il tema comune è, per l’appunto, quello del tempo. In “mai” il tempo è servito per maturare, per tirare le somme, per fare pace con se stessi. In ”bilico” il tempo è quello che verrà, che servirà per rimediare. In “mai” mi ci rivedo, in “bilico” non sono coinvolto, sono solo un osservatore esterno.
Come nasce un brano di caspio?
Mi sveglio un giorno con un gomitolo di idee da sbrogliare, con in mente mezzo testo, parte della melodia, metà dell’arrangiamento. Concentrandomi sul risultato che voglio ottenere, mi chiudo nel mio studio e tirano un filo dopo l’altro, disfo il gomitolo e lo tesso.
Come descriveresti la sensazione dell’essere in “bilico”?
In bilico si sente chi è in equilibrio instabile, chi è davanti ad un bivio, in uno stato dubbioso, incerto. Sai benissimo che basta spostare una briciola, un sassolino, per cambiare tutto, ma non riesci a prendere la decisione che sposterà l’equilibrio. Io, in bilico, mi ci sono sentito spesso, ma per fortuna ho sempre trovato la forza, il coraggio, il supporto, per buttarmi.
Prossimi passi prima del disco?
“mai” ha dato il via ad un nuovo caspio, un po’ più consapevole, più solido, che non riesce a stare in silenzio per molto. “bilico” è l’intramezzo in cui ricordo al pubblico che quella parte di cervello dedicata alla musica va a mille. Prima del disco ci saranno altre sorprese, forse un caspio più intimo, un po’ inatteso.