Un disco sporco di terra, di quella polvere che arriva spostando i mobili in disuso dentro casa. Un disco che però guarda al mondo con la preziosa produzione di Manuel Volpe e Simone Pozzi. Un disco che si ancora allo storytelling di Dylan e di Donovan e che cerca poi negli arrangiamenti un’aria apolide che non saprei come altro raccontare. Un esordio prezioso che ovviamente non lascia indifferenti. Lui è Francesco Cavecchi in arte Carsico e questo è “Terra\Cielo”, il suo disco d’esordio a cui voglia restituire luce nonostante sia un lavoro che ricerca il buio e l’intimità. Davvero un mondo pregiato come non accadeva da tempo.
Una canzone d’autore importante, lontana dai cliché di oggi, vicina alle radici di un tempo. Da questo futuro che cosa pensi si possa prendere ad ispirazione?
Ci sono argomenti, tematiche, che non smetteranno di intrigare chi scrive, da sempre, per sempre. Il futuro, questo futuro, pone in risalto aspetti fino ad oggi colpevolmente marginalizzati quali il ruolo della donna, i diritti delle comunità LGBT, il clima e la violenza perpetrata ai danni dell’ambiente e degli esseri che la popolano. La buona canzone è politica anche quando non sembra esserlo in modo evidente, dunque avremo molto su cui scrivere, con tenacia e ambizione.
Parlaci di questo titolo. Terra. Cielo. Un tutt’uno o è doveroso separarli?
La rayuela, il “gioco del mondo”, parte dalla terra con l’obiettivo di raggiungere il cielo. Idealmente, almeno per me, è il tentativo assolutamente laico di cogliere la tensione verso l’alto, verso l’altrove, inseguendo l’Idea, lasciandosi soppraffare dal daimon, l’intermediario tra l’uomo, dunque il terreno, ed il divino, il cielo.
Carsico… sottoterra che poi torna in superficie? In qualche modo la tua biografia o il tuo modo di stare al mondo?
Entrambi. Ho impiegato molto tempo a considerare buono il mio materiale proprio alla luce del fatto che ho sempre preferito stare un poco in disparte, convinto che non avrebbe aggiunto ne’ tolto nulla alla musica e alla scrittura per la musica. Mi hanno fatto cambiare idea, dunque…
Manuel Volpe alla produzione e subito il disco prende un taglio internazionale… come nasce questa comunione di intenti?
Ho conosciuto Manuel Volpe anni fa ed ho amato molto i suoi dischi. Avevo bisogno di qualcuno che comprendesse il nucleo dal quale fluivano i brani, principalmente, qualcuno al quale affidare una cosa tanto preziosa, intima. Manuel è divenuto il demiurgo, è uno di quei musicisti che possiede il raro dono di saper vedere oltre, di immaginare il vestito perfetto per dei brani che all’inizio, nel mio caso, sono semplicissimi accenni di chitarra e voce.
Il suono finale è come te lo aspettavi oppure hai scoperte cose nuove della tua scrittura che da solo non pensavi di poter raggiungere?
Il suono finale è addirittura migliore di come me lo aspettassi, è ricco, intenso, tocca corde profonde. Uno dei miei desideri era quello di rendere omaggio ai miei ascolti privilegiati, ai dischi fondamentali nella mia vita d’ascoltatore. Direi che grazie a Manuel ci siamo riusciti.