ll caso Madonna, e il suo concerto con i biglietti da 300 euro, ha portato alla luce quanto il prezzo dei biglietti stia salendo vertiginosamente, facendoci domandare se la musica è un bene di lusso ormai
– di Silvia Ravenda –
Negli ultimi tempi si sta discutendo sempre più animatamente sul costo dei biglietti per assistere ai concerti, non ultimo quello di Madonna del 23 novembre al Forum di Assago, andato sold out in poche ore e che ha convinto l’artista ad aggiungere una nuova data il 25 novembre con prezzi che vanno da 387€ in su (il prezzo dell’ingresso vip che sfiora i mille euro è già sold out). Al prezzo folle si aggiunge un altro problema ovvero la prevendita selvaggia che mette in vendita biglietti mesi e mesi prima dell’evento.
Ma davvero andare ai concerti è diventato un lusso per pochi? La risposta che mi do è :“dipende”!
Dipende dal concerto, dall’artista o dalla band, dagli artisti emergenti o indipendenti il cui costo dei biglietti parte dalla cifra popolare di €10 ai più noti artisti nostrani che possono andare da 25 a 80€. Cosa diversa è se si vuole partecipare ad un concerto di un Big della musica: ecco dunque i famigerati prezzi stellari.
Ma perché costa così tanto assistere ad un evento di un Big o andare ad un Festival, e soprattutto perché siamo (quasi) obbligati a comprare un biglietto mesi e mesi prima?
IL PRINCIPIO DI SCARSITÀ
La risposta, è data dal cosiddetto “principio di scarsità”, molto in voga nel marketing e soprattutto nel web marketing. Di che si tratta? Semplicemente, siamo portati a dare più valore a qualcosa se questa è limitata nel numero, come spiega Cialdini ne “Le regole della persuasione”. Ecco che, se si mette in vendita qualcosa molto in anticipo, si sarà portati a pensare che questa cosa finirà presto e, se la desidero, devo correre a comprarla subito.
È corretto? No, ma si tratta delle regole del mercato, e la discografia ha oggi estrema necessità di incassare tanto e subito, considerato che dagli streaming sulle piattaforme si guadagna poco e, si sa, dischi o cd ormai non si vendono quasi più.
I concerti, dunque, diventano il vero mezzo di monetizzazione non solo per gli artisti, ma anche per tutto quello che gravita attorno ad essi: dalle case discografiche, allo staff, ai musicisti, al noleggio della strumentazione e delle impalcature, ad i tecnici, fonici, addetti alle luci e non per ultimo alle società di distribuzione ed organizzazione degli eventi.
I COSTI DI UN EVENTO
Il cachet dell’artista o della band è solo una delle voci di costo che compongono un evento, costi che ultimamente stanno aumentando a dismisura rendendo sempre più complicata la gestione delle tournée, specie se di carattere europeo o mondiale. Di recente, ad esempio, gli Animal Collective, band statunitense, con un post sui social hanno dichiarato di annullare il loro tour europeo in quanto non in grado di sostenerne i costi.
La sostenibilità di un evento è infatti la chiave di lettura che vi invito ad utilizzare nell’affrontare questo argomento, perché se è vero che la sostenibilità dei costi è un dato oggettivo (conti alla mano) è altrettanto vero che la “sostenibilità” in termini di potere di acquisto è fortemente soggettiva: ciò che è folle per molti non lo è per altri, e questo, ovviamente, vale per tutto dalle auto ai prezzi dei biglietti.
Chi lavora nel marketing, infatti, lo sa bene, applicando a pennello strategie di vendita mirate non all’evento in sé ma alla “experience” che l’evento suscita ed allo “status symbol” che conferisce il partecipare ad un evento, esattamente come mangiare in un particolare ristorante o possedere un orologio.
Noi amanti della musica spesso dimentichiamo, nella nostra visione romantica, che l’industria musicale è un’industria vera e propria e che per vivere deve fatturare, e per fatturare, creare margine ed investire deve, anche, poter vendere i biglietti a costi tutt’altro che alla portata di tutti.
TORTO O RAGIONE
“Ma quindi dai ragione a chi propone il costo stellare di questi concerti?”, già sento l’eco delle vostre perplessità.
Il punto non è chi ha ragione o torto, perché ragionare sul “bianco o nero” non porta da nessuna parte o al massimo, considerato che questi eventi vanno quasi sempre sold out, darebbe ragione a chi impone tariffe da capogiro.
L’accento dobbiamo porlo sul nostro potere di scelta, oltre che di acquisto: perché se è vero che “le regole le fa il mercato” è altrettanto vero che il mercato studia modelli di comportamento di cui siamo noi artefici, con le nostre scelte.
Ecco che se iniziassimo a disertare concerti da cifre astronomiche, se smettessimo di acquistare biglietti 12 mesi prima del concerto, si creerebbero nuovi modelli comportamentali di cui il mercato non potrebbe non tenerne conto.
Completamente d’accordo su questo argomento . In passato esistevano gli autoriduttori , capaci di dare fuoco e mettere alla gogna chi si permetteva di chiedere 5700 lire per un concerto . TROPPO ALTO . Io da tempo , ho un idea , che non so quanto logica , come nel calcio creano stadi propri , così musicisti , possono creare un ambiente proprio , modello teatro , con gli scenari appropriati , e da lì suonare SEMPRE , trasmettere sempre , ai compratori di questo evento , ovunque nel mondo , senza spostarsi mai , fruibili pienamente da ogni luogo e casa , in TV , con patatine e cotillons , al prezzo di una partita-tv ! Naturalmente l’idea è mia . Mi uccideranno quelli che ci ” rimettono “. Però quante categorie avvantaggiate !!!!