– di Martina Rossato –
Quando mi sono trovata ad ascoltare la musica di Carlo Addaris mi è subito stato chiaro che si trattasse di un artista a tutto tondo. Non sapevo ancora che fosse nato come attore ma già avevo immaginato che la sua capacità di creare immagini e scenari così vividi e variegati potesse venire dal mondo del teatro, o almeno che dovesse appartenere a una persona quantomeno molto creativa.
In effetti, prima di darsi alla musica, è stato il teatro il mezzo con cui ha cominciato ad interfacciarsi al mondo dello spettacolo. Ma, si sa, molto spesso teatro e musica vanno di pari passo e così fa il suo esordio come musicista. Dapprima come frontman dei Colazione Freak, nel 2016: il gruppo ha molto successo, suona in lungo e in largo per la Sardegna e arriva al Tora Tora Festival, Rock Tv Tour, Voci per le Libertà.
In seguito, Addaris continua a seguire il percorso musicale come mente dietro al progetto di musica elettro indie pop Lo-Car col quale ha pubblicato un demo auto prodotto e scritto “Diskotales”, pubblicato dalla Needream Records, e successivamente esordisce come solista nel 2016.
Tutta questa premessa per arrivare ad oggi: il 10 dicembre ha pubblicato il suo terzo disco solista, “Mondi”, ma in tutto questo tempo non è cambiato molto. O meglio: il suo stile si è evoluto, le sonorità hanno preso altre direzioni e il suo senso critico si è affinato, ma non si è mai fermato nella sua ricerca di sempre nuovi punti di vista. Anche rispetto a “Metamorfosi”, il suo primo album solista, Carlo Addaris di strada ne ha fatta molta.
In questo ultimo disco, autoprodotto e suonato interamente da lui, racconta questo viaggio che lo ha portato ad esplorare i suoi mondi, a partire dalla dimensione dell’interiorità per poi andare a toccare i grandi spazi, come gli “Oceani sotto al mare”, passando per le atmosfere elettro dark di “Satellite”. Per questo, il titolo del disco non potrebbe essere più indicativo.
Per parlare di questi mondi, Addaris ha usato gli strumenti del suo studio personale Freak House Music, registrando all’interno di quel laboratorio di idee che abbraccia musica e immagini e che a Carlo piace chiamare Play this music loud.
È un artista a cui piace mettersi in discussione e sperimentare, anche per questo definire il genere di questo disco non è un’impresa semplice: dovremmo piuttosto parlare di “generi”, al plurale. Ogni brano è a sé, ma si sente forte e chiara l’influenza di musica dal sapore molto spesso retrò, che affondano le radici negli anni della Beat Generation.
“Mondi” è quel disco che piace a chi è rimasto con il cuore nel passato, ma apprezza anche le sonorità elettroniche. Il viaggio di Addaris è un viaggio fisico verso le parti più scure del nostro vivere quotidiano, ma che non lascia da parte nuovi mondi allucinati ed illusori, ancora tutti da esplorare.