(NOTA: nell’articolo si parla abbondantemente dell’intervista di Antonio Dikele Distefano a Fedez a teatro, facilmente reperibile su YouTube ormai. Non trovandoci noi d’accordo con il modello di intervista e contenuto giornalistico/proposto non vogliamo condividere il video nell’articolo, quindi in caso la scelta se vedere o meno quel contenuto spetta al lettore)
– di Riccardo De Stefano –
Chissà se in Italia almeno per un giorno si riuscirà a non parlare di Chiara Ferragni e Fedez.
La coppia, sapientemente ribattezzata “Ferragnez”, ha saputo monopolizzare l’attenzione nazionale attorno a sé creando un impero comunicativo, andato molto al di là dei rispettivi ambiti – e meriti – professionali.
Da un lato Chiara Ferragni ha iniziato nella moda per diventare un’influencer capace di toccare quasi ogni ambito possibile, dalla comunicazione ai diritti sociali e più di recente enfatizzando l’immagine e il ruolo della madre e della donna nella contemporaneità.
Fedez, dal canto suo, ha smesso di essere semplicemente un musicista per diventare qualcosa di più complesso, anche lui a metà tra il mondo dello spettacolo e l’ambito sociale se non addirittura politico.
DIKELE, FEDEZ E LA GUERRA DEL NIENTE
Dopo settimane di tira e molla, alla fine è uscita: nella recente (e pessima) intervista pubblicata da Esse Magazine a Fedez, Dikele Distefano prova a mettere il cantante milanese in difficoltà con una serie di domande capziose e tendenziose per screditarlo, farlo cadere dal suo trono e rivelare a tutto il Mondo il grande bluff che c’è dietro.
L’intervista dura quasi due ore e, se riuscite a sopportarla, è un continuo tirarsi frecciate, cercare di colpire l’altro in un angolo scoperto e girare intorno due o tre argomenti poco interessanti.
Tralasciando quanto faccia schifo questo tipo di giornalismo, molto più vicino al gossip, che comunque ha un’enorme visibilità (e quindi un cospicuo ritorno economico) a discapito dei contenuti, quello che esce fuori è quanto Fedez sia migliore di tutto quello che lo circonda.
Non dal punto di vista musicale, ça va sans dire. Eppure se Dikele riesce a confermare qualcosa, è come Fedez sia un comunicatore bravissimo, sempre un passo avanti agli altri.
LA MUSICA È MARKETING
L’intervista a Esse Magazine ci permette di capire meglio Fedez, in un momento in cui non è circondato da lacchè e amici.
In uno dei passaggi più interessanti dell’intervista, in risposta a una frecciata di Dikele riguardo il fatto che “si è parlato più del marketing dell’album che dell’album”, Fedez si avventura in un interessante discorso su quanto oggi marketing e musica non possano essere l’uno superiore all’altro, ma debbano andare di pari passo in quanto inevitabilmente due facce della stessa medaglia.
Questo – stando a quanto dice Fedez – significa che lanciare un prodotto pop è importante tanto quanto il prodotto stesso. Un prodotto – un disco, un singolo – oggi non è solo la canzone, ma è anche se e che featuring è presente, che media entrano in gioco nel lancio promozionale, cosa succede sui social prima e dopo il lancio. una canzone non è solo una canzone: è come Spotify ti fa ascoltare quella canzone.
In altre parole, non importa come sia la canzone o se ha successo, perché se ben lanciata, avrà sicuramente quel numero di ascolti utili. L’importante è che esista, a prescindere da tutto il resto. E per esistere deve essere lanciata, discussa e chiacchierata.
È più importante il messaggio, in quest’epoca dove il singolo ha una vita di tre mesi per poi sparire per sempre ed essere dimenticato: questi tre mesi devono essere rumore e notizia intorno al singolo, e quindi all’artista. Ecco che così facendo Fedez ci mostra la realtà della musica di adesso, un espediente per raccontare qualcos’altro.
FEDEZ VUOLE ESSERE POP(OLARE)
Fedez nell’intervista rimarca molte volte il fatto di essere un artista “pop” più che “rap”. Presto detto: da anni, Fedez è aggredito verbalmente da tutti in quanto “poser” (si dice ancora così?), fake, imbroglione, venduto, uno che ha preso l’attitude della street credibility (qualsiasi cosa significhi) e l’ha utilizzata per fare canzoncine.
Fedez lo ribadisce da subito: mai stato rap, solo pop. Non giudicatemi come uno che si è svenduto perché ho solo e sempre fatto questo.
In realtà, Fedez più che essere “sempre stato pop”, ha sempre e solo voluto essere “popolare”, che è una cosa diversa. Al di là dei generi – e sicuramente è un rapper – il suo intento era diventare rilevante, importante e famoso. Arrivare più in alto degli altri e avere quel potere e quella visibilità che adesso ha.
FEDEZ È MARKETING
Andando avanti nell’intervista, Fedez conferma l’idea che abbiamo tutti: il Fedez musicista è soltanto una piccola declinazione di un imprenditore con interessi più ampi. Lui stesso afferma che la musica garantisce una piccola percentuale dei suoi guadagni complessivi, e quanto serva soprattutto a lui per raccontarsi ed esprimersi artisticamente, quindi umanamente.
I suoi interessi vanno altrove: nelle imprese di famiglia, nei lanci promozionali di tutto quello che fa, ma soprattutto, come ribadisce, nella sua associazione benefica.
Ecco un altro spunto di contrasto tra Dikele e Fedez. Breve backstory: a supporto di “Disumano” è stata fatta una campagna di beneficenza, per cui parte degli introiti del disco sono stati devoluti tramite l’ente fondato dal cantante milanese. La conversazione tra Dikele e Fedez finisce per inciampare sui commenti di Marracash e Guè sullo squallore della beneficenza dichiarata per spingere e pompare le “vendite” dell’album.
E qui possiamo davvero vedere chi è Fedez.
IL CAVALIERE BIANCO FEDEZ
Per capire Fedez dobbiamo capire quello che lui ci dice, il suo ammettere di avere un potere comunicativo e non solo, ma un peso sociale – oltre che social – gigantesco.
Fedez si sente in obbligo di fare qualcosa, di essere importante per qualcuno, per la sua famiglia, per la società, per il mondo.
È la cosiddetta “sindrome del cavaliere bianco”, il bisogno compulsivo di dover “salvare” qualcuno a prescindere dai modi, dalle necessità altrui e dalle proprie effettive capacità. Il che, nel caso di Fedez, si tramuta comunque in un gesto totalmente egotico.
Bada bene: “egotico” e non “egoistico”. “Atteggiamento psicologico (diverso dall’amor proprio e dall’egoismo) che consiste nel culto di sé e nel compiacimento narcisistico e raffinato della propria persona e delle proprie qualità” (cit Treccani). Egotico nel senso che qualsiasi cosa che viene fatta a riguardo ha soltanto l’effetto di far parlare di sé e non della cosa che viene fatta.
L’EGOTISMO DI FEDEZ
Così, l’intervista a Esse Magazine rilancia l’idea che Fedez fa del bene, senza parlare mai di dove questo “bene” vada a finire.
È la stessa dinamica che abbiamo già visto il primo maggio del 2021, quando Fedez aizzò la polemica contro la Lega, la RAI e gli organizzatori del Concertone per la presunta censura preventiva cui era stato sottoposto. Censura che di fatto non è mai avvenuta, dato che sul palco ci è andato a parlare e la polemica è esplosa dopo la sua performance. Anche in quel caso, come sempre, Fedez ha coperto il messaggio, mettendocisi davanti e finendo per far parlare più di sé che del resto.
Questo è Fedez: mettere se stesso prima delle cause che spinge e promuove. Ma sono sicuro che lui lo faccia in buona fede: il problema è non capire i propri limiti umani, in questo momento di onnipotenza comunicativa, pensando di poter effettivamente cambiare le cose, anzi convincersi di cambiarle, quando l’unica cosa che alla fine si ottiene – forse coscientemente, forse no – è mettere se stesso davanti a tutto, a discapito del messaggio.
Ma non fraintendete, sarebbe ingeneroso pensare che tutto sia inutile: lo abbiamo visto ad esempio con “Scena Unita”, il fondo a sostegno dei professionisti dello spettacolo che ha portato diversi frutti, circa 6 milioni di euro a giudicare da quanto detto nell’intervista. Tutto bello, tutto giusto.
COSA RIMANE DI FEDEZ
Non sono sicuro che il mondo cambierà grazie a Fedez. Sono però sicuro che il mondo di Fedez sia cambiato grazie a questa sua spinta egotica. Sembra quasi di vedere l’immagine di un Fedez a cavallo, con l’armatura bianca e una spada aizzata verso il sole, per muovere una carica dove nessuno lo sta seguendo perché nessuno può realmente seguirlo, visto che sta facendo questo gioco da solo, col primo (e spesso unico) risultato di essere davanti a tutti, radioso, bravo e bello.
Il dramma è questo: nessuno può seguire Fedez, nessuno può schierarsi con lui, perché è l’attore principale di questo monologo dove il soggetto ruota solo intorno a lui, dove del resto non si parla.
L’intervista a Esse Magazine ne è l’ulteriore conferma: nessuno parla e parlerà dei contenuti dell’intervista, quanto solo della lotta verbale tra i due. Nessuno si ricorda di cosa ha detto Fedez nel suo monologo, eppure tutti ricordiamo le sue storie Instagram dove parla di censura.
La musica di Fedez è un simpatico gadget allegato alla promozione più importante: quella personale. Nessuno si ricorderà di “Disumano” tra dieci anni, lo dice anche il nostro Federico. Ma di lui, invece, ci ricorderemo eccome, anche se, a pensarci bene, non sappiamo davvero perché.
Fedez ha un enorme talento. Forse non è quello musicale, forse non è quello artistico, ma la capacità di trovare sempre il modo di ribaltare il punto di vista e far parlare di sé anche quando non c’è nulla da dire.