– di Giuditta Granatelli –
Alberto Salerno, in arte Buzzy Lao, nasce a Torino nel 1987 da genitori calabresi. Dopo un periodo trascorso a Londra, torna a Torino dove dà inizio al suo progetto di solista e nel 2018 si trasferisce a Palermo, dove vive tuttora, sempre più distaccato dai social e dal mondo esterno. Amante del mare, chitarrista e cantautore emozionante, il 18 maggio ha pubblicato il singolo “Fango”, che anticipa il suo terzo album. Gli ho fatto qualche domanda su Skype per approfondire la sua arte.
Nel tuo comunicato stampa ho letto che sei torinese di origini calabresi. Quello che mi ha colpito di più, però, è che affermi di essere cresciuto musicalmente a Londra. Questo per te cosa significa esattamente? Parlami un po’ del tuo percorso artistico e personale.
Io ho cominciato subito a suonare, a nove o dieci anni. Poi ho frequentato un po’ di progetti musicali, in particolare una rock band, con la quale ho girato un po’ l’Europa e sono finito a registrare un disco a Londra. Dopo che il progetto si è sciolto io sono rimasto lì e ho frequentato molto la scena londinese delle jam session blues e degli open mic, ancora molto viva. Dico che sono cresciuto lì musicalmente perché sei anni non sono pochi, è stata un’occasione per confrontarmi con un sacco di musicisti internazionali… e poi a Londra prima o poi ci finiscono tutti, è un porto di mare musicale di altissima qualità. Tornato a Torino, nel 2015, ho cominciato a scrivere in italiano, ho dato il via al mio progetto da solista, Buzzy Lao, e ora giro solo in Italia per i concerti. Il mio progetto musicale e molto della mia attitudine alla scrittura però viene dal mondo anglosassone.
E quando scrivi sei più impulsivo o lasci che l’ispirazione attraversi una sorta di processo e poi, quando sei pronto, la lasci uscire?
La mia scrittura è molto personale e riflette la mia vita interiore, infatti ho scelto di non scrivere per altri. Ci ho provato, ma non è il mio campo da gioco. Le mie canzoni sono creazioni che io ho costantemente in loop, un giorno esce fuori una parola, un giorno un’altra e magari solo dopo qualche mese riesco veramente a capire di cosa voglio parlare su un certo tessuto sonoro. Parto sempre da esperimenti con la chitarra e dai mugugni arrivo alle parole, fino a formare un testo. Per questo motivo per me scrivere è un processo molto lungo, a parte rari casi in cui viene fuori subito la strofa. È come se mi accarezzassi ogni giorno con queste canzoni e riuscissi a trovare un modo per tirare fuori quello che voglio dire. È un modo, per me, anche solo per digerire la giornata. Mi metto lì con la chitarra e alla fine sono le canzoni che voglio suonare le stesse che sviluppo in una forma più finita, che poi magari diventa un disco. Un po’ come chi ha l’orto in casa e lo coltiva di giorno in giorno.
Per quanto riguarda la tua musica, invece, cosa pensi che dia ai tuoi spettatori?
Le canzoni che pubblico sono le stesse che mi suono come colonna sonora di vita in determinati momenti, magari quando passo periodi più riflessivi o per superare delle difficoltà, per contemplare un’amicizia o un amore. Mi auguro che anche chi ascolta riesca a immergersi nella stessa sensazione. Mi piace pensare che siano canzoni che curino aspetti della nostra vita interiore che hanno bisogno di guarigione, è la parte dell’aspetto comunicativo più importante quando scrivo.
Ti sei trasferito a Palermo. Doveva essere una permanenza di un mesetto ma poi sei rimasto lì. Come mai? E in che modo ha influito questa città sulla tua musica?
L’argomento Palermo si apre nel 2016 insieme a quello del mio primo disco, Hula, che ho deciso di registrare lì con Fabio Rizzi. È subito scattato qualcosa, come si suol dire, l’ho trovata subito una città della mia misura, sia per quanto riguarda le persone sia perché è una città sul mare, con cui ho un legame molto forte… è probabilmente il luogo naturale più potente che ci sia, anche perché lì è nato tutto. Per me la possibilità di vivere in una città sempre più internazionale ma che allo stesso tempo ti permette di stare immerso nella natura è molto importante, più degli incontri professionali che si possono fare in altri posti. A Roma, per esempio, ho trascorso un periodo di sei o sette mesi, ma sul mio bilancio artistico ha pesato di più l’ambiente naturale dove vivo. In pratica dopo l’esperienza del 2016 mi sono fatto degli amici a Palermo e ne approfittavo, trovavo scuse per rimanere una settimana o due in più. Dopodiché ho deciso di registrare qui anche il mio secondo disco, Universo/Riflesso e mentre lo registravamo ci siamo resi conto che aveva bisogno di un periodo di gestazione più lungo. Allo stesso tempo si era liberata una casa in centro di un mio amico e ormai sono palermitano, vivo qui da due anni. È vero che per girare per concerti devi partire ed è vero che farlo da Roma o da Palermo è diverso, ma per me è più importante vivere in un posto che sento mio e in cui posso andare al mare sei o sette mesi all’anno.
Avverto molto ciò che stai dicendo perché sono milanese ma di origini siciliane. Tornavo in Sicilia ogni estate ed era una sorta di riconnessione con le mie origini. Pensavo fosse scontato, quando ero piccola, poter andare al mare in questi passaggi naturali bellissimi…
E invece no!
E invece no. Hai menzionato Universo/Riflesso. Ho letto che è stato percepito come uno stacco da come facevi musica prima, come un qualcosa di diverso. Secondo te in che senso, perché?
L’attitudine con cui sono nate e state prodotte la canzoni era diversa. Il primo disco è stato istintivo, da live band, l’ho registrato in due settimane in una stanza, con mio fratello. È una sorta di fotografia di un momento in cui vivevamo tanti concerti, poi siamo entrati in uno studio di registrazione e l’abbiamo registrato di pancia. Questo secondo disco invece è stato completamente diverso, l’approccio è stato più riflessivo, ragionato, avevo bisogno a livello personale di fare luce in angoli più nascosti della mia creatività. Ha rappresentato un bisogno però, non è stato scelto a tavolino. Ora che ho fatto quest’esperienza, per il terzo disco sono alla ricerca di una creatività più spontanea, diretta ma non meno profonda e da “Fango” si capisce. Mi piace pensare ai dischi come a dei capitoli, sincronizzati anche con la vita di chi scrive. Nel terzo disco probabilmente c’è sia l’aspetto istintivo che quello ragionato, ma allo stesso tempo il più spontaneo possibile anche in registrazione. “Fango” infatti l’ho registrata a casa, senza soffermarmi troppo sul come, sul tipo di microfono ecc. Per me è stata molto intima come registrazione, alla fine le creazioni non troppo manipolate mantengono la magia dell’inizio, la scintilla iniziale che altrimenti viene un po’ persa.
A proposito di “Fango”, nello specifico da cosa nasce? Da quale ispirazione, da quale momento?
“Fango” all’inizio non pensavo nemmeno di pubblicarla. L’ho scritta ispirato dalla storia di una mia amica che non riusciva a vedere il lato bello dei cambiamenti. Allora da qui nata l’idea di scrivere un pezzo su una giovane donna che scopre lo strumento fantastico dell’immaginazione, che avevamo da bambini. Da qui il verso “era semplice persino vedere il mare nel fango”. Da piccoli eravamo in grado di riuscire ad accontentarci di quello che avevamo e non solo, andavamo oltre immaginando cose stupende, che stupende magari nella realtà non erano. Questo pezzo è nato così ed è forse uno dei pochi dove non sono io il protagonista ma questa donna, appunto, alle prese con la consapevolezza che qualcosa sta cambiando e che non bisogna rinnegare la visione della fanciullezza. È quando non si rinnega più il passato, secondo me, che si cresce veramente.
I tuoi progetti per il futuro, invece, con e senza pandemia?
Sicuramente quest’estate suonerò in acustico, solo chitarra e voce, perché si crea una dimensione intima che mi piace molto. Forse andrò anche in altre città italiane, anche solo per mandare un segnale… Anch’io ho avuto il dubbio se fosse giusto suonare o no quest’estate, poi ha vinto la voglia di comunicare con gli spettatori, mettersi in gioco, viaggiare per suonare. È una cosa che farò, dunque, nonostante le limitazioni. E ho anche intenzione di scrivere, Universo/Riflesso è già di un anno e mezzo fa, nonostante le pochissime date a causa del periodo. Ho tante cose nuove da ultimare e registrare.
Sembra bellissimo… Grazie mille! Buona fortuna con tutto.
Grazie, anche a te! Ciao.