– di CM –
Ascoltare Sebaa mi ha fatto molto bene. In queste placide domeniche (non so che giorno sia oggi, che state leggendo queste parole, il mio oggi è una domenica soleggiata e particolarmente silenziosa), riscoprire che la musica urban non è necessariamente quella che finisce su Scuola Indie e Graffiti Pop, che c’è mondo underground incontaminato in grado di cambiarti la giornata: Sebaa è una scoperta di cui non dovreste davvero privarvi. Che poi d’altronde mi ricordo quando ho installato Spotify sul mio telefono: per ora sono andata a recuperarmi velocemente tutti quei dischi, tutti quei brani che avevo perduto nel corso degli anni, quei dischi che non c’era verso di scaricare illegalmente e che avevo lasciato a casa dei miei. Un mondo sommerso che in quegli anni riemergeva per un misero abbonamento settimanale. Ora è esattamente il contrario, la resistenza la si trova fuori da Spotify e per avere un’illuminazione non basta vagare sulla piattaforma, ma lasciarsi sommergere. Sebaa non vi arriverà facilmente, e vi sto dando un consiglio spassionato per evitare di lottare per trovare un’artista fantastico, che l’algoritmo ha lasciato indietro.
“Butterfly Radio” è il disco di debutto di Sebaa, fuori per Waves Music Agency. Si tratta di un nuovo mondo stratificato e complesso di influenze, rigorosamente senza genere. Sebaa è dunque un rapper atipico: la musica diventa uno strumento per dire la propria, un esercizio di stile per migliorarsi. Solitamente in un programma radiofonico vengono trasmessi brani di artisti diversi dello stesso genere. In questo caso però, tutto si ribalta: l’artista è uno solo e i generi e le influenze cambiano di brano in brano. Sebaa ci regala un’autobiografia rap che è un collage di esperienze, pensieri, delusioni, feste e rumore. È impossibile trovare una collocazione precisa a questo disco, perché qui dentro ci sono le contraddizioni di un qualsiasi post adolescente in crisi, che nega la crisi a suon di concerti, alcol e amici.
“Butterfly Radio” è da ascoltare, gridare e piangere durante una trasferta in macchina per andare ad un concerto: uno slalom nella nebbia per raggiungere un localino sperduto nelle provincie ai confini del mondo. Un disco rap per chi non ascolta rap perchè universale nei temi: impossibile non ritrovarsi in “Ritornare Bambini” e nelle frenesie dei versi che paiono confusi ma in realtà sono lo specchio esatto della solitudine che noi tutti provinciali emigrati lontani ben conosciamo.
Intimo, imperdibile.