Il 22 marzo è uscito Canzonissime, quinto lavoro in studio e nuova avventura del cantautore romano Bombay.
– di Roberto Callipari –
Mi piacerebbe iniziare la riflessione su Canzonissime con una provocazione, che suona tipo: «Non ascoltate il disco di Bombay». Ma un po’ gli voglio bene, e non me la sento di dirglielo, non mi sento, neanche per scherzo, di dire una cosa del genere. Però c’è una ragione per cui ci ho pensato, ed è molto semplice: Canzonissime non è un disco di canzoni per noi, per il pubblico, per gli osservatori, per le cuffie. Canzonissime è un disco di Bombay per Bombay. Punto.
Onestamente, amo questo approccio. Che non è nemmeno l’approccio di chi se ne sbatte, di chi si spara le pose di chi fa quello che vuole per sentirsi più “artista”, qualunque cosa voglia dire essere artista. Bombay scrive Canzonissime per se stesso, perché ama la musica, la sua musica, la sua chitarra, e ha bisogno di raccontarsi alcune cose ogni tanto, ha bisogno di fermare degli istanti in musica, come a dire che ora esistono davvero, che magari sono passati, che magari ora fanno meno male, o che magari ora, a ripensarci, riescono a farlo sorridere.
Il sottotesto di tutto Canzonissime è esattamente questo: Bombay ha vissuto delle cose, le ha messe in ordine, le ha messe in musica, e se l’è cantate. Zero menate sull’hype, zero menate sul pezzo paraculo per le playlist: lui scrive per la sua pancia e la sua chitarra, e non c’è nulla di più onesto. Ed è immediatamente comprensibile: lo si sente da come nulla sia spiegato, ma tutto succede solo ed esclusivamente per lui, da come, nonostante degli arrangiamenti davvero interessanti, studiati e pesati, tutto sia comunque sullo sfondo, sempre dietro lui e la sua chitarra.
Un uomo e la sua chitarra, nemmeno “in lotta contro il mondo”: non c’è lotta qua. C’è il racconto, la narrazione della propria personalità interiore, così semplice e complessa al tempo stesso, fatta di emozione e trasporto nelle risate e nel dolore. E la cosa bella, è che nulla di tutto ciò sarà mai realmente comprensibile perché, appunto, Bombay non parla a noi.
Per questo, mi sarebbe piaciuto dire che Canzonissime non va ascoltato.
Poi in realtà i motivi per cui ascoltare il nuovo lavoro di Bombay sono molti, a partire sicuramente dallo storytelling: non so quanto sia difficile oggi trovare una narrazione così diretta di se stessi, una narrazione che non cerca riferimenti pop per strizzare l’occhio a questo o quell’ambiente, ma vuole solo esprimersi (ma ne abbiamo già parlato). E poi, sicuramente, ci sono gli arrangiamenti: bilanciati, curati, ben suonati, che riportano ai fasti della scena romana di venti ma anche trent’anni fa, in cui i nomi erano SInigallia, Tiromancino, Fabi, Silvestri e, forse, c’era più impegno nella ricerca della semplicità.
Andare oltre, a questo punto, mi sembra poco sensato visto che tutto è già stato detto. Magari un ascolto a Canzonissime daglielo.
Bombay è un cantautore parvenu romano, che suona la chitarra e canta le sue canzoni. È un bravo ragazzo, sincero con la sua musica, e non fa cover. Le sue canzoni parlano di tutto con leggerezza, anche della tristezza. Canzonissime è il suo quinto album, come sempre autoprodotto, che continua sul solco del lavoro precedente, Album, del 2020.