Abbiamo incontrato i Bluedaze, band di Varese che ha di recente pubblicato il suo nuovo singolo dal titolo Dreamwalk, una sorta di riflessione su chi siamo davvero quando nessuno ci guarda, di notte, in bilico tra dream ed electro-pop con il vanto di una produzione di eccezione, quella di Martino Cuman dei Non Voglio Che Clara. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Ciao Bluedaze. Lo chiediamo direttamente a voi. Quante persone siete ogni giorno?
Ciao Exitwell! Siamo tantissime persone, ogni giorno. La questione non è tanto il numero, quanto pituttosto come si riesca a conviverci. Il fatto è che non tutte queste persone ci piacciono, alcune le vorremmo proprio nascondere, fingere che non esistano. Eppure ci sono, vanno ascoltate e pure tollerate. E questo vale per tutti. Siamo ogni giorno immersi in una moltitudine invisibile di identità e sensibilità che continuano a mutare. Quindi non solo dobbiamo relazionarci con gli altri, ma anche con tutti gli altri che ci sono dentro di noi. Trovare un equilibrio in tutto questo caos è la sfida della nostra epoca e l’esercizio dell’empatia è probabilmente il punto di partenza.
Siete effettivamente persone notturne. Che cosa succede nelle vostre notti, e che pensieri vi conquistano?
È vero che la vera ispirazione è solo notturna? Sì, siamo tutti amanti della notte e della sua atmosfera. Ci sono un raccoglimento e un’intensità che difficilmente si trovano in altri momenti della giornata. E poi la stanchezza della sera lava via le sovrastrutture e ci concede di essere un po’ più naturali. Anche i pensieri sono decisamente più taglienti, di notte, come se lo sfondo scuro li facesse risaltare meglio. Per quanto riguarda l’ispirazione, invece, lei arriva un po’ quando le pare, è il suo bello.
Siamo sempre molto incuriositi dai progetti che arrivano dall’area di Varese, che sembrano sempre di generi diversi e sconnessi tra di loro. Come funziona?
Funziona esattamente come dite: ci sono tanti progetti musicali in zona, tutti diversissimi tra loro (ma non per questo meno validi). Probabilmente la geografia gioca un ruolo: Varese è fin troppo vicina a Milano per non esserne influenzata e anche sufficientemente vicina all’Europa per cercare contaminazioni oltre confine. E forse – proprio queste interdipendenze – hanno un po’ inibito la creazione di un’identità sonora del territorio. Ma, crediamo che la contaminazione sia un valore, quindi siamo curiosi di vedere a cosa porterà.
Com’è andata la vostra quarantena? Qualcosa di buono?
In quarantena abbiamo rilasciato il nostro primo singolo Hodad, quindi bene. Ma al di là di questo, possiamo tranquillamente definirla un “intasamento di emozioni”. Qualcosa di quel caos emotivo si è trasformato in nuove canzoni, qualcos’altro va ancora sbrogliato, ma in generale è stato un momento di ricerca, di riflessione e di studio…e di Play Station anche. E Netflix. E pizze, pure…
Perché siete affascinati dal mondo dei surfisti?
Viviamo tutti e quattro molto vicino al Lago Maggiore, questo significa che passiamo le estati in spiaggia tra amici, falò, tuffi e chitarre. Un po’ come dei surfisti in miniatura, ma senza il fisico né l’oceano…
A quando il vostro primo album?
Il nostro primo album si chiamerà Skysurfers e uscirà a novembre! Al suo interno ci sono due anime complementari: una più solare e groovy, l’altra più noir e malinconica. Crediamo ci rappresentino bene: abbiamo tutti e quattro un’indole malinconica che compensiamo però con una marea di cazzate. L’umorismo, da queste parti, è una cosa dannatamente seria. Per fortuna!