È un’esperienza prima di tutto. Poi arriverà il suono. Ancora dopo arriverà la cura. Biagio Accardi pubblica “Fai che accada”, suoni della natura cadenzati e ricamati anche dentro strumenti antichi oltre che quotidiani. Ha ragione la dicitura che leggo: “musica medicina”. La centralità del tutto, l’io che scorre e lascia andare nella consapevolezza. La canzone d’autore diviene onirica e sospesa…
Un titolo perentorio. Una preghiera? Uno scopo di vita? Come lo dobbiamo leggere?
Sicuramente un titolo urgente per un secolo smarrito. Un consiglio, la richiesta di soffermarsi a sentire l’essere divino che alberga in noi. Una preghiera o un mantra se si preferisce, oppure la supplica di recuperare la saggezza e tornare ad inebriarci dinanzi la bellezza, e che tutto questo avvenga prima nel proprio immaginario e facendolo diventare un atteggiamento mentale diffuso. Non siamo solo collegati con il Tutto ma siamo il Tutto. “Fai che accada” vuole anche sottolineare il potere delle vibrazioni: anche il pensiero è vibrazione e può modificare lo stato delle cose. Noi siamo ciò che pensiamo.
Da dove nasce tanta spiritualità e necessità di umanità? Dal futuro che viviamo o dal passato che abbiamo perduto?
La parola “spiritualità” mi sta un poco stretta, è un termine troppo abusato di questi tempi. Mi impegno a comporre una musica che fa bene al cuore e che ha come obiettivo indurre chi ascolta alla meditazione, al rilassamento e alla serenità predisponendo alla bellezza. Credo nel potere delle parole, che poi sono suono e prima ancora vibrazioni. Tutto quello che ci circonda è vibrazione, anche il nostro pensiero, questo è scientificamente provato; “la forza della mente è straordinaria”, questo è il mio mantra!
Che rapporto ha questo disco con la natura?
Quando non sono in viaggio per concerti, passo il mio tempo in un posto appartato, circondato dalla natura e immerso nel verde; contemplo le piante, respiro la brezza del mare che ho sempre di fronte e mi concedo molto tempo per meditare. Il terreno dove poggiano i miei piedi è cosparso di cristalli e fossili che hanno un’energia antica e con la loro presenza mi consentono di connettermi a qualcosa di atavico. Possiamo dire che mi “alimento con gli elementi”; che mi circondano. Sono questi gli ingredienti che contribuiscono alla realizzazione delle mie musiche, tutto concorre alla scrittura: l’osservare il movimento del sole dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, lo spuntare della luna da dietro le montagne, il roteare delle costellazioni attorno alla Stella Polare. Infine quello che della Natura più mi affascina è osservare cosa gira intorno all’uomo, che considero innanzitutto un Essere Vibrante. Ed è già attraverso questa prospettiva che cambia la nostra relazione con gli altri.
E tu che rapporto hai con il tempo?
Il mio atteggiamento è prevalentemente quello di restare nel presente. Nella mia interpretazione dell’esistenza non c’è né passato e né futuro; il primo è già passato e oltre a coglierne le esperienze vissute non possiamo fare (e anche su questo non ne sono proprio sicuro, considerato che l’essere umano è avvezzo a reiterare gli stessi errori). Non si può modificare il passato, restare nel rimpianto e nel rimorso potrebbe addirittura essere pericoloso, creando depressione. Mentre essere troppo proiettati al futuro potrebbe provocare ansia. Per questo la mia arte nasce dall’osservazione del circostante nel contesto attuale, per l’appunto del presente.
Nel disco hai raccolto anche suoni del mondo e sparisce quasi completamente ogni forma di computer… cosa ne pensi? Non trovi che anche la tecnologia faccia parte del mondo e di chi lo sta abitando?
In realtà nel disco utilizzo spesso sintetizzatori e drum machine, assolutamente la tecnologia usata bene può essere molto d’aiuto. Inoltre oggi è quasi inevitabile incidere un disco senza il supporto di un computer. L’elettronica ci può dare una grande opportunità per allargare gli orizzonti, a patto che la parte creativa e le doti artistiche compositive siano affidate prevalentemente all’essere umano e non alla macchina.