di Giuseppe Zibella.
I Belize lo avevano anticipato in parte con Replica il loro Graffiti, che sembra esserne il naturale prolungamento. Attraverso un gioco d’incastri tra i due lavori, la band varesina continua a distinguersi per autenticità. Le dodici inquadrature di una Milano caotica e insieme quieta coesistono in un’ambientazione elettronica, dal suono stratificato, in cui il trip hop delle origini ed il pop si miscelano ordinatamente, fornendo arrangiamenti originali, secondo regole di minimalismo e sottrazione.
Passeggiando lungo gli accalcati marciapiedi di Corso Buenos Aires pensandosi Laura Palmer, ci si ritrova di colpo tra il letto e la porta di casa in Pianosequenza. L’aria sognante dell’omonima Graffiti, piccola scatola armonica di suoni sintetici fa da contrappeso all’allucinata Iride, scandita da profondi bassi cardiaci.
Anche Mecna e Generic Animal partecipano alla festa, il primo collaborando alla cinematografica Non Aprite Quella Porta, il secondo negli intrecci vocali di Barca.
Graffiti è la voce urbana milanese, rumorosa nelle strade gremite e appena sussurrata negli antri reconditi.