– di Giuseppe L’Erario –
Dal nuovo album di Massimo Giangrande Beehives of Resistance emergono due elementi preponderanti: uno sperimentalismo di natura elettro-acustica degno di una ricerca sonora accurata e ben declinata in tutti i suoi aspetti, e un’introspezione che sottolinea l’attenzione dedicata al lato tematico-testuale dei suoi brani, per tale motivo, resi per niente banali. Giangrande nell’incisione di Beehives of Resistance riprende un po’ lo stile di artisti d’oltre manica come Radiohead e Paolo Nutini, i quali applicano sostanzialmente la sua stessa accuratezza nella scelta sonora. Il risultato finale è godibile all’ascolto, soprattutto perché caratterizzato da un mix di generi che va dal neo-psichedelico al dream pop, fino alla fusion e al cantautorato. Le qualità tecniche e compositive di Giangrande sembrano essere un buon banco di prova per l’artista che tende sempre a evidenziare la particolare cura dei dettagli, come ad esempio la propensione alla tensione armonica e la conseguente narrazione acutamente espressiva di ritmiche non sempre comuni.
La cura del suono, qui molto delicato e accuratamente calibrato, si incontra con armoniosità del suo lato cantautorale, e produce ottimi esempi come il brano d’apertura “Metal Rain”. La scelta stilistica dell’arrangiamento ricorda per certi versi anche le tecniche compositive più “pop” di Gilmour e Waters.
Giangrande spazia anche nei vari generi che orbitano attorno al jazz, come la bossa nova di “Electronic Eye”, pur mantenendo sempre uno stile soft ed equilibrato che crea quell’atmosfera molto rilassata e pensosa. Il viaggio musicale ed avventuroso di questo disco fa assaporare anche atmosfere folk e blues in brani come “Devil is Watching Me”, che in qualche modo omaggia lo stretto contatto che si crea tra l’artista e la “musica maledetta”. Giangrande non fa in tempo a collegare la sua anima alla tempestosa narrazione musicale delle lande del Tennessee, che subito dopo dichiara la sua innocenza con “Innocence I’ve Know”, un brano che arriva come la quiete dopo la tempesta e calma l’atmosfera aprendo all’ultima traccia del disco “Infinite Atoms”, che già dal titolo omaggia i Pink Floyd di Division Bells, e ricorda le atmosfere più jazzistiche del post-rock di gruppi anni Novanta come i Mogwai.
Beehives of Resistance è senza dubbio un bel mix di gustosa passione per la musica, ma anche di autoanalisi e riflessione, elementi che di certo potenziano il valore di un artista di difficile collocazione musicale. Del resto, quando ci si fa influenzare da più correnti e generi musicali il risultato non può che essere un caleidoscopio di affascinanti sensazioni.