Ecco il ritorno in scena degli Avvolte, la storica band torinese che ci regala un Ep fresco di pubblicazione dal titolo “Fenice”. È un viaggio intenso attraverso vedute di rock italiano contemporaneo con sfacciati rimandi a classicismi che non guastano mai. Con radici saldamente piantate nel terreno delle distorsioni educate a tratti anche permeando la scrittura di gusti stoner o crossover che dir si voglia – l’America non è affatto lontana. Sono queste le sintesi estetica con cui guardo il gruppo torinese riapparso a nuova vita: e non manca la potente critica sociale attraverso tutto l’ascolto, tema ormai portante di tante nuove scritture di oggi. E poi, sempre sinteticamente parlando, questa produzione che appena e senza darlo a vedere, si colora di un tocco trasparente di “elettronica” (le virgolette sono dovute) che però, senza fare spettacolo in tal senso, amplifica la profondità emotiva del suono e dei suoi arrangiamenti.
Il titolo stesso, “Fenice”, suggerisce un tema di rinascita e rigenerazione, e questo concetto permea ogni aspetto del disco. Le tracce sono cariche di energia e passione, con riff di chitarra taglienti che si fondono con ritmi incalzanti e testi che riflettono una visione acuta della realtà contemporanea… “Face to Face” penso sia una bandiera quasi politica di questa società moderna, in scena il dramma di non avere campo, di non avere elettricità e di ritrovarsi con i soli contatti che possiamo toccare… e qui subito ho pensato a “Sconnessi” il film di Christian Marazziti.
Insomma gli Avvolte tornano in scena e lo fanno con grandissima salute. Bello il video della title track dove anche qui campeggia questo mix agrodolce tra passato e presente (mai nulla dal futuro). E se l’appetito vien mangiando, siamo curiosi di capire che cosa raccoglierà la semina di un Ep come questo che dimostra sin da ora una maturità anche nella scrittura fatta di solide scelte che io evidenzio dentro la personalità che mi arriva, incisiva, nonostante il mondo classico non sia niente di originale. Forse, parlando di suono appunto, sono troppi i fantasmi che gravitano attorno: uno fra tutti i Negrita come dentro i dialoghi di chitarra che legano a se le strofe di “Roger”… anzi qui l’aderenza è tale che mi vien da pensare ad una citazione.
“Fenice” lascia lo stomaco vuoto e la fame tra i denti: un sonoro vaffanculo dato dall’incubatrice (in senso bello e a guisa di complimento) visto che sin dalla prima traccia avrei voluto che questo fosse stato un full length da godere su vinile invece che un “semplice” Ep in digitale. Insomma ci accontentiamo di questo antipasto e come sempre sottolineo ancora che, citazioni e fantasmi a parte, non è l’originalità che paga e non quella che cerco, ma è il modo personale con cui usare parole già scritte.