Perché un titolo come “Eterno”, per il singolo e per questo disco, sottende tantissimo e non solo un’estetica romantica di fine anni ’80. Atipico, nome d’arte di Andrea D’Orazio, pubblica un disco che prezioso pop d’autore figlio di una produzione assai ambiziosa e di grande qualità, tra suoni e mix che mettono in scena il meglio della nostra tradizione pop italiana. E il tutto dentro inediti che parlano di vita, di piccole cose, di un tempo lento che oggi si contrappone alla fretta liquidità digitale delle cose e delle persone. In rete il video ufficiale e anche qui, si torna indietro nel tempo, nelle abitudini, in quel certo modo di pensare alla faccia da dare alla musica pop.
Sempre interessante chiedere ad un esordio che tipo di mondo sta guardando attorno e che tipo di scena si aspettava di trovare…
Sicuramente non siamo in una situazione generale ottimale, quello che mi tormenta è che avverto un senso di ricerca della anestesia alla vita. Soprattutto dai ragazzi, coetanei e anche più giovani, faccio difficoltà a intravedere nei loro occhi la voglia per raggiungere un qualcosa. Sono certo che al tempo stesso ci sono ragazzi affamati, ma mi piacerebbe vederne molti di più. La vita è una occasione, non possiamo sottrarci.
Atipico ci sembra un moniker decisamente in contrasto con il pop d’autore che ci restituisci, molto attento ai cliché che hanno fatto storia. Cos’è Atipico dunque?
È proprio così. Vengo dal mondo del brit pop, del pop più classico italiano e dal cantautorato. Ad oggi credo ci sia carenza di alternative. Quel che provo a fare è dare un qualcosa che si collochi fuori dagli stereotipi dei tempi, o che un suono debba collocarsi per forza in una direzione o meglio, se si ha 23 anni si possono benissimo raccontare cose con del vissuto dentro. Per questo amo la sobrietà, l’essenza delle cose semplici e oggi credo che “Atipico” rappresenti proprio questo.
Bellissima l’immagine di copertina… una luce sotto la pelle del mare… come la leggi?
La luce è come un sogno o la felicità. Va rincorsa e ricercata a tutti i costi. Nel mio caso ho inteso la luce come un qualcosa che possono vedere tutti, ma per essere illuminati c’è bisogno di andare a fondo, io l’ho fatto nel disco, ripercorrendo anche le cose più dolorose, affrontando la paura del buio fino ad arrivare alla luce attraverso la verità.
Il tempo è una chiave di lettura forte per questo disco… che rapporto hai col tempo?
Il tempo è la chiave per realizzare le cose. Io lo intendo quasi come una fede. Nel tempo bisogna crederci sempre, perché davvero ha il potere di sistemare tutto. Noi viviamo attraverso di esso, e allo stesso tempo va saputo vivere accorgendoci anche delle piccole cose che ci circondando e che nella fretta della vita a volte ci perdiamo.
E tanta parte del suono resta ancorato forte anche al senso di pop anni ’80… o sbaglio?
Adoro la musica suonata, amo stare in studio con i musicisti, parte da lì. Sicuramente ci sono molti riferimenti di quegli anni.