• di Sara Fabrizi •
Il disco che mi ha ridato fiducia nella musica attuale è Uomo Donna di Andrea Laszlo De Simone.
Uscito quasi un anno e mezzo fa, esordio discografico vero dell’autore (all’attivo precedentemente un EP nel 2012, Ecce Homo), al primissimo ascolto ti inchioda e lascia senza respiro. Sì, per chi poi è nostalgico della gloriosa stagione degli anni ’70, questo album è una lusinga. Perché sentire che nel 2017 è possibile parlare d’amore con i toni, le sonorità, le sensibilità, della gloriosa stagione del prog e del cantautorato italiano è ricevere un inaspettato dono.
È un disco totale, impegnativo, con brani corposi, piuttosto lunghi, pause, cambi repentini di ritmo, di suggestioni, di atmosfere. Trasuda amore, dolcezza, amarezza, sofferenza, delusione, coraggio, disperazione e speranza. Scandaglia a fondo l’oceano del sentimento più grande e controverso e lo fa senza scadere mai nel noioso, nello sdolcinato, nel patetico. Anzi è fresco, e vivace, pure quando parla di dolore. 12 brani che sono 12 frammenti di cuore sospesi in un limbo musicale eterno dove il classico è attuale, come certi libri che avranno sempre molto da dire di decennio in decennio, di generazione in generazione.
Il primo accostamento che viene naturale fare all’ascolto è con Lucio Battisti. Sì, la capacità narrativa e i fraseggi musicali mai scontati, sempre nuovi. L’imprevedibilità, la sperimentazione che non sconvolge ma innamora e guida alla scoperta di modi inediti per dire cose, situazioni, sentimenti che sappiamo da sempre.Ma non solo il grande Lucio, c’è tutta l’eredità del nostro prog a rendere questo disco a dir poco interessante. La PFM, Il Banco Del Mutuo Soccorso, Le Orme, principalmente.
Ad aprire il disco è la title track. Uomo Donna inizia con un rumore di treni che si avvicinano e si avvicendano con sonorità psichedeliche per poi sfociare in un brano tipicamente prog per l’uso dell’organo, per la registrazione della voce (peculiarità che si troveranno in diversa misura in ogni traccia del disco). Un pezzo che si pone come manifesto programmatico dell’intero album, inizia a scandagliare la complessità del rapporto fra i due sessi.
Il brano seguente è una struggente ballad, Sogno L’Amore. Sofferta e delicatissima. Qui l’autore ha rischiato molto, ha corso il pericolo di scadere nel melodrammatico e nel patetico. Rischio che si corre quando si mette così a nudo la propria delusione amorosa, esternando tutta la propria disperazione e solitudine, mostrandosi totalmente vulnerabili. Carne da macello per ogni mediamente cinico ascoltatore. Eppure ne è uscito vincente. Il brano è bellissimo, e pieno di forza nella sua fragilità. Pochi al mondo prima di lui erano riusciti a dire ciò che lui dice in questo brano senza farci pena. Lui non ci fa pena, anzi. Diventiamo empatici col suo dolore, con gli occhi lucidi sentiamo come lui sente. E ci rendiamo conto che in fin dei conti siamo tutti così maledettamente uguali. Come Lucio Battisti in Non Si Muore Per Amore, come Ornella Vanoni in L’Appuntamento, come Il Banco in 750.000 Anni Fa L’Amore. Così Andrea Lazslo in Sogno L’Amore. Le sonorità delicate, i crescendo che ci portano a quel “Non c’è nessuno, ho amato un’ombra..”, un grido di dolore che raggiunto l’apice ripiega nel mesto organo e in un barlume di speranza e di propositività.
Il terzo brano è Vieni A Salvarmi. Qui c’è il rock della rabbia e della voglia di cambiare. “Per esser libero dovrei scordare tutto quello che ho imparato..”. Il crescendo, la batteria incalzante, la voce che grida. Questo è un vero inno punk con il sostrato del cantautorato. Ci stanno i CCCP, volendo. La chiusura con il violino riporta i battiti ad un livello accettabile.
Con il brano seguente, Meglio, torniamo nell’alveo della canzone d’amore. Quella bella, quella dolce, incantevole. Che ti fa venir voglia di andare al mare e pensare col sorriso a quell’amore perso, o mai vissuto completamente, o mai sbocciato. E a come fare per recuperarlo, per farlo rifiorire. Il ritmo incalzante di quel semplice universale “Ti amo amore, sarai mai pronta a ritornare? Amore..” mi fa pensare a 29 settembre di Battisti, alla parte finale, a quel “parlo, rido e tu, tu non sai perché..t’amo, t’amo e tu, tu non sai perché..”
Il quinto brano è Solo Un Uomo. Una riflessione amara sulla condizione di solitudine dell’uomo. Toni pacati, mesti, seri che sfociano in un finale di effetti psichedelici e noise rock. A seguire Eterno Riposo. Qui si parla della fine di un ciclo vitale, o di un amore. Che poi è la stessa cosa. E di quell’ostinazione di volerlo consegnare all’eternità per sentirci meno disperati, per non affrontare mai davvero lo spauracchio del distacco. Qui la voce registrata come se venisse da lontano, la psichedelia tenue che poi cresce e si dissolve suggellano un brano che ci rende amaramente consapevoli dei nostri umani limiti. Quindi passiamo ad un brano scanzonato e dalle sonorità latine. Questo non è Amore. Quanto Battisti ci sento dentro. Anima Latina, in particolare Due Mondi. Un pezzo godibilissimo, e allegro pur nel raccontare la delusione.
L’ottavo pezzo è Gli Uomini Hanno Fame. Brano molto lungo, 11 minuti e oltre. Un intro fatto di spezzoni di radio giornale in varie lingue. Estratti di notizie ai tempi di regimi dittatoriali, notizie di imprese storiche più recenti, di glorie calcistiche. Sotto una batteria che cresce ed effetti psichedelici che ricordano One of These Days dei Pink Floyd. Quindi al minuto 4:58 entriamo nel vivo del pezzo. Inizia a cantare, e subito l’anima prog del brano si svela in maniera decisa. Impegno e denuncia sociale. Che sia tornata la canzone di protesta con Gli Uomini Hanno Fame? Un brano imponente, interessantissimo nella sua varietà stilistica, in quello stacco di chitarra acustica che vorrebbe alleggerire il tutto, in quel finale in dissolvenza da Karma Police che poi lascia spazio a una psichedelia forse un po’ gratuita ma funzionale ad agganciare per contrasto la delicatezza del brano successivo.
Che Cosa è tutto acustico, fraseggi di chitarra dolci, il flauto sulla parola “Addio..”. Ci si interroga ancora su questo folle sentimento. Termina con un violino un po’ stonato e risate di bambini in dissolvenza. Risate che vengono riprese nell’intro del brano successivo. Frizzante e delizioso, le parole che lo descrivono meglio.
La Guerra Dei Baci è una dannata canzone piena di sole, di scenari estivi, di gioia pura. Sembra una hit estiva, di quelle travolgenti e belle. Che canti a squarciagola, guardando fuori dal finestrino in un viaggio in macchina che ti godi come non mai. Il ritmo veloce e incalzante, reso dal più solare degli organi prog, lascia spazio a un breve fraseggio di chitarra che ci fa sognare. Per poi tornare a cantare a squarciagola semplici imperiture parole “Ma che meraviglia, stare con te in questa guerra di baci!”. Una roba ereditata dallo scanzonato beat italiano, sound surf e echi di vecchi juke box in un bar di provincia o in un lido di domenica. Il finale è in dissolvenza, forse per riportare alla calma il nostro cuore sovraeccitato e innamorato. Ed ecco che il cerchio sta per chiudersi.
Fiore Mio è il penultimo brano. Un altro bell’inno all’amore. Una ballad prog che è una dedica bellissima alla donna amata, paragonata ad un candido fiore. Siamo nella fase più pura dell’innamoramento, non ci sono ombre. La durata è breve, meno di 4 minuti giocati su una voce quasi sussurrata e un organo che ci ricorda Le Orme. Quando si sta così bene, non ci sono troppi orpelli da aggiungere.
Quindi eccoci arrivati al brano conclusivo, Sparite Tutti. Avrei preferito diversamente, ma il finale è intriso di amarezza. “Sono innamorato, si salvi chi può, o non si salva nessuno”. Il vivere la condizione dell’innamoramento in maniera sofferente. Non c’è gioia. Solo zone d’ombra. Per 9 minuti, con la solita psichedelia qui funzionale a descrivere il turbamento. “Io sono il mio egoismo, la mia rabbia, la mia indole, io sono le mia bocca, le mie labbra e chi le tocca.” Parole pesanti ed illuminanti. Il cantautorato italiano si è arricchito di un nuovo importante tassello.
Complimenti, una recensione davvero appassionata e ricca di spunti. Ascolterò il disco prestissimo!