– di Giacomo Daneluzzo –
Arianna D’Angelo, in arte Ariannah, è una cantautrice abruzzese, classe 1996. Il suo percorso musicale inizia come chitarrista, per poi iniziare a comporre degli inediti e a pubblicare su YouTube dei live acustici, che la portano ad aprire i concerti di Arisa e Rossana Casale. Dopo varie esperienze, come la co-conduzione del programma radiofonico People Move, di cui scrive anche la sigla, partecipa a progetti di vario tipo, tra inediti e cover in italiano e in inglese, usciti a suo nome (“Fuori tempo”, “Any Love”, “By Your Side” e “Times Like This”). Nel 2021 ricomincia da capo con un nuovo progetto, Ariannah, pseudonimo con cui pubblica per Bit Records il suo debut single “Hope”. L’abbiamo intervistata per sapere di più sul suo progetto artistico e su questo nuovo singolo, vicino al mondo dell’indie folk statunitense.
Ho visto che prima del tuo singolo d’esordio come Ariannah, “Hope”, hai pubblicato un po’ di cose col tuo vero nome, Arianna D’Angelo: che differenze ci sono tra i due progetti?
Col mio nome anagrafico ho spaziato tra diversi generi, dalla dance alla trance, fino al pop. Sono sempre stata indecisa sull’uso di un nome d’arte e avevo deciso, alla fine, di usare il mio nome e di sperimentare, almeno fino a quando non avessi trovato uno stile a cui associare un nome d’arte.
Quindi il tuo progetto artistico “definitivo” è questo, con Ariannah, giusto?
Sì! Il mio obiettivo al momento è realizzare brani indie folk e di portare un po’ di America in Italia, anche con testi italiani. Questo primo singolo, “Hope”, è uscito in inglese, ma mi rivolgo all’Italia.
A che artisti pensi quando parli di “portare l’America in Italia”?
Sicuramente Taylor Swift. I suoi ultimi due album hanno proprio accesso un fuoco in me. È questo il genere che vorrei portare. Taylor Swift ha debuttato con un album country e si è evoluta moltissimo. A me piace questo: l’artista deve riuscire a fare generi diversi, ma al contempo mantenere comunque il proprio stile ed essere riconoscibile. E questo è anche il mio obiettivo: fare indie folk e portare Ariannah a un’evoluzione attraverso diversi generi. Secondo me questa è una cosa importantissima; per me se un artista riesce a fare questo percorso ha vinto, perché lì sta tutto.
Di che cosa parla “Hope”?
Il testo di “Hope” parla di speranza ed è una canzone che ho scritto durante il primo lockdown. In particolare il messaggio che voglio mandare è un invito a utilizzare la speranza per non abbattersi nelle situazioni che possono capitare, nella vita, come trovarsi in un periodo buio che non abbiamo scelto noi e da cui non riusciamo a uscire. La speranza può essere utilizzata come mezzo per rialzarsi e non perdere la forza di combattere.
Nel comunicato stampa ho letto che non è solo una canzone autobiografica. “Hope” parte da una base di autobiografia per andare oltre rispetto alla tua esperienza?
Esatto. Questa canzone l’ho scritta perché sentivo il bisogno di sperare e di tornare a combattere, perché come artista e come persona mi sono sentita privata della mia libertà. Soprattutto il fatto di avere dei live fissati e trovarseli cancellati è stato come sentire di non poter più esprimere la mia personalità e ciò che amo. Le prime settimane non sapevo proprio che cosa fare, poi mi sono detta: «Devo reagire, devo sfruttare quest’opportunità per aiutare chi, come me, si è trovato in questa situazione». È stato difficile, perché in quel momento mancava la creatività; ho avuto difficoltà a ricominciare a scrivere. Poi, leggendo e guardando film, ho capito di dover assolutamente fare qualcosa per riattivarmi.
Quando sarà possibile pensi di riprendere subito con i live o di far uscire, prima, altro materiale legato al progetto Ariannah?
Penso e spero di poter tornare per luglio a suonare live. Con la situazione attuale tutto è ancora in stand-by. Personalmente l’anno scorso, essendoci stato il primo lockdown ed essendo che i miei live sono in acustico, chitarra e voce, ho lavorato quasi più degli altri anni, però solo d’estate, cosa assurda. È stato così anche perché non ci sono molti solisti che suonano e cantano, quindi sono stata avvantaggiata dal fatto che non si potevano chiamare a suonare i gruppi.
Oltre che cantante e cantautrice mi sembra che tu abbia, appunto, un rapporto molto stretto con lo strumento. Oltre a quello che mi hai detto sui live chitarra e voce, ho visto su YouTube diversi video in cui suoni, quindi ho l’impressione che la parte strumentale ci sia molto in quello che fai.
Sì, praticamente è alla base di tutto. Tutte le chitarre che senti sono suonate da me, sia le acustiche che le elettriche.
Stai lavorando con la Bit Records: ci sono differenze tra il lavoro sotto etichetta e da sola?
Sì, ci sono tantissime differenze. Sono partita da sola, proprio da zero; ho scritto i miei primi inediti e sicuramente se fossi rimasta sola non sarei arrivata da nessuna parte: se non hai un’etichetta che capisce dove vuoi arrivare e la tua sensibilità rimani fermo dove sei. Non smetterò mai di ringraziare Bit Records per aver creduto in me e per starmi dando veramente il modo di far conoscere le mie canzoni. Vorrei ringraziare anche Clarissa D’Avena e il team di Red&Blue, il mio ufficio stampa: sono felicissima di lavorare con loro, non potrei chiedere di più.