A quanti verrebbe in mente di rilanciare un tradizionale genere folkloristico come lo stornello romano sulla scena musicale odierna? Qui non si parla di quei dischi da autogrill con copertine poco curate e con decine di tracce ammassate fra loro; qui si parla di un progetto ambizioso e sentito, con il “core”, per intenderci. Qualcosa che vuole avere un futuro raccogliendo dal passato. Cosa è il progetto Ardecore quindi? Alle loro spalle gli Ardecore hanno in realtà ben più di dieci anni di attivo, con la pubblicazione dell’omonimo album, Ardecore, del 2005; il progetto trae linfa vitale sopratutto dal canto e dalla poesia di Giampaolo Felici. Ed è proprio lui, con la sua voce, con i suoi testi struggenti e passionali, ma anche romantici e complessi che fa da colonna portante. Canzoni che sembrano appartenere a un mondo passato, ma che, in realtà, sembrano senza tempo, proprio perché i temi trattati lo sono: l’amore bruciante e sofferto, la modernità che soffoca il mondo intorno a noi, rendendolo più grigio e freddo. Cosa è cambiato? Solo la forma probabilmente. In questo Giampaolo Felici, che si fa portavoce di questo lamento romanesco, riesce a dimostrarci come questo canto sia solo in apparenza ostico al pubblico, vittima di un pregiudizio del nostro tempo e delle nuove mode, e quanto invece sia la voce di un passione popolare, grezza in apparenza ma pura nel messaggio. Ed è con una ricetta genuina, fatta di ottimi musicisti, fedeltà alla tradizione e tanta passione che gli Ardecore ci offrono sette brani come una morbida carezza; con la stessa mano ci accompagnano nella Roma barocca, in quella popolare del Lungo Tevere, nelle strade lastricate di sampietrini, in quelle notti senza sonno con uomini a cantare sotto un balcone alla propria innamorata. Vecchia Roma è più di un album nostalgico: è una rielaborazione e una dichiarazione d’amore a un linguaggio popolare quasi dimenticato perché mai ringiovanito e appartenente a un passato ormai distrutto con la Seconda Guerra Mondiale. Al loro terzo album gli Ardecore si dimostrano una band determinata e coraggiosa nel mantenere la propria identità e l’identità del genere che riportano sui palchi, riuscendo ancora, a distanza di dieci anni del loro primo lavoro, a rimanere a galla senza svendersi e senza scendere a compromessi con il pubblico o la scena musicale. Della città immortale forse qualcuno ne renderà immortale anche il dolce lamento che l’ha seguita per secoli.
Davide Cuccurugnani