– di Giacomo Daneluzzo –
Si può dire che il circolo Arci situato in via Giovanni Bellezza 16/A, a Milano, sia un luogo unico nel suo genere. Noto universalmente come “Arci Bellezza” o, più affettuosamente, “il Bellezza”, non è soltanto un circolo Arci, ma anche un luogo di rilevanza storica e culturale per la città, che da più di un secolo costituisce una sorta di rifugio per chiunque ne abbia bisogno e uno spazio di aggregazione per chi lo cerca. Oggi in molti lo conoscono come location di concerti ed eventi culturali di vario genere, non solo musicali, che si tengono nelle sue due sale: il palco principale, di sopra, e la palestra Visconti, di sotto: in effetti negli anni i suoi gestori sono stati capaci di rendere il Bellezza uno dei punti più interessanti di Milano per quanto riguarda il programma concertistico. Ma il Bellezza non si limita a questo: infatti, oltre alla dimensione dei live e più in generale degli eventi, il Bellezza è luogo di un’intensa attività sociale, che si declina in vari modi, facendo davvero la differenza, giorno dopo giorno, per la città e nello specifico per il quartiere.
Socio Arci da anni e habitué del Bellezza, ho deciso di intervistare Ornella Rigoni e Alberto Molteni, rispettivamente presidente e direttore artistico del circolo. Tutt’e due si sono mostrati estremamente disponibili, facendo luce sull’importante storia del Bellezza e sulle sue attività da due punti di vista diversi ma, per certi versi, complementari.
Ornella Rigoni, presidente di Arci Bellezza APS
Ciao Ornella! Vorrei partire presentando la tua figura: come sei arrivata a ricoprire il ruolo di presidente del circolo? Qual è la tua storia?
Una domanda bella impegnativa! Io in realtà arrivo da un mondo profit: ero manager di una multinazionale e mi occupavo di marketing e di vendite. Era un’azienda multinazionale di materiali autoadesivi, con grandi lavori. Oggi è stata acquisita. Ho deciso, a un certo punto, di andare in prepensionamento, perché il lavoro era molto, molto faticoso e ritenevo che fosse il momento di fare altro. Allora sono diventata una volontaria della scuola di italiano per stranieri che c’è qui in questo circolo Arci e mi occupavo di insegnare italiano agli stranieri. Era il 2016, otto anni fa.
Quando ho iniziato a frequentarlo questo circolo era in una situazione molto complessa: era in commissariamento. Le precedenti direzioni erano state poco accorte e il circolo aveva accumulato 530.000 euro di debiti. In quel periodo chi era qui a fare il commissario cercava delle persone che potessero dare delle idee per rinnovare il circolo. Sono stata un po’ estratta a sorte, insieme ad altre persone, e abbiamo costituito un gruppo di lavoro, cercando ognuno di portare una visione, un’esperienza diversa. Io venivo da un mondo manageriale ho cercato di guardarmi intorno e di cercare uno sguardo diverso, fuori da questo concetto, che fino a quel momento per me era un po’ sconosciuto. Certo, le mie idee politiche erano molto chiare, conoscevo l’Arci, ma non conoscevo i suoi meccanismi. Quindi per me è stata un’esperienza assolutamente nuova, che mi sono trovata lì.
Abbiamo fatto un po’ un contenitore di pensieri e da lì, dopo un po’ di mesi, si è proprio formato un nuovo “gruppo dirigente”: ognuno ha portato un proprio pezzo. Quindi il commissario ha detto: «Bene, siete pronti per fare un nuovo consiglio direttivo». La cosa al momento mi ha un po’ spaventato, perché venivo da un mondo completamente diverso e sentivo e capivo che erano in atto dinamiche a cui non ero abituata. Alla fine mi sono detta: «Va bene, vediamo che cos’è quest’avventura» e ho accettato. Sono diventata vicepresidente, mentre il presidente era la persona che attualmente è presidente di Arci provinciale, Maso Notarianni. Quindi abbiamo fatto un percorso insieme di un anno e mezzo, abbiamo cercato di ristrutturare una parte di debito e di ristrutturare la mentalità, cercando di costruire un’amministrazione molto attenta. Ci siamo fatti affiancare anche da professionisti molto validi. E quindi ho cominciato così, cercando di integrarmi in questo mondo, e ovviamente ho dovuto molto mediare col mio mondo. Penso di aver portato una logica un po’ più ferrea, su alcune cose.
E il debito in che stato è attualmente?
L’abbiamo riappianato, estinto. In quattro/cinque anni abbiamo riappianato un debito pesantissimo. È stato lavoro enorme.
Ricoprivi una posizione quasi a cavallo di due mondi. Ma la presenza di una figura come te sicuramente costituiva una risorsa per una situazione come quella in cui si trovava il Bellezza.
Sì, direi che era uno sguardo diverso. La difficoltà all’inizio è stata quella di trovare un equilibrio tra la mia esperienza e un’altra nuovissima, per me, quella del non profit. Dopo un anno e mezzo l’allora presidente ha deciso di fare delle altre cose: la sua carriera, la sua strada, era un po’ tracciata. Su richiesta del consiglio direttivo, e con un po’ di spavento, ho provato a fare la presidente (il presidente è eletto dal consiglio direttivo). E questo è il mio secondo mandato come presidente. Per lo statuto di Arci nazionale i mandati possono essere due e il mio finirà tra due anni. La mia storia è questa.
Hai accennato alla storia di questo posto. So che è una storia di una certa importanza e vorrei chiederti se hai voglia di ripercorrerla.
Questo è un posto veramente storicamente importante. Nasce come società di mutuo soccorso e se guardi la facciata esterna lo troverai ancora scritto. Nel Novecento questo era un quartiere operaio, con molte fabbriche. Gli operai allora non erano molto istruiti, ma sentivano la necessità di avere un posto loro, in cui potersi ritrovare, magari mangiare insieme e provare in qualche modo ad affrancarsi dalla loro ignoranza; loro, ma soprattutto i loro figli. E allora hanno deciso di costruire dal nulla un posto loro, dove poter svolgere quest’attività, anche d’istruzione, oltre che di luogo di ritrovo. Un’idea didattica, un luogo molto importante, da questo punto di vista.
Purtroppo, poi, negli anni del fascismo è diventata una casa del fascio. Sono stati anni assolutamente bui, e nel 1945 è stato uno dei primi luoghi di Milano a essere liberati dai partigiani. Questo ha fatto ì che diventasse una sede del Partito Comunista. Dopo di che nei locali sotto è stata fatta una palestra di boxe, che Luchino Visconti ha usato per girare alcune scene di Rocco e i suoi fratelli: guardando quel film è molto identificabile, con le colonne e tutto quanto. La boxe in quegli anni era vista come un ambiente di riscatto. È rimasta palestra fino, grosso modo, al 1980; nel frattempo anche il sopra si è evoluto. La parte di sopra è stata in seguito data in affitto all’Unione dei Ciechi, mentre questo piano [quello in mezzo, nda] e quello sotto è dell’Arci. Ai tempi del Partito Comunista era tutto insieme e comprendeva delle mense e delle sale in cui si studiava. È stato negli anni Ottanta che tutto l’edificio è stato regalato al Comune di Milano dal Partito Comunista: da allora il Comune l’ha affittato all’Arci.
È un luogo storico, con tutte le magagne che questo comporta, perché sì, è stato un po’ ristrutturato, ma ci sono molte cose che non sono ancora state fatte.
La. vocazione didattica di cui abbiamo parlato è rimasta viva anche oggi.
Più che prettamente didattica la chiamerei sociale. Ci sono senz’altro delle parti didattiche, come il corso d’italiano per stranieri, in cui sono ancora volontaria insieme ad altre otto colleghe. Abbiamo un rapporto di collaborazione col Municipio 5 e facciamo dei doposcuola, che sono molto utili, ed è il quarto anno che lo facciamo. Col Municipio andiamo a lavorare anche nelle scuole in cui sono inseriti bambini che sono in Italia da poco tempo e che quindi hanno difficoltà con la lingua italiana.
Da dopo il COVID facciamo anche dei campi estivi per bambini e ragazzini. Un’altra attività è costituita da serate “politiche e sociali”, in cui parliamo di temi come casa e costituzione. Abbiamo anche un rapporto molto stretto con ANPI [Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, nda], facciamo dei “corsi di benessere”… Alcune attività sono gratuite, altre hanno un costo estremamente contenuto, per mantenere in piedi la struttura. Abbiamo anche dei grossi costi di ristrutturazione, impostici dall’ultimo contratto con il Comune di Milano.
Siamo anche un Punto Viola e abbiamo fatto formazione con la Fondazione Libellula sul tema della disparità di genere. Collaboriamo molto strettamente con Arcigay. Stiamo facendo un progetto chiamato Periferie al centro, in cui dialoghiamo con dei ragazzini e facciamo capire loro che cos’è davvero Milano. Queste sono le nostre attività principali.
Questa parte sociale dell’attività del Bellezza lo caratterizza molto rispetto ad altri posti che propongono un calendario di musica dal vivo. Insomma, non fa “solo” concerti.
Quando intervisterai Alberto Molteni scoprirai che lui fa un enorme lavoro, insieme allo staff, per dare a questo posto un’immagine nuova, diversa dalla precedente, che era già molto bella, ma un po’ vecchia.
A proposito di questo: la vostra immagine è molto curata, anche a livello di social e sito ufficiale; è molto definita. Dal tuo punto di vista, come dovrebbe apparire il Bellezza dall’esterno?
È un posto molto inclusivo, che possa attrarre un po’ tutti quanti e trovare per ognuno uno spazio, quello che desidera ma anche quello che, secondo me, dovrebbe offrire Milano. È giovane, casinaro, ma al contempo sociale. Tutti i pomeriggi vengono qui dei vecchietti a giocare a carte, prendono un caffè e stanno qui quattro ore… Per noi va bene uguale, capisci?
E all’interno di questo grande progetto qual è il ruolo della musica?
La parte musicale è fondamentale e non è del tutto separata da quella sociale, anche se ha la sua autonomia. Io ho un ruolo di rappresentante e mi occupo della supervisione, ma Alberto, che è responsabile della parte degli eventi, ha la sua autonomia. Mi consiglia che concerti sentire. È un sistema che funziona in modo molto democratico e ognuno ha i propri compiti: ci si siede a un tavolo, ci si confronta e ci si dà anche dei suggerimenti.