Si è arreso alla vanità ed è con questo presupposto che possiamo attenderci onestà intellettuale e dolcissima quiete risolta tra le note di questo lavoro. Antonio Calabrese, giovanissima nuova penna che arriva dalla provincia di Salerno, pubblica il suo esordio dal titolo “I Denti di Leone” per l’Airone Dischi: quattro scritture semplici, acqua e sapone, di una chitarra elegante, padroneggiata con cura a cui fanno da corona arrangiamenti dalle tinte world. Sono pennellate di umanità. Un esordio ricco di belle emozioni.
Perché la delicatezza? Cosa ti spinge a cercare un suono intimo e sottile in questo tempo assai rumoroso e digitale?
Non c’è nulla che mi spinge, credo sia la mia naturale propensione. Il principio è un po’ come il “fanciullino” di Pascoli: ognuno ha un proprio suono, c’è chi magari lo ignora, chi lo ascolta e lo coltiva… Io lo sto ancora coltivando
Cosa sono per te i denti di leone? L’infanzia, il passato, la magia della fanciullezza… o un’allegoria fantasiosa del riscatto?
I denti di leone per me non sono altro che un bel fiore. Mi ha sempre affascinato la sua fragilità, più debole di un soffio. Quindi mi piaceva l’immagine del vento che muove i denti di leone, senza privarlo dei suoi petali… Credo sia una profonda immagine di equilibrio.
C’è meraviglia nelle piccole cose… ce lo stiamo dimenticando. Che sia questo il vero manifesto del disco?
Non mi sono mai chiesto quale fosse il manifesto del disco… Quindi credo non ci sia risposta giusta o sbagliata. Mi piace pensare che ognuno abbia la propria verità e la propria visione del tutto, se proprio devo scegliere un manifesto lo immagino grande e vuoto, così ci si può scarabocchiare
Un EP come a dire: proviamo a vedere che succede? Stai pensando al disco?
Non sto pensando al disco, sono ossessionato dal disco. Ho scelto già titolo, tracklist e musicisti… Ma non posso dirlo. C’è molto lavoro da fare ma non vedo l’ora.
Dal vivo come suoneranno questi brani?
Innanzitutto spero bene. Dopo di che sto provando ad arrangiarlo in varie formazioni: quartetto d’archi, piano e contrabasso, etc. La costante di tutto siamo io e la mia chitarra, come il primo giorno, non ho paura di suonarlo da solo. Oggi giorno la musica non vive un bel periodo, gli spazi sono sempre di meno e sempre più piccoli… È bello suonare il disco insieme agli altri musicisti, ed è come vorrei che fosse, ma so che devo essere pronto a suonarlo anche da solo… L’importante è suonarlo