Il titolo e l’artwork rimandano a quell’immaginario costruito da Francis Lai per la colonna sonora di Un homme et une femme di Claude Lelouch. Ma risulta fuorviante: la suggestione c’è, ma Andrea Laszlo De Simone va oltre, per costruire con “Uomo Donna” l’equivalente di un campo minato o di un parco giochi sonoro, in cui si intrecciano generi musicali, decenni e stati d’animo.
“Uomo Donna” è stato registrato in presa diretta e poi post-prodotto servendosi di tecniche tra l’analogico e il digitale. Questi ritagli sonori cuciti insieme disegnano una sorta di parabola che si apre con la traccia omonima e quasi proietta l’ascoltatore in piena epopea prog: una radura sonora su cui improvvisamente esplode una voce capace di coniugare Le Orme e i Tame Impala cantando in modo asciutto ti ho voluto bene. In effetti, se non siamo nella sfera del concept album manca molto poco: si parla d’amore, a tratti in modo scanzonato, come in “Questo non è amore”, brano che si libra ironico e agrodolce e ricorda gli esordi di Dente, a tratti in modo cupo ed esasperante, come in “Vieni a salvarmi”. La lunghezza e la densità delle tracce raggiungono il culmine con “Gli uomini hanno fame”, in cui si intersecano proclami e notiziari in diverse lingue, mentre si alza la base ossessiva e ipnotica, accompagnata da un cantato che ricorda quello di Iosonouncane. Ma questa grande versatilità interpretativa e musicale passa anche attraverso “La guerra dei baci”, contraddistinta da una frivolezza ricercatissima, e “Sparite tutti”, ultimo brano dell’album la cui parte strumentale sembra imparentata con l’intro di “Knives Out” dei Radiohead. In quasi un’ora e mezza di ascolto si incontrano composizioni arabescate, eleganza lisergica e paranoia elettronica. “Uomo Donna” è un organismo vivente autonomo: spazia dal repertorio italiano classico, per arrivare a sonorità più contemporanee e sperimentare con quelle distorsioni che si alzano come sabbia durante una tempesta nel deserto. O come silenzi in una camera da letto.
Redazione